Sarebbe dovuta entrare in vigore il primo luglio 2025, invece il Governo ha deciso di rinviarla fissando la nuova scadenza all’1 gennaio 2026. Parliamo della sugar tax, la tassa che dovrebbe portare a una diminuzione dei consumi delle bibite zuccherate in Italia, seconda in Europa per obesità infantile.
Sugar tax: letteralmente “tassa sullo zucchero”. Più precisamente, “tassa sulle bevande zuccherate”. È presente in 105 Paesi del mondo, con una copertura del 51% della popolazione mondiale. In Europa la applicano Norvegia, Finlandia, Francia, Spagna, Polonia e Ungheria. In Italia – salvo nuovi ripensamenti – arriverà a partire dal 1° gennaio 2026.
Parliamo di una misura fiscale che nasce per ridurre il consumo di zuccheri nella popolazione, promuovendo scelte alimentari più salutari.
L’equazione, in teoria, sarebbe semplice: meno zuccheri consumati = minor rischio di patologie come obesità, diabete e malattie cardiovascolari = potenziali benefici per la salute pubblica e riduzione delle spese sanitarie.
Il fatto è che la sugar tax non è uguale dappertutto. E i buoni risultati dipendono molto dalle modalità di applicazione della tassa, oltre che dal contesto socio-economico e culturale di riferimento.
Un esempio emblematico potrebbe essere quello del Regno Unito. La sugar tax, che ha debuttato in terra d’Albione nel 2018, è stata formulata difatti in maniera originale e innovativa, inducendo i produttori a modificare le loro ricette riducendo la quantità di zuccheri utilizzati nelle bevande. Risultato? Nei tre anni successivi all’introduzione si è registrato un dimezzamento netto della quantità di zucchero consumata dai bambini attraverso bibite analcoliche. Negli adulti si è invece verificata una riduzione di circa un terzo. A confermarlo uno studio molto approfondito pubblicato sul Journal of Epidemiology & Community Research dai ricercatori dell’Università di Cambridge, che ha analizzato i consumi prima e dopo l’introduzione della legge, chiamata Soft Drinks Industry Levy, prendendo in esame un arco temporale di 11 anni. Nina Rogers, principale autrice dello studio, ha spiegato: «La “sugar tax” non è una bacchetta magica, ma si è dimostrata efficace in termini di una riduzione del consumo di zuccheri, oltreché essere associata alla riduzione delle estrazioni dentali nei bambini e dell’obesità nelle bambine».
Su quali prodotti si applica la sugar tax
La sugar tax colpisce in particolare le bevande analcoliche contenenti zuccheri aggiunti, come cole, aranciate, limonate, cedrate, energy drink, succhi di frutta industriali e tè freddi confezionati.
In Italia la normativa prevede che l’imposta colpisca anche categorie meno scontate come le acque aromatizzate, le bevande derivate dai cereali (come orzo, avena e riso), il latte e le bevande a base di latte, qualora siano addizionate con zuccheri.
La sugar tax italiana può inoltre essere applicata a bevande analcoliche prive di zucchero, nel caso in cui contengano edulcoranti artificiali o altri dolcificanti. Questo significa che prodotti etichettati come “light” o “senza zucchero” possono rientrare comunque nel campo di applicazione dell’imposta, se classificati come bevande industriali dolcificate.
Gli effetti dello “zucchero in lattina” sulla nostra salute
La sugar tax è necessaria “perché lo zucchero uccide proprio come alcol e fumo. E lo fa senza che ce ne accorgiamo (che è anche peggio)” - commenta Giuseppe Remuzzi, Direttore dell’Istituto Mario Negri.
Lo zucchero che “beviamo” senza rendercene conto.
Una lattina di Coca-Cola, ad esempio, ne contiene circa 35 grammi: l’equivalente di 7 cucchiaini da caffè. Una Sprite arriva a 30 grammi, più di 6 cucchiaini di zucchero, mentre una Fanta ne contiene quasi 39 grammi, pari a quasi 8 cucchiaini. Anche un comune succo di frutta industriale può superare i 5 cucchiaini per confezione. Cucchiaino dopo cucchiaino, giorno dopo giorno, lo zucchero consumato in eccesso può avere impatti anche molto gravi sulla nostra salute, contribuendo allo sviluppo di patologie come sindrome metabolica, diabete, tumori e malattie cardiovascolari:
- Sindrome metabolica
Capita che quando beviamo una bibita zuccherata, introduciamo nel nostro corpo una grande quantità di fruttosio, un tipo di zucchero che il fegato fatica a gestire. Se ne arriva troppo tutto in una volta, il fegato lo trasforma in grasso. Questo processo, a lungo andare, può mandare in tilt il modo in cui il corpo risponde all’insulina, l’ormone che regola la quantità di zuccheri nel sangue. Quando le cellule iniziano a "ignorare" l’insulina, si parla di resistenza insulinica: il glucosio resta nel sangue invece di essere usato come energia. È l’inizio di una catena di problemi che può portare a obesità, pressione alta, colesterolo alto, problemi al cuore e perfino alcuni tipi di tumore. Tutto questo insieme di disturbi prende il nome di sindrome metabolica. È una condizione sempre più diffusa: ne soffrono oltre 100 milioni di americani e più di 14 milioni di italiani. Secondo un recente studio pubblicato nel 2024 sul European Journal of Preventive Cardiology , che ha analizzato i dati di 3.154 adulti americani seguiti per oltre 30 anni, un elevato consumo di bevande zuccherate (circa 3 lattine al giorno) aumenta del 34% il rischio di sviluppare questa patologia.
