Livelli di vitamina D nell'infanzia: un fattore chiave per la salute del cuore negli adulti
Uno studio longitudinale finlandese durato quasi quattro decenni, pubblicato su European Journal of Preventive Cardiology e condotto da Jussi Niemelä e colleghi, ha dimostrato che i bassi livelli sierici di 25-OH-vitamina D durante l’infanzia sono associati a un aumentato rischio di eventi cardiovascolari aterosclerotici (ASCVD) nell’età adulta. Questo risultato è emerso dopo quasi quarant’anni di follow-up e potrebbe avere importanti implicazioni preventive per la salute cardiovascolare futura.
Lo studio, intitolato "Childhood 25-OH-vitamin D Levels Predict Early Cardiovascular Outcomes in Adulthood: The Cardiovascular Risk in Young Finns Study", offre nuove prospettive sulla prevenzione precoce delle patologie cardiache, suggerendo che l’ottimizzazione dei livelli di vitamina D nei bambini potrebbe rappresentare una strategia efficace per ridurre il carico globale delle malattie cardiovascolari precoci.
Metodologia e campione: un follow-up di 38 anni
Lo studio ha coinvolto 3.516 partecipanti reclutati nel 1980, quando avevano un’età compresa tra 3 e 18 anni. I ricercatori hanno analizzato i livelli di 25-idrossi-vitamina D (25-OH-vitamina D) conservati in campioni di sangue congelati, integrandoli con dati su fattori di rischio tradizionali come pressione arteriosa, colesterolo LDL, indice di massa corporea (BMI) e abitudini alimentari. Nel 2018, dopo un follow-up mediano di 38 anni, il 2.7% dei partecipanti (95 individui) aveva sviluppato eventi ASCVD, con un’età media alla prima diagnosi di 47 anni.
I ricercatori hanno utilizzato modelli statistici di Cox per analizzare il rapporto tra i livelli di vitamina D in età pediatrica e l’incidenza di eventi ASCVD in età adulta, correggendo per variabili come età, sesso e altri fattori di rischio cardiovascolare tradizionali presenti in età infantile, tra cui BMI, profilo lipidico, pressione arteriosa e stili di vita.
I risultati hanno evidenziato che i livelli di 25-OH-vitamina D inferiori a 37 nmol/L nell’infanzia erano significativamente associati a un aumento del rischio di eventi cardiovascolari nell’età adulta. In particolare, il cut-off di 35 nmol/L mostrava un hazard ratio (HR) aggiustato di 2,19, mentre il cut-off di 31 nmol/L presentava un HR di 2,07. Queste associazioni si mantenevano anche dopo aggiustamenti per fattori di rischio multipli e matching per punteggio di propensione.
Il Prof. Arrigo F.G. Cicero, Director of the Post-Graduated School on Human Nutrition President of the Italian Nutraceutical Society (SINut) ha dichiarato: «Lo studio condotto da Niemelä e colleghi sulla grande coorte del Cardiovascular Risk in Young Finns Study sicuramente ci fornisce un altro tassello rispetto al grande interesse epidemiologico che verte fra la correlazione tra livelli bassi di vitamina D nel sangue e il rischio di patologia cardiovascolare. In particolare, questi autori sono stati in grado di studiare su una coorte di soggetti giovani monitorati nel tempo come bassi livelli di vitamina D nel sangue in età pediatrica o adolescenziale sia associata poi, negli anni a seguire, in età adulta, ad eventi cardiovascolari precoci. Notare precoci, quindi fondamentalmente in età inferiore ai 50 anni.
Questo è molto interessante perché apre nuove linee di ricerca rispetto a quanto la vitamina D possa essere protettiva sull'invecchiamento cardiovascolare anche in un'età dove tipicamente noi ancora non facciamo sistematicamente il dosaggio e il monitoraggio dei livelli plasmatici di vitamina D che possono essere corretti con un miglioramento delle abitudini dietetico-comportamentali, ma anche molto semplicemente con un'adeguata integrazione nutrizionale».
