Sonno e diabete di tipo 2: dormire troppo o troppo poco aumenta il rischio
Ci sono prove di una stretta associazione tra la durata del sonno e l'incidenza del diabete di tipo 2: ogni ora in più o in meno di sonno aumenta sino al 50% il rischio di diabete di tipo 2.
La durata del sonno influisce significativamente sul rischio di sviluppare diabete di tipo 2: se la normale una durata del sonno è di 7 ore al giorno, un riposo troppo breve (meno di 6 ore) o troppo lungo (oltre 9 ore) può aumentare fino al 50% il rischio di sviluppare la patologia e ogni variazione di un'ora in più o in meno rispetto alla durata ottimale comporta un incremento del rischio del 9-14%. Il tema, supportato da un’ampia letteratura scientifica, è stato presentato al congresso nazionale della Società Italiana di Diabetologia (SID).
Ritmo circadiano regolato da neurotrasmettitori
Diversi studi, riportano i diabetologi, hanno calcolato che fino ad un terzo delle persone con diabete abbia una qualche alterazione del sonno, rispetto all’8,2% delle persone senza la malattia. Alterazioni che possono riguardare la durata o la qualità del sonno e che generano sonnolenza diurna, problemi di memoria e cognitivi. I disturbi del sonno possono essere anche precedenti alla diagnosi: si è visto infatti che la frammentazione del sonno è correlata a insulino-resistenza nelle persone affette da obesità senza diabete.
Il sonno è un elemento dei ritmi circadiani ed è regolato anche da vari neurotrasmettitori: insonnia e diabete potrebbero avere una matrice comune nel GABA (acido gamma amino butirrico) che è prodotto anche a livello del pancreas. Anche l’oressina, un neurotrasmettitore coinvolto sia nel ritmo sonno-veglia, sia nel metabolismo del glucosio potrebbe essere coinvolto perché suoi livelli diminuiscono in presenza di apnee ostruttive, obesità e depressione.
“Il sonno è regolato da una cascata di eventi molto complessa” spiega Gian Paolo Fadini, Consigliere Nazionale SID “insonnia, scarsa durata del sonno, risvegli frequenti, sonno frammentato, e risvegli precoci determinano una ridotta sensibilità all’insulina e innescano un circolo vizioso. Si tratta di effetti concreti sul metabolismo, come riduzione della tolleranza al glucosio, aumento dell’insulino resistenza e disfunzione delle cellule beta. La carenza di sonno, se cronica, si associa anche ad un peggiore comportamento alimentare, con assunzione di cibi più ricchi di grassi e zuccheri. Le persone con obesità e diabete presentano spesso apnee ostruttive che provocano risvegli notturni e sonnolenza diurna. Inoltre, le persone con diabete e neuropatia periferica lamentano spesso intorpidimento, formicolii e dolore agli arti inferiori. La sindrome delle gambe senza riposo, infatti, interessa una persona con diabete su 5”.
Cronotipo, dormire troppo o troppo poco
La breve durata del sonno e la privazione del sonno sono anche associati a livelli elevati di cortisolo e citochine pro-infiammatorie, cambiamenti nelle adipochine secrete dal tessuto adiposo, aumento della lipolisi e aumento della fame e dell'appetito, in gran parte determinati da diminuzione dei livelli di leptina e aumento di quelli di grelina.
Anche il ‘cronotipo’ è stato collegato al diabete di tipo 2: coloro che hanno una preferenza ‘serale’ cioè, andare a letto tardi e alzarsi tardi, avevano una probabilità aumentata di 2,5 volte di avere diabete di tipo 2 rispetto ai cronotipi mattutini (cioè coloro che prediligono andare a letto presto ed alzarsi presto).
“In un'ottica di presa in carico multidisciplinare, anche il sonno è un elemento che dovrebbe essere indagato di routine - sottolinea Raffaella Buzzetti Presidente SID - tra diabete e sonno, infatti, si instaura una ‘relazione tossica’ che non solo determina l'aumento dei livelli di glucosio e insulina a digiuno ma anche dell'emoglobina glicata, ad indicare e un peggiore controllo metabolico. L'ultima Consensus ADA/EASD ha posto il sonno come una delle componenti centrali nella gestione del diabete di tipo 2, dandogli pari dignità a fattori di stile di vita come dieta e l'esercizio fisico”.
Fonte
Diabetes Care, 29 (2006), pp. 657-661]
PLoS One. 2013;8:e65400
World J Diabetes 2015; 6(6): 868-873 [PMID: 26131327 DOI: 10.4239/wjd.v6.i6.868]
Consensus ADA/EASD
Tratto da: Farmacista33, 21 maggio 2025