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Troppo lavoro, ritmi sballati e poco sonno aumentano il rischio diabete

Il «jet-lag sociale», ovvero riposare poco durante la settimana e recuperare nel weekend, apre la strada all'aumento di peso e soprattutto a disordini metabolici.

Capita a tutti di aspettare con impazienza il fine settimana per provare finalmente a riprendere un po' del sonno perso durante i giorni di lavoro, quando la sveglia suona implacabile e sempre troppo presto. Eppure, dormire fino a tardi al sabato e alla domenica fa male: secondo uno studio pubblicato di recente sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism aumenta non poco il pericolo di accumulare chili di troppo e soprattutto di sviluppare disordini metabolici seri come il diabete di tipo due.

Jet-lag sociale

Lo squilibrio fra il ritmo biologico individuale e gli orari imposti dalla vita quotidiana (il lavoro in primis, ma anche uscire con gli amici o andare al cinema comportano spesso una riduzione delle ore di sonno rispetto ai bisogni reali di riposo) viene chiamato «jet-lag sociale»: in pratica è come se fossimo tutti un po' turnisti con i ritmi sballati, in piedi al mattino presto dopo aver riposato poche ore dal lunedì al venerdì, sincronizzati sul fuso orario di un altro continente nel fine settimana quando vengono messe a tacere le sveglie. Che fare i turni sia dannoso per il metabolismo è già noto, ora Patricia Wong dell'università di Pittsburgh ha dimostrato che gli stessi effetti, sebbene di entità minore, sono veri anche per persone con lavori meno «estremi» o per chi non è regolare negli orari di sonno e veglia per qualsiasi altro motivo, vita sociale troppo intensa compresa. La ricercatrice ha esaminato la quantità e qualità del sonno di poco meno di 500 uomini e donne fra i 30 e i 54 anni, tutti lavoratori per non meno di 25 ore settimanali fuori casa, facendo loro indossare un braccialetto che misurava movimenti e riposo in continuo, 24 ore al giorno per sette giorni; in aggiunta, tutti sono stati sottoposti a questionari specifici per indagare abitudini, dieta, stile di vita.

Maggior rischio di problemi metabolici

L'85 per cento dei volontari aveva uno «scivolamento» in avanti dell'ora di mezzo del ciclo del sonno nei giorni liberi dal lavoro, solo il 15 per cento la anticipava; tradotto, significa che nella maggioranza dei casi la durata del sonno si allungava nel fine settimana, spostando il momento centrale del riposo più avanti verso il mattino. Soprattutto, il cambiamento della routine aveva un significativo effetto sulla salute: «Chi aveva un divario maggiore fra i giorni lavorativi e i feriali negli orari e nella durata del sonno registrava un profilo di colesterolemia peggiore, un girovita più ampio e un indice di massa corporea più alto - spiega Wong -. Soprattutto, i livelli di insulina a digiuno erano più elevati e maggiore era pure la resistenza all'ormone, entrambi elementi notoriamente associati a un maggior rischio di sviluppare diabete di tipo due. La correlazione è rimasta anche dopo aver rianalizzato i dati tenendo conto di potenziali fattori di confusione, dall'attività fisica all'introito calorico giornaliero». Insomma, a prescindere dallo stile di vita la scarsa regolarità negli orari di sonno e di veglia spiana la strada alla resistenza all'insulina prima e al diabete poi. «La continua “rottura” dei ritmi circadiani che si ha con il jet-lag sociale risulta deleteria proprio come accade nei turnisti, dove l'effetto è ancora più evidente. Il rischio di ammalarsi di diabete, sindrome metabolica o malattie cardiovascolari cresce quindi anche in chi non deve fare turni, ma ha un lavoro normale e una vita sociale che portano a dormire poco durante la settimana e tanto nei weekend. Riorganizzare la propria vita per avere ritmi più omogenei sarebbe perciò molto vantaggioso per tutti», conclude Wong.

Tratto da: Corriere della Sera Salute, Elena Meli, 29 marzo 2016