Un legame non nuovo, ma più chiaro
Sebbene studi osservazionali su adulti abbiano già suggerito una correlazione tra carenza di vitamina D e rischio cardiovascolare, questa ricerca rappresenta uno dei primi tentativi di stabilire un collegamento tra lo status vitaminico D in età precoce e la comparsa di malattie cardiovascolari nell’età adulta. La novità dello studio sta nel fatto che il legame persiste indipendentemente dagli altri fattori di rischio classici, suggerendo che la vitamina D possa giocare un ruolo biologico diretto nello sviluppo dell’aterosclerosi.
Le linee guida attuali indicano livelli ottimali di vitamina D in età pediatrica pari o superiori a 50 nmol/L. Tuttavia, circa un quinto dei giovani partecipanti allo studio non raggiungeva nemmeno il livello di 37 nmol/L, un dato preoccupante che sottolinea la necessità di interventi mirati alla supplementazione e alla correzione di eventuali deficit sin dalla tenera età. Anche in Finlandia, Paese con una cultura consolidata di integrazione di vitamina D, una parte significativa della popolazione pediatrica non raggiunge i livelli ottimali. «I nostri dati suggeriscono che l’ottimizzazione dei livelli di vitamina D nei bambini potrebbe ritardare o prevenire l’insorgenza di malattie cardiovascolari», spiegano gli autori
Meccanismi patofisiologici plausibili
Il recettore della vitamina D è espresso in numerose cellule del sistema vascolare, dove la vitamina D, sotto forma attiva di calcitriolo, svolge effetti antinfiammatori, regola il sistema renina-angiotensina-aldosterone e inibisce la proliferazione delle cellule muscolari lisce vascolari. Inoltre, recenti studi hanno suggerito che la supplementazione di vitamina D possa rallentare l’invecchiamento epigenetico, un processo chiave nello sviluppo delle malattie croniche, tra cui quelle cardiovascolari.
Questi meccanismi, sebbene non provino una relazione causale diretta, offrono una base plausibile per spiegare come un’adeguata esposizione alla vitamina D in età precoce possa influenzare positivamente la salute cardiovascolare futura.
Punti di forza e limiti: uno sguardo critico
Tra i punti di forza dello studio spiccano il disegno prospettico, la misurazione diretta della vitamina D da campioni biologici e l’utilizzo di registri nazionali finlandesi per tracciare gli eventi ASCVD con elevata accuratezza. Tuttavia, i ricercatori segnalano limiti importanti: i campioni di sangue sono stati conservati per 30 anni a -20°C, condizione che potrebbe aver alterato i livelli di vitamina D, sebbene studi precedenti ne attestino la stabilità. Inoltre, la popolazione omogenea (bianchi europei) richiede cautela nell’estendere i risultati ad altre etnie.
Infine, il periodo medio di follow-up, pur essendo lungo, non ha ancora catturato il pieno manifestarsi degli eventi ASCVD tipicamente osservati dopo i 60–70 anni.
Prevenire oggi per proteggere il cuore di domani
Questo studio rafforza l’idea che la prevenzione cardiovascolare debba iniziare precocemente, ancor prima che i fattori di rischio tradizionali diventino evidenti.
Un monitoraggio attento e una correzione tempestiva dei livelli di vitamina D in età pediatrica potrebbero rappresentare un intervento semplice, economico e altamente efficace per ridurre il carico futuro di malattie cardiovascolari nella popolazione generale.
In attesa di ulteriori conferme, ottimizzare i livelli di vitamina D nei bambini si presenta come una strategia a basso costo e ad alto impatto potenziale per ridurre il burden delle malattie cardiache nelle future generazioni ed è pertanto necessario sensibilizzare pediatri e genitori sull’importanza di raggiungere livelli adeguati attraverso dieta, esposizione solare e integratori, specialmente in Paesi con scarsa insolazione.
Bibliografia
Niemelä J, et al. Childhood 25-OH-vitamin D Levels Predict Early Cardiovascular Outcomes in Adulthood: The Cardiovascular Risk in Young Finns Study. European Journal of Preventive Cardiology (2025).
Tratto da: Pharmastar, 19 maggio 2025