- Malattie cardiovascolari
Gli studi ci dicono che fruttosio e glucosio hanno anche un impatto notevole sulle malattie cardiovascolari. Ad esempio un ampio lavoro pubblicato nel 2023 sul Journal of the American Heart Association, che ha seguito più di 100.000 adulti per oltre vent'anni, ha dimostrato che chi consuma una o più lattine di bevande zuccherate al giorno presenta fino al 20% di rischio in più di sviluppare problemi cardiaci rispetto a chi invece ne beve raramente o non ne beve affatto.
- Tumori
“Certi tumori per crescere hanno bisogno di insulina o di fattori di crescita che assomigliano all’insulina, e lo zucchero crea le condizioni perché questo succeda” - spiega Remuzzi. Quando consumiamo troppi zuccheri, infatti, il nostro corpo produce molta più insulina per abbassare la glicemia (lo zucchero nel sangue). Questo aumento continuo di insulina crea un ambiente ideale per le cellule tumorali, che la usano come “benzina” per crescere e moltiplicarsi.
- Diabete
Il consumo di una o due bevande zuccherate a pasto comporta un aumento del 26% di rischio di diabete rispetto a chi non ne fa uso o ne assume meno di una al mese. Nei consumatori abituali c’è inoltre un rischio aumentato del 20% di andare incontro a sindrome metabolica.
Quanto zucchero dovremmo consumare
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in una dieta da 2000 calorie, il consumo di zucchero non dovrebbe superare i 50 grammi al giorno (ovvero 10 cucchiaini), pari al 10% delle calorie totali. L'OMS suggerisce addirittura di ridurre questo valore a 25 grammi (5 cucchiaini) al giorno, ovvero il 5% delle calorie totali, per ottenere benefici ancora maggiori per la salute.
Quanto zucchero consumiamo in Italia
In Italia consumiamo troppi zuccheri: in media, ben 83 grammi al giorno, decisamente oltre i 50 grammi consigliati dalle linee guida. Gran parte di questi zuccheri arriva dalle bevande gassate e zuccherate: ogni anno, ciascun italiano ne beve circa 54 litri, equivalenti a 5 chili di zucchero puro. Tra i consumatori più incalliti ci sono i bambini: secondo un recente rapporto dell’Istituto superiore di Sanità quasi un bambino su quattro (24,6%) consuma bevande zuccherate ogni giorno, percentuale che sale ulteriormente al Sud in regioni come la Calabria (29,6%) e la Campania (33%).
Le conseguenze sono gravi e già evidenti. In Europa, l’Italia occupa il quarto posto per numero di bambini sovrappeso o obesi nella fascia tra i 7 e i 9 anni, con tassi prossimi al 40%. Siamo secondi per la sola obesità infantile, preceduti solo da Cipro, Grecia e Spagna. Secondo il recente World Obesity Atlas 2024, attualmente il 40% dei bambini italiani (circa 3.341.000) presenta un indice di massa corporea (BMI) elevato (pari o superiore a 25 punti). E se non si inverte questa tendenza, entro il 2035 quasi la metà (49%) dei bambini italiani sarà sovrappeso o obesa.
I limiti della sugar tax in Italia
In Italia, la Sugar Tax è stata introdotta ufficialmente con la legge di bilancio del 2020, ma la sua applicazione pratica è stata più volte rinviata, creando dibattiti e polemiche tra consumatori, industria e istituzioni. Fino ad arrivare a quella che, ad ora, è la nuova data ufficiale di entrata in vigore: il 1° gennaio 2026. Per il primo anno la tassa sarà di cinque centesimi di euro al litro per le bibite zuccherate e di 13 centesimi al chilogrammo per i prodotti zuccherati “previa diluizione”. Poi passerà rispettivamente a 10 e 25 centesimi nel 2026. “
Si tratta di aumenti irrilevanti che potrebbero non portare a una diminuzione dei consumi. Questa ha avuto luogo, nei Paesi che hanno adottato la sugar tax da molti anni, solo quando la tassa è elevata e quando, soprattutto, è progressiva, cioè aumenta con l’aumentare della concentrazione di zucchero in un prodotto. La sugar tax italiana non possiede nessuna di queste due caratteristiche”, commenta il Direttore dell’Istituto Mario Negri.
La proposta dell’Istituto Mario Negri
In generale, i paesi dove la sugar tax ha registrato un vistoso calo dei consumi e un effetto benefico sulla salute dei cittadini (ad esempio Cile, Messico, Barbados), hanno applicato una sugar tax del 20% circa sulle bibite zuccherate.
“È quello che è stato proposto da qualche anno dall’Istituto Mario Negri e dall’Istituto Superiore di Sanità. La stima del possibile incasso è di 400 milioni di euro l’anno che potrebbero essere dedicati a iniziative di educazione alimentare ma anche, di questi tempi, a qualcosa di più importante: aiutare gli italiani che negli Stati Uniti si trovano in difficoltà in rapporto alle politiche dell’attuale amministrazione che sta mettendo a rischio ricerca scientifica e ricercatori a tornare in Italia”- conclude Remuzzi.
Tratto da: marionegri.it, 03 luglio 2025