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Diabete di tipo 2, BMI e circonferenza della vita sono gli indici migliori per stimarne il rischio

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista PLOS One il modo più pratico, economico ed efficace per stimare il rischio di un paziente di sviluppare il diabete di tipo 2 è basarsi sulla circonferenza della vita o sull’indice di massa corporea, dal momento che nessuno degli indici antropometrici comunemente usati nella pratica clinica, indice di adiposità corporea, indice di adiposità viscerale e indice trigliceridi-glucosio, si è dimostrato migliore.

Questo hanno scoperto i ricercatori provenienti, tra gli altri, dalla Stanford University in California e dall'Heart Institute (InCor) presso lo University of São Paulo Medical School Clinics Hospital (HCFMUSP) in Brasile, sulla base di un follow-up di 5 anni di un gruppo di adulti che vivono a Baependi, una piccola città rurale nello stato di Minas Gerais, in Brasile.

La coorte era composta da 1.091 individui che erano stati reclutati nel Baependi Heart Study. I partecipanti (età media 47 anni, 57% donne) avevano frequentato due cicli di esami sanitari, un primo ciclo nel periodo 2005-2006 e un secondo ciclo nel 2010-2013. Gli autori hanno valutato l'associazione tra indice di massa corporea (BMI), circonferenza della vita (WC), adiposità corporea (BAI), adiposità viscerale (VAI), indice trigliceridi-glucosio (TyG index) e incidenza del diabete di tipo 2.

Tutti i soggetti non avevano diabete al basale ma, dopo un follow-up di 5 anni, il 3,8% di loro ha sviluppato la malattia. Questi pazienti avevano il peggior profilo metabolico, con tassi di ipertensione, dislipidemia e obesità più elevati.

BMI e circonferenza della vita hanno il maggior valore predittivo

Un aumento di un'unità del BAI è stato associato a un aumento dell'8% del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 e il VAI è stato associato a un aumento del rischio dell'11%. Inoltre, un aumento di un'unità del TyG index è stato associato a oltre 4 volte il rischio di sviluppare la malattia.

Tra i tre indici, il TyG index ha mostrato il potere predittivo più elevato. È probabile che questa superiorità possa essere spiegata clinicamente dal fatto che il TyG è associato all'insulino-resistenza, un fattore determinante nell'eziopatogenesi e nella fisiopatologia del diabete di tipo 2. Eppure il TyG, così come gli altri indici di adiposità, perde il suo valore predittivo quando i modelli statistici vengono aggiustati per le misure relative al grasso corporeo (BMI e WC).

Gli autori hanno affermato che, per standardizzare i partecipanti allo studio, è importante adeguarsi a una covariata(*). «Abbiamo visto che il BMI e la circonferenza della vita sono fattori che influenzano in modo significativo la previsione del rischio, per ragioni ampiamente analizzate in letteratura. L'obesità generale (BMI) e l'obesità addominale sono predittori obbligatori di rischio per malattie come il diabete di tipo 2, così come l'ipertensione e la dislipidemia» hanno sottolineato.

Hanno inoltre fatto presente che gli studi pubblicati negli ultimi anni supportano l'osservazione che il BMI è superiore a tutti gli altri indici di adiposità testati, sia per il diabete di tipo 2 che per l’ipertensione (a 5 e a 10 anni di follow-up). Gli indici che hanno valutato richiedono esami clinici e di laboratorio poco costosi, pertanto questo e altri studi che hanno evidenziato la rilevanza di questi strumenti danno al clinico un incentivo per inserirli nella regolare pratica clinica.

«Per calcolare questi indici al fine di prevedere il rischio di alcune malattie croniche non trasmissibili si può usare semplicemente un foglio di excel, e questo potrebbe essere un modo pratico ed economico per aiutare e incoraggiare il paziente a modificare il proprio stile di vita. Sarebbe uno strumento in più per promuovere la salute, soprattutto nella popolazione nel suo insieme» hanno sottolineato i ricercatori.

Bibliografia

Maciel de Oliveira C et al. Comparing different metabolic indexes to predict type 2 diabetes mellitus in a five years follow-up cohort: The Baependi Heart Study. PLoS One. 2022 Jun 3;17(6):e0267723.

(*) Covariata

Variabile usata nell’analisi per correggere, aggiustare o modificare l’effetto di una variabile indipendente sulla dipendente. Ad esempio in una analisi per studiare l’effetto di un farmaco sulla pressione può essere utile usare come covariata l’età, per studiare l’effetto del farmaco sulla pressione, tenendo in considerazione (cercando di rimuovere) l’effetto dell’età.

Tratto da: Pharmastar, Davide Cavaleri, 12 settembre 2022