Demenza: ecco i 14 fattori di rischio da controllare, sin dall’infanzia, per prevenirla o ritardarla in un caso su due
I primi 12 fattori erano stati già identificati dalla Lancet Commission nel 2020, ora, grazie ad un nuovo studio i ricercatori ne hanno aggiunto altri due: il colesterolo alto e la perdita visiva, che da soli sono associati al 9% di tutti i casi di demenza.
Prevenire o ritardare la comparsa della demenza è possibile per la metà dei pazienti che sviluppano la patologia. Come? Tenendo sotto controllo, fin dall’infanzia, 14 specifici fattori di rischio. I primi 12 erano stati già identificati dalla Lancet Commission nel 2020, ora, grazie ad un nuovo studio i ricercatori ne hanno aggiunti altri due: il colesterolo alto e la perdita visiva, che da soli sono associati al 9% di tutti i casi di demenza. Questi due nuovi fattori di rischio sono emersi da uno studio pubblicato su Lancet che ha mostrato come il 7% dei casi di demenza sia attribuibile al “colesterolo cattivo”, già intorno ai 40 anni, mentre il 2% dei casi alla perdita della vista in età avanzata. Gli altri 12 fattori di rischio, già identificati dalla Lancet Commission nel 2020, comprendono: basso livello di istruzione, perdita dell’udito, ipertensione, fumo, obesità, depressione, inattività fisica, diabete, alcol, trauma cranico, inquinamento e isolamento sociale. Questi fattori sono collegati al 40% di tutti i casi di demenza.
Nuove prove su prevenzione, intervento e cura della demenza
Il nuovo aggiornamento della Lancet Commission sulla demenza, che porta a 14 i fattori di rischio, fornisce “nuove prove promettenti sulla prevenzione, l’intervento e la cura della demenza – scrivono i ricercatori nell’introduzione dell’ultima pubblicazione -. Poiché le persone vivono più a lungo, il numero di persone che convivono con la demenza continua ad aumentare, anche se l’incidenza specifica per età diminuisce nei paesi ad alto reddito, sottolineando la necessità di identificare e implementare approcci di prevenzione”.
Lo studio 2024
La pubblicazione 2024 contiene la sintesi del Report del 2020 della Lancet Commission sulla demenza ed offre revisioni sistematiche e meta-analisi di diversi studi che mostrano come si sviluppano le riserve cognitive e fisiche nel corso della vita. I ricercatori offrono prove concrete su come la riduzione del danno vascolare (ad esempio, mediante la diminuzione del fumo e la cura dell’ipertensione) ha, probabilmente, contribuito a ridurre l’incidenza della demenza legata all’età. Tra tutti i fattori di rischio per la demenza, il nuovo rapporto stima che quelli con conseguenze peggiori sono la perdita dell’udito e il colesterolo Ldl elevato (7% ciascuno), insieme a un basso livello di istruzione nella prima infanzia e isolamento sociale in età avanzata (5% ciascuno).
Le 13 raccomandazioni degli esperti
La Commissione, composta da 27 esperti mondiali sulla demenza, ha anche stilato 13 raccomandazioni per ridurre i fattori di rischio, dal fornire a tutti i bambini un’istruzione di buona qualità a offrire apparecchi acustici per tutti coloro che hanno una perdita dell’udito e ridurre l’esposizione al rumore dannoso. Ancora si consigliano diagnosi e cura del colesterolo Ldl elevato e trattamento dei problemi di vista per tutta la popolazione. Bisogna, inoltre, trattare la depressione, organizzare azioni contro la solitudine, contrastare l’inquinamento e il fumo. Cruciale è, inoltre, ridurre il contenuto di zucchero e sale negli alimenti.
153 milioni di casi di demenza entro il 2050
Gli esperti ricordano che, a causa del rapido invecchiamento della popolazione mondiale, il numero di persone che vivono con la demenza è destinato quasi triplicare entro il 2050, passando da 57 milioni nel 2019 a 153 milioni. L’aumento dell’aspettativa di vita sta anche portando ad un aumento delle persone con demenza nei paesi a basso reddito. I costi globali per la salute e i servizi sociali legati alla demenza sono stimati a oltre un trilione di dollari all’anno. “Ora abbiamo prove più solide che i fattori di rischio agiscono più fortemente nelle persone vulnerabili – afferma l’autore principale Gill Livingston della University College London -. Bisogna ridurre le disuguaglianze rendendo gli stili di vita sani il più possibile accessibili a tutti”, conclude.
Tratto da; Sanità Informazione, Isabella Faggiano, 02 agosto 2024