«Produrre evidenze utili per definire le linee guida (Lg) nel trattamento del diabete di tipo 2 (Dmt2) e, quindi, supportare le decisioni terapeutiche dei prescrittori». Così Antonio Nicolucci, direttore del Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology (Coresearch), a Pescara, spiega lo scopo di una "network metanalysis" che ha messo a confronto le varie classi di trattamenti disponibili. Qual è il presupposto della ricerca? «Tutte le Lg raccomandano di usare all'inizio della terapia un singolo farmaco e, quando questo non è più sufficiente a ottenere un controllo metabolico, aggiungere un secondo farmaco per poi passare, in caso di necessità, a tre farmaci, spesso con introduzione dell'insulina» premette Nicolucci. «Oggi disponiamo di una serie molto ampia di classi diverse di farmaci per il diabete ma mentre tutte le Lg sono concordi nel raccomandare la metformina (Met) come farmaco iniziale (in quanto efficace, sicuro e poco costoso), quando la Met da sola non fosse più sufficiente non è ben chiaro quale sia l'approccio terapeutico migliore». Perché non è chiaro? «Soprattutto perché non esistono molti studi che hanno confrontato in modo diretto le varie opzioni e valutato in maniera comparativa l'efficacia e la sicurezza».
Questo problema è stato di fatto superato ricorrendo a una "network metanalysis", «che consente di confrontare l'efficacia e la sicurezza dei farmaci anche se questi non sono mai stati confrontati direttamente tra di loro all'interno di specifici studi» usando un comparatore comune (per esempio il placebo) per fare confronti indiretti, spiega Nicolucci. «Con questo tipo di approccio sono stati valutati i risultati di 300 sperimentazioni». Che cosa ha valutato lo studio? «Innanzitutto sono state messe a confronto le varie monoterapie iniziali, poi le terapie di associazione di 2 farmaci, quindi quelle di 3 - ovvero i 3 step successivi di intensificazione della terapia cui normalmente si fa riferimento - valutando una serie di misure: la mortalità totale e cardiovascolare (Cv), gli eventi Cv maggiori, la riduzione dei livelli di HbA1c, la persistenza dell'effetto del farmaco, il rischio di ipoglicemie e l'aumento di peso». Che cosa è emerso? «Sia in monoterapia sia in doppia e tripla terapia non è emersa alcuna superiorità di nessuno dei farmaci per quanto riguarda la riduzione della mortalità o degli eventi Cv, verosimilmente per la durata generalmente breve degli studi. Tra le monoterapie comunque si conferma il ruolo della Met come prima scelta per il trattamento iniziale del Dmt2; sempre in monoterapia è risultato che gli inibitori delle Sglt-2 (Sglt2-i) possono essere una valida alternativa alla Met nei pazienti in cui questa non fosse tollerata, grazie a una maggiore durata dell'efficacia e un buon profilo di tollerabilità e sicurezza (non si associano ad aumento di peso e rischio di ipoglicemie)». Riguardo l'associazione tra 2 farmaci? «Nessuna combinazione è risultata superiore in termini di HbA1c, nel senso che le associazioni sono tutte efficaci. È emerso però che, rispetto alla combinazione standard più usata (Met + sulfonilurea [Su]) l'associazione Met + Sglt2-i è quella che determina un più basso livello di ipoglicemie mentre la combinazione più efficace per l'effetto di riduzione del peso corporeo è Met + Glp-1a. Anche nelle combinazioni di 3 farmaci si è visto che l'associazione Met + Su + Glp-1a ha l'effetto migliore sul peso corporeo mentre Met + Su + Sglt2-i dà migliori risultati in termini di minore rischio di ipoglicemie». Perché questo studio è importante? «Per la prima volta» risponde Nicolucci «vengono fornite indicazioni e graduatorie sull'efficacia e la sicurezza dei farmaci, per aiutare nella scelta del trattamento più appropriato per il singolo paziente».
JAMA, 2016; 316(3):313-24.
Tratto da: Diabetologia33, Arturo Zenorini, 15 settembre 2016