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Verso il «pancreas artificiale» con una serie di prototipi differenti

Evolvono i dispositivi per il controllo del diabete, grazie a micropompe e algoritmi più sofisticati, che stabiliscono quanta insulina va rilasciata in base ai livelli di glicemia.

Non c’è un sistema soltanto, ma vari prototipi differenti. Il concetto è per tutti lo stesso: «sostituire» il più possibile le funzioni del pancreas e quindi liberare i pazienti con diabete di tipo 1 dalla schiavitù dei monitoraggi della glicemia e delle iniezioni quotidiane di insulina. Anche per l’ultimo «pancreas artificiale» approvato dalla Food and Drug Administration a gennaio 2020 (dovrebbe arrivare in Italia entro fine anno) l’obiettivo è quello: c’è un sensore, che rileva lo zucchero in circolo in continuo sostituendo pungidito e strisce per misurare la glicemia; una micro-pompa, che inietta l’insulina nella giusta quantità; un algoritmo, che fa« parlare» sensore e microinfusore per rendere il terzetto più simile possibile a un vero pancreas, modificando l’infusione di insulina in base ai dati ricevuti dal sensore.

Le aspettative

Le aspettative dei pazienti per questo genere di dispositivi sono alte e così anche all’ultimo congresso Advanced Technologies and Treatments for Diabetes, a Madrid, si è discusso quali siano i pazienti più adatti a utilizzare il pancreas artificiale, come debbano essere educati e soprattutto si è fatto il punto sull’esperienza avuta finora con l’unico sistema a oggi in commercio anche nel nostro Paese, utilizzato al momento da oltre duemila italiani. «Si tratta di uno strumento approvato per i diabetici di tipo 1 con più di 14 anni che è un ibrido: controlla la glicemia basale ma chiede al paziente di intervenire al momento dei pasti», spiega Daniela Bruttomesso, coordinatrice del Centro Regionale Veneto per la terapia coi microinfusori (sede di Padova) e membro della Società Italiana di Diabetologia.

Pregi e limiti

«Dopo un anno di utilizzo, accanto a indiscutibili pregi sul controllo glicemico sono emersi anche alcuni limiti, come la necessità di frequenti controlli della glicemia al dito o il fastidio provocato da numerosi allarmi; questi limiti saranno in gran parte superati con un modello successivo in arrivo quest’anno, che avrà un algoritmo più avanzato per controllare meglio la glicemia dopo i pasti e un sensore che richiederà meno controlli.

Altre metodologie

Il sistema approvato di recente dall’Fda e per cui è previsto l’arrivo entro il 2020 è ancora diverso: prevede un sensore che non richiede controlli col pungidito, ha un programma di somministrazione di insulina «intensivo» durante la notte, per avere glicemie ottimali al risveglio, e permetterà boli di correzione automatici. I dati ottenuti negli studi clinici sono promettenti: aumenta il tempo trascorso nell’intervallo ottimale di glicemia, migliorano glicemia media ed emoglobina glicata, scende il rischio di ipoglicemie. Però si tratta di risultati ottenuti su pazienti arruolati nelle sperimentazioni, che saranno da verificare nella realtà clinica».

Le differenze

Certo è che i diversi sistemi di pancreas artificiale sembrano comunque più efficaci e sicuri rispetto all’uso del solo sensore e/o microinfusore, con il paziente a prendere gran parte delle decisioni sui dosaggi di ormone: non altrettanto spesso, infatti, in questo modo viene centrato l’obiettivo di tenere la glicemia stabile durante la giornata, neppure coi dispositivi che sospendono automaticamente la somministrazione di ormone in caso di ipoglicemia, l’evenienza più rischiosa. Inoltre il pancreas artificiale piace ai diabetici perché come spiega Bruttomesso, «Oltre ad avere un miglior controllo glicemico riferiscono di avere meno paura delle ipoglicemie e meno ansia in generale; dicono di dover dedicare meno tempo alle cure, di sentire di avere la malattia più sotto controllo e una maggior libertà di azione, soprattutto per l’esercizio fisico.

Troppi «allarmi» e troppi dati

I limiti? L’ingombro, i tanti allarmi, la necessità di acquisire nozioni iper-tecnologiche e di far fronte a una gran mole di dati. Per un pancreas artificiale davvero automatico, poi, serviranno anche sensori più accurati, insuline più rapide ad agire delle attuali, formulazioni più stabili di glucagone (l’ormone antagonista che serve se la glicemia scende troppo, ndr) e algoritmi più flessibili alle esigenze di ciascuno».

Gli utilizzatori

«A oggi il pancreas artificiale è indicato per chi non ha raggiunto un buon controllo nonostante la miglior terapia possibile» chiarisce la specialista «i candidati devono però avere aspettative realistiche, sapere che ancora lo strumento ha bisogno di una frequente interazione e non elimina né il monitoraggio della glicemia al dito, né la conta dei carboidrati. Inoltre, chi lo utilizza deve essere in grado di gestire eventuali problemi tecnologici e la terapia insulinica con iniezioni o microinfusore, se dovesse essere temporaneamente necessario ricorrervi».

Tratto da: Corriere della Sera Salute, Alice Vigna, 28 settembre 2020