Liste d’attesa troppo lunghe e costi comunque alti. Così le strutture pubbliche finiscono per spingere i pazienti nelle mani dei privati. E 11 milioni di italiani rinunciano a curarsi.
Le liste d’attesa troppo lunghe e i costi di molte prestazioni simili o di poco inferiori a quelli proposti dalla strutture private. Sono alcune delle ragioni che spingono gli italiani a rinunciare al servizio pubblico e che spiegano l’aumento della spesa sanitaria privata, arrivata 34,5 miliardi di euro, con un incremento in termini reali del 3,2 per cento negli ultimi due anni. E la tendenza sembra destinata a crescere. Almeno così dicono i dati dell’indagine Dalla fotografia dell’evoluzione della sanità italiana alle soluzioni in campo, realizzata da Censis-Rbm Assicurazione Salute e presentata al VI Welfare Day (Roma 8 giugno). Perché gli italiani si rivolgono ai privati?
I costi
La sanità privata in alcuni casi costa tanto quanto quella pubblica. Oggi quasi la metà degli italiani (45, 4%) paga i ticket per prestazioni pubbliche paragonabili alle tariffe del privato. Inoltre, ci sono le liste d’attesa. Tra i 7,1 milioni di italiani che nell’ultimo anno hanno fatto ricorso all’intramoenia, il 66,4 per cento ha scelto il privato per non aspettare troppo tempo. Il 30,2 per cento si è rivolto alla sanità a pagamento anche perché i laboratori, gli ambulatori e gli studi medici sono aperti nel pomeriggio, la sera e nei weekend.
«Pagare per acquistare prestazioni sanitarie - scrivono gli autori dell’indagine - è per gli italiani ormai un gesto quotidiano: più sanità per chi può pagarsela». Agli altri resta la scelta peggiore: rinviare o rinunciare del tutto alle prestazioni. Non sono in pochi a gettare la spugna. E se nel 2012 erano 9 milioni oggi sono diventati 11 milioni.
La qualità dei servizi
Ma i problemi della sanità pubblica, secondo l’indagine, non riguardano solo la quantità, quanto si aspetta o quanto si paga. A scontentare i cittadini non sono solo i giorni di attesa o i costi delle prestazioni, ma anche la qualità del servizio ricevuto. Che per il 45,1 per cento degli italiani nella propria Regione è peggiorata negli ultimi due anni. I più critici sono i cittadini del Centro e del Sud dove la percentuale degli insoddisfatti è rispettivamente del 49 per cento e del 52 per cento. Una piccola minoranza riesce a vedere il bicchiere mezzo pieno: il 13, 5 per cento afferma che la situazione è migliorata.
La soluzione
Quando il pubblico non soddisfa e il privato è troppo costoso, la soluzione più frequente è ricorrere alla sanità integrativa. Il 57,1 per cento la considera una decisione saggia. Chi può permettersi una polizza sanitaria o lavora in un settore in cui è disponibile la sanità integrativa farebbe bene a stipularla. Tra gli aderenti alla sanità integrativa, il 30,7 per cento ha aderito perché spendeva troppo di tasca propria e ora risparmia, e il 25 per cento perché la copertura è estendibile a tutta la famiglia.
Sono ormai più di 26 milioni gli italiani che si dicono propensi a sottoscrivere una polizza sanitaria o ad aderire a un Fondo sanitario integrativo.
«È ormai matura - si legge nell’indagine - l’articolazione delle fonti di finanziamento della sanità, e gli italiani sentono che con quel che oggi già spendono per la sanità nel privato, potrebbero in realtà ottenere una copertura sanitaria molto più ampia grazie ai meccanismi della mutualità». Perciò «bisognerebbe ripensare le agevolazioni fiscali per le forme sanitarie integrative – suggerisce Marco Vecchietti, amministratore delegato di Rbm Assicurazione Salute - per assicurare tutte le prestazioni che oggi sono pagate di tasca propria dagli italiani e per rimuovere le penalizzazioni di natura fiscale per i cittadini che decidono su base volontaria di assicurare la propria famiglia»
Non toccate i medici
Anche se prescrivono farmaci, visite o accertamenti diagnostici inutili non devono essere sanzionati. La maggior parte degli italiani (51,3%) difende a spada tratta il proprio medico. Il 64 per cento dei pazienti vorrebbe che il medico fosse libero di scegliere in autonomia cosa prescrivere senza imposizioni per legge. La lista delle prestazioni erogabili inserita nel “decreto appropriatezza”, insomma, non convince gli italiani che si fidano molto di più delle decisioni del proprio medico.
Tratto da: Healthdesk, 10 giugno 2016