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Solo un diabetico su cinque riesce a controllare i fattori di rischio

Lo dimostra la fotografia dell’assistenza nel nostro Paese scattata dall’Associazione Medici Diabetologi, secondo cui otto pazienti su dieci rischiano complicanze perché non controllano glicemia, pressione, colesterolo.

I numeri migliorano, ma con lentezza esasperante. La percentuale delle persone con diabete che riescono a tenere sotto controllo la glicemia e gli altri fattori di rischio cardiovascolare cresce, ma è ancora troppo bassa per potersi dire soddisfatti: lo spiegano gli esperti dell’Associazione Medici Diabetologi commentando i dati emersi dagli Annali AMD 2020, che periodicamente fotografano la qualità dell’assistenza ai diabetici nel nostro Paese.

Il controllo della pressione

Fra le persone con diabete seguite dai servizi specialistici, infatti, solo una su cinque riesce a raggiungere l’obiettivo di mantenere nella norma la glicemia, la pressione arteriosa, il colesterolo nel sangue: l’80 per cento vive in una cronica difficoltà nel tenere sotto controllo i più importanti fattori di rischio ed è perciò esposta a un’alta probabilità di sviluppare le complicanze del diabete. «I nostri dati ribadiscono quanto sia arduo portare e mantenere il paziente a un buon controllo così da prevenire complicanze correlate al diabete. I dati raccontano un continuo miglioramento della qualità dell’assistenza, ma non possiamo accontentarci e dobbiamo fare di più per proteggere al meglio chi è più esposto al rischio di complicanze», commenta Paolo Di Bartolo, Presidente AMD. Valeria Manicardi, coordinatore del Gruppo Annali AMD, segnala però qualche buona notizia: «Il 53 per cento ha l’emoglobina glicata (indicativa dell’andamento della glicemia negli ultimi due-tre mesi, ndr) al di sotto dei valori soglia, il 63 per cento ha il colesterolo cattivo nella norma. Non sono soddisfacenti, invece, i dati per il controllo della pressione arteriosa e gli stili di vita».

I farmaci innovativi

Se insomma una buona quota di persone con diabete riesce a centrare uno o due obiettivi, pochi sono quelli che possono dire di aver tagliato drasticamente la probabilità di complicanze avendo affrontato il diabete su tutta la linea, per esempio anche migliorando la dieta o muovendosi di più. «Oggi peraltro abbiamo a disposizione nuove terapie efficaci e sicure, che arrivano dove noi e i nostri pazienti non riuscivamo, ovvero ridurre il più possibile lo sviluppo di complicanze invalidanti e di mortalità», osserva Di Bartolo. «Senza rinunciare a portare i pazienti a valori sotto la soglia di pericolo, ora il nostro compito è proteggere, anche attraverso questi preziosi strumenti terapeutici, i tanti che non sono ‘a target’ per garantire la migliore qualità di vita e scongiurare gli esiti più temuti della patologia». «L’uso dei farmaci innovativi però è ancora scarso», puntualizza Manicardi. «Gli inibitori del DPP4 passano dal 18 per cento della rilevazione precedente, nel 2016, al 21 per cento; gli inibitori SGLT2 dal 4 arrivano appena al 9,6 per cento, gli agonisti del GLP1 incrementano ancora meno, dal 3,7 al 5,8 per cento. Eppure hanno dimostrato di proteggere cuore e reni, quindi di salvaguardare maggiormente la salute delle persone con diabete: ci saremmo attesi un aumento più consistente».

Tratto da: Corriere della Sera Salute, Elena Meli, 17 novembre 2020