Celiachia: come si riconosce e quali sono gli alimenti da evitare
Con celiachia si intende una patologia cronica autoimmune che provoca una reazione immunitaria dell’organismo all’assunzione di glutine. In Italia oltre 200.000 pazienti soffrono di celiachia, ma in realtà, tenendo anche conto dei casi non diagnosticati, magari perché asintomatici, il numero effettivo si aggirerebbe sui 600.000.
La celiachia, infatti, è una malattia che viene diagnosticata in diversi stadi della vita, sia in neonati di pochi mesi, sia in individui ormai adulti, magari asintomatici. La reazione immunitaria scatenata dalla celiachia, però, se non diagnosticata e curata può comportare un’infiammazione all’intestino tenue e ai villi intestinali, che impedisce il corretto assorbimento dei nutrienti compromettendo gravemente la salute del soggetto interessato.
Ne parliamo con la dottoressa Paoletta Preatoni, gastroenterologa in Humanitas.
Cos’è il glutine e come si sviluppa la celiachia
Il glutine è un complesso proteico presente in molti cereali, come orzo, frumento e segale. A seguito dell’assunzione di glutine, il soggetto celiaco sviluppa l’infiammazione intestinale alla base della patologia. Per questo l’indicazione terapeutica è di evitare completamente l’assunzione di qualsiasi alimento che potrebbe contenere anche solo piccole tracce di glutine.
Sebbene l’agente scatenante sia questa proteina, la celiachia è una malattia multifattoriale, innescata nel soggetto predisposto anche da fattori fisiologici (per esempio le infezioni gastroenteriche, o la gravidanza) o da altre patologie autoimmuni che si associano alla celiachia, come il diabete mellito di tipo 1, la tiroidite, l’artrite reumatoide, e sindromi genetiche come la sindrome di Down e quella di Turner.
Da quali sintomi si riconosce la celiachia?
Non sempre il paziente adulto è sintomatico, ma generalmente l’infiammazione causata dall’ingestione di glutine, nel paziente celiaco, provoca sintomi a livello gastrointestinale, come diarrea, meteorismo, gonfiore addominale, crampi addominali e perdita di peso.
Vi sono poi altri sintomi, campanelli d’allarme da non sottovalutare, come afte in bocca, formicolio a mani e piedi, alopecia e debolezza muscolare, ma anche anemia, perdita della densità ossea e convulsioni.
Qualora si sospettasse di essere affetti da celiachia è molto importante non improvvisare diete fai da te, che potrebbero essere dannose per la salute, ma consultare uno specialista che con gli opportuni esami (esami del sangue e, in caso di risultato positivo, gastroscopia con biopsia a livello del duodeno) procederà a diagnosticare la malattia.
La dieta per la celiachia: un’alimentazione priva di glutine
È fondamentale che l’intestino e la mucosa del paziente celiaco ritrovino la loro funzionalità originale. Per questo motivo e per ridurre i sintomi, anche invalidanti, della malattia, il paziente deve seguire una dieta rigorosamente priva di glutine.
Questo significa che sono vietati pane, pasta, dolci e derivati del pane fatti con cereali e farine a base di avena, frumento, farro, orzo, grano, Kamut, o malto. Anche il lievito e il seitan sono da evitare, così come quei piatti pronti che possono contenere tracce di glutine (anche se in tal caso dovrebbe essere per legge segnalato sull’etichetta) oppure latte e yogurt a base di cereali e malto.
Il glutine, inoltre, viene spesso utilizzato come addensante, quindi è bene fare sempre attenzione agli ingredienti delle salse, dei dadi solubili e anche degli insaccati e delle caramelle.
Tra le bevande sono ugualmente vietate birra, caffè solubile e altre bevande solubili che potrebbero nascondere tracce di glutine e i tè aromatizzati.
In generale, comunque, esiste un’ampia gamma di prodotti Gluten Free, dotati dell’apposita etichetta e venduti abitualmente nei supermercati e nei negozi di alimentari. Questi alimenti possono essere una risorsa alimentare sicura per il paziente celiaco che, per fugare ogni dubbio, può anche fare ricorso ai prontuari messi a disposizione dall’Associazione Italiana Celiachia, redatti appositamente per aiutare i pazienti a orientarsi tra prodotti da consumare tranquillamente e alimenti, invece, da evitare.
Tratto da: Humanitas Salute, 09 dicembre 2020