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Sla, e se c'entrasse anche il colesterolo?

La ricerca, la più grande mai realizzata per una malattia neurodegenerativa, ha individuato differenze epigenetiche tra pazienti e persone sane. Aprendo così a future prospettive terapeutiche.

Una malattia terribile, che progressivamente paralizza il corpo e per la quale non c'è oggi speranza di guarigione. La Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla) colpisce circa una persona su 350 e le cause non sono ancora del tutto comprese. C'è una componente genetica, certo, ma fattori ambientali e abitudini di vita sembrano giocare un ruolo cruciale, soprattutto nei casi definiti sporadici.

Fattori di rischio, dunque, ma quali? È quello che gli scienziati che si occupano di questa patologia stanno cercando di scoprire da anni, e oggi la risposta potrebbe essere più vicina. Un vasto consorzio di ricerca internazionale, a cui aderiscono anche centri italiani, ha infatti completato il più grande studio di epigenetica mai realizzato per una malattia neurodegenerativa, trovando delle differenze tra i profili dei pazienti con Sla e dei controlli sani in corrispondenza di geni coinvolti nel metabolismo (in particolare in quello del colesterolo) e nell'immunità. Differenze che suggeriscono linee di indagine e che potrebbero aprire a prospettive terapeutiche. I risultati dello studio sono pubblicati su Science Translational Medicine.

Epigenetica, l'interfaccia tra i geni e l'ambiente

Invece di cercare mutazioni genetiche, cioè nel codice di lettere del Dna, lo studio analizza l'epigenetica, che potremmo definire la punteggiatura del libro del genoma, modifiche chimiche sul Dna che indicano il modo in cui il codice viene letto.

Una delle modificazioni epigenetiche prende il nome di metilazione. "È un fenomeno che avviene normalmente e che ha una funzione regolatoria: semplificando, più un gene è metilato, meno verrà letto e espresso", spiega Adriano Chiò, professore di neurologia dell'Università degli Studi di Torino e direttore della Struttura Complessa Neurologia 1 dell'Aou Città della Salute e della Scienza di Torino, tra gli autori della ricerca. "La metilazione è un ponte tra la genetica e l'ambiente: può venire influenzata da fattori ambientali e dalle abitudini di vita. Il fumo di sigaretta, per esempio, induce metilazione e causa modifiche che permangono per anni anche dopo che si è smesso di fumare".

L'idea alla base del nuovo studio, dunque, è di analizzare il profilo di metilazione del Dna di pazienti con la Sla e di persone sane per evidenziare eventuali differenze e identificare i geni coinvolti, così da avere un'indicazione sui potenziali fattori di rischio.

Colesterolo e immunità nel mirino

Il consorzio ha analizzato il Dna di 6.763 pazienti e di 2.943 controlli sani, il numero più alto raggiunto in studi di questo tipo per una malattia neurodegenerativa e a cui hanno contribuito i registri di malattia italiani. "Quello piemontese è tra i primi registri di malattia al mondo e uno dei più completi perché oltre a raccogliere i dati clinici dei pazienti annota anche potenziali fattori di rischio e abitudini di vita", sottolinea Chiò. "È una mole di dati considerevole, ma indispensabile in queste ricerche".

L'analisi ha messo in luce 45 siti di alterata metilazione in 42 geni nelle persone con Sla. "I geni la cui metilazione risulta alterata nei pazienti, che sono quindi più o meno metilati rispetto a quelli nelle persone sane, sono coinvolti nel metabolismo, in particolare in quello del colesterolo Hdl, nell'immunità, nella definizione del basso indice di massa corporeo tipico dei pazienti con Sla e nella detossificazione dall'alcol", precisa Vincenzo Silani, professore di Neurologia dell'Università degli Studi di Milano e direttore del centro Sla e malattie del motoneurone dell'Istituto Auxologico Italiano, anch'egli coinvolto nello studio.

Quella sul colesterolo, sottolineano Chiò e Silani, è in realtà una conferma del ruolo che questa molecola sembra avere nella patologia, già emersa in precedenza in importanti studi genetici, firmati anche dai due gruppi italiani. "Del resto la biosintesi del colesterolo risulta di importanza biologica fondamentale relativamente alla fluidità delle membrane cellulari, la formazione di sinapsi, la crescita neuritica e altro ancora", aggiunge Silani.

Due siti di alterata metilazione, inoltre, sono stati dimostrati nel gene SGMS2, responsabile della produzione dell'enzima sfingomielina sintetasi 2, suggerendo che anche gli sfingolipidi possono avere un ruolo nella Sla. Viene poi sottolineato il cointeressamento del sistema immunitario nella malattia, come già da tempo dimostrato.

Tra i malati, infine, profili di metilazione differenti sembrano avere un impatto sulla progressione della Sla, lasciando trasparire la possibilità di identificare fattori dalla valenza prognostica.

Futuri risvolti clinici

Lo studio ha inevitabilmente dei limiti. "La metilazione alterata fornisce un'indicazione sulla direzione in cui guardare per cercare risposte sulla genesi della malattia, ma non dice in che modo e quanto un determinato fattore influisca", prosegue Chiò. "Questo sarà l'obiettivo di future indagini".

Se le alterazioni nel metabolismo lipidico e nell'immunità si confermeranno momenti rilevanti nella patogenesi della Sla, il modo in cui vediamo la malattia potrebbe cambiare. Andando a intervenire sui meccanismi eziologici, in futuro la Sla potrebbe anche diventare una patologia correggibile, secondo gli esperti.

Neurodegenerazione, un'unica malattia multiforme?

"Dei 45 punti di alterata metilazione identificati in questo studio per la Sla, 8 sono comuni anche ad altre patologie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson", conclude Silani. "Una simile evidenza supporta una certa corrente di pensiero che si sta facendo strada tra la comunità scientifica: le malattie neurodegenerative potrebbero essere espressioni diverse di una stessa patologia. La convergenza c'è, ma resta da capire perché alcuni pazienti sviluppino una forma e altri un'altra".

Tratto da: La Repubblica, Mara Magistroni, 25febbraio 2022