Troppe bistecche a tavola: ecco perchè si rischia l'infarto
Scoperto per la prima volta un nuovo effetto delle diete iperproteiche. La dimostrazione in laboratorio, sui topi
MILANO - Una bella placca giallastra che invade l'arteria fin quasi a chiuderla in tempi record, poche settimane, non si era mai vista in laboratorio. Se, poi, scopriamo che a provocarla è stata una dieta squilibrata a favore dei grassi e delle proteine e con pochissimi zuccheri, si sprofonda nel panico. L'alimentazione squinternata può far male al punto da distruggere le arterie, con le conseguenze che sappiamo, infarto, ictus e via andando? Ebbene, la risposta è «quasi» sì. La ricerca che ha scoperto la potenza nefasta di nutrienti messi insieme in modo sbagliato, pubblicata sulla rivista Pnas, è frutto di uno studio di Shi Yin Foo dell'istituto di ricerche cardiovascolari della Harvard Medical School di Boston su topi predisposti all'aterosclerosi perché carenti di apoliproteina E.
LO STUDIO - Un gruppo di animali è stato nutrito con la dieta classica «occidentale», in cui abbondano i grassi ma non mancano le proteine e gli zuccheri (compresi i complessi, cioè pane e pasta), l'altro riducendo l'apporto di quest'ultimi a favore delle proteine e dei grassi. Nell'arco di poche settimane, sacrificando i topi e analizzando le loro arterie, si è visto come il secondo regime alimentare abbia un effetto micidiale: provoca la formazione di una placca voluminosa, per la precisione di spessore doppio rispetto a quella che si forma nello stesso arco di tempo in seguito alla dieta occidentale. La notizia è sconcertante anche se si tratta di topi, oltretutto manipolati geneticamente, non al naturale, insomma.
EFFETTO DIRETTO - «È, in effetti, la prima volta che si dimostra un effetto diretto sull'organismo, in questo caso sulle arterie, di un certo tipo di alimentazione — commenta Maria Gabriella Gentile, responsabile della divisione di dietetica e nutrizione clinica dell'ospedale Niguarda di Milano — : una dieta sbagliata non solo facilita la comparsa di malattie, il diabete, l'obesità o la pressione alta, come si sa da tempo, ma "produce" direttamente una patologia: una placca di tale portata da essere l'anticamera dell'infarto. Ovviamente, parliamo del topo».
DIETE SQUILIBRATE - Ma tornando agli umani, di diete squilibrate nel senso di ridurre al minimo l'apporto dei zuccheri valorizzando le proteine c'è oggi un'offerta per tutti i gusti: dalle prime «storiche» degli anni Settanta Atkins e Scarsdale, ideate da due cardiologi che hanno fatto miliardi propagandando i benefici di uova, carne, salame, e formaggi a volontà, alla nostrana dieta «punti» che nello stesso decennio ebbe un grande successo in Italia. «Ma di persone anche soltanto in sovrappeso che oggi tentano di dimagrire con questo tipo di diete, diciamo Atkins "modernizzate", ne vediamo ancora tante; un successo inspiegabile perché il dimagramento che si ottiene è fugace» informa Giuliano Enzi, grande esperto di obesità, consulente del centro regionale per la cura di questa malattia di Padova.
UOMINI E TOPI - A questo punto non può mancare la domanda chiave: dal topo all'uomo il passo è breve? Risponde Enzo Manzato, direttore della clinica geriatrica dell'università di Padova: «Il topo ha un metabolismo dei grassi molto diverso da quello dell'uomo, ha poco colesterolo e molte lipoproteine buone. Prudenza, quindi, nell'estendere a noi i risultati dell'esperimento di Boston anche se la scoperta c'è, è innegabile». Scoperta che non è passata inosservata: uno degli ultimi numeri della rivista New England journal of medicine ospita un editoriale in proposito di Steve Smith, dell'istituto di ricerche traslazionali del Florida Hospital Burnham institute di Orlando, Florida. Secondo Smith un rilievo importante della ricerca di Foo è l'aver dimostrato che i topi alimentati con la dieta «bomba» di proteine, rispetto a quelli nutriti in modo equilibrato, hanno nel sangue un numero più basso di cellule staminali endoteliali. Scoperte una decina di anni fa, queste cellule si formano nel midollo osseo e, una volta in circolo, svolgono una funzione riparatrice sulla parete interna del vaso. «Ora bisogna andare a cercare nell'uomo "la spia" di rischio cardiovascolare che ci indica questo lavoro — conclude Smith — , ovvero mettere insieme uno studio che dosi queste cellule nel sangue di volontari disposti ad alimentarsi come i topi di Foo. Se compare lo stesso calo delle cellule endoteliali staminali, le conseguenze, in termini di prevenzione, possono essere importanti, anzi importantissime». Intanto, come minimo, spaghetti a volontà!
Tratto da: Corriere della Sera Salute, Franca Porcini, 14 dicembre 2009