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Cancro al pancreas, un biomarcatore potrebbe individuare le cisti pericolose prima che diventino un tumore

Che fare con le cisti del pancreas? Operare o non operare? È il dilemma che affligge molti medici di fronte ai risultati di una Tac o di una risonanza magnetica. Alcune di queste formazioni si trasformano in tumori, altre no.

L’intervento chirurgico è complesso e rischioso. Ma il tumore al pancreas non dà scampo. Non è una scelta da fare a cuor leggero. Ora un team multicentrico guidato dai ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis ha scoperto un modo per individuare le cisti pericolose che potrebbero diventare cancerose. Il protagonista di quello che potrebbe diventare un nuovo test diagnostico è un biomarcatore, un anticorpo chiamato mAb Das-1, capace di indovinare il destino della cisti con un'accuratezza del 95 per cento. Le attuali linee guida cliniche si fermano al 74 per cento.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Gastroenterology, potrebbe finalmente rappresentare un passo avanti nel campo dell’oncologia pancreatica da decenni in attesa di qualche buona notizia.

«Alcune cisti possono potenzialmente diventare un tumore del pancreas, quindi si pensa che dovremmo essere meno cauti e rimuovere le cisti.

Ma la chirurgia del pancreas è complicata, spesso richiede la rimozione della milza, di porzioni dello stomaco, dell'intestino tenue e del dotto biliare. Sarebbe ideale poter sottoporre a questo intervento chirurgico solo le persone le cui cisti pancreatiche rischiano di svilupparsi in cancro. Attualmente probabilmente escludiamo persone che hanno bisogno di un intervento chirurgico e a volte operiamo quando il cancro non è presente perché stiamo lavorando con informazioni imprecise», ha dichiarato Koushik K. Das, professore di medicina nella divisione di Gastroenterologia presso la Washington University, principale autore dello studio.

Si stima che dal 2 al 4 per cento delle persone di 50-70 anni abbiano qualche cisti pancreatica e la percentuale aumenta all’8, 9 per cento nelle persone di 80 anni e oltre.

Le cisti sono quasi sempre asintomatiche e vengono generalmente scoperte casualmente con una ecografia addominale eseguita per altri motivi.

Il medico che individua l’anomala formazione nel pancreas di un paziente di 70 anni deve decidere se consigliare o meno la rimozione chirurgica.

La valutazione dei rischi e dei benefici non è semplice. Il cancro al pancreas è fatale, ma anche un intervento chirurgico su un fisico probabilmente compromesso da altre patologie, come malattie renali o cardiache può concludersi con il decesso del paziente.

È stato calcolato che dall'1 al 2 per cento dei pazienti sottoposti all'intervento chirurgico per la rimozione di una cisti non sopravvive. Il tasso di complicanze dovute all'intervento può variare dal 30 al 60 per cento. Vale la pena correre questi rischi per rimuovere formazioni anomale che però potrebbero non fare alcun danno?

I ricercatori hanno analizzato il liquido contenuto nelle cisti di 169 pazienti sottoposti al bisturi. Il contenuto liquido delle cisti è stato analizzato con un test specifico per rilevare il biomarker degli anticorpi Das-1, già correlato da precedenti studi con le cisti pancreatiche ad alto rischio di diventare cancerose. In questo studio il biomarker si è rivelato più accurato di qualsiasi altro metodo disponibile al momento nel predire il rischio di cancro nel gruppo di  pazienti con cisti pancreatiche.

I ricercatori stanno cercando il modo di poter eseguire il test del biomarker sui pazienti prima dell’operazione. Solo così, l’esame potrebbe segnare la svolta che si attende da tempo.

La diagnosi potrebbe essere eseguita durante una ecografia endoscopia effettuata con una sonda che raggiunge il pancreas. All’estremità della sonda potrebbe essere inserito un ago per raccogliere il fluido all’interno della cisti su cui eseguire il test del biomarcatore. 

«Molte cisti, se non la maggior parte, probabilmente dovrebbero essere lasciate in pace. Ma lo facciamo a nostro rischio e pericolo perché possiamo danneggiare le persone che invece avranno un cancro: se avessimo un biomarcatore migliore, non dovremmo più fare affidamento su informazioni cliniche e radiografiche imperfette», ha concluso Das.

Tratto da: Healthdesk, 13 giugno 2019