Effetti delle statine sul diabete, nuove evidenze da una metanalisi
La terapia con statine aumenta il rischio di diabete. Un nuovo studio analizza la dimensione e la tempistica di questo effetto e chi possa essere a maggior rischio.
«Studi precedenti hanno evidenziato che la terapia con statine aumenta il rischio di diabete, ma non è nota la dimensione e tempistica di questo effetto e chi possa essere a maggior rischio», affermano Roberta Guido con gli esperti della Commissione Diabete AME (Associazione Medici Endocrinologi) e Francesco Tassone con i componenti della Commissione Lipidologia e Metabolismo AME.
«Un recente studio ha cercato di chiarire tali aspetti attraverso una metanalisi di dati di singoli partecipanti a trial di terapia con statine», segnalano gli specialisti. «Tutti gli studi inclusi dovevano essere in doppio cieco, randomizzati, della durata di almeno due anni e con almeno 1.000 partecipanti», riportano gli esperti. «Lo studio ha ricercato gli effetti della terapia con statine sullo sviluppo di diabete di nuova diagnosi (definito come comparsa di eventi avversi correlati al diabete, uso di nuovi farmaci ipoglicemizzanti o singoli valori di glicemia o HbA1c compatibili con diagnosi di diabete) e sul peggioramento del compenso glicemico (inteso come deterioramento del controllo glicemico, aumento dell’uso di farmaci ipoglicemizzanti o aumento dello 0.5% dell’HbA1c)», proseguono gli specialisti.
«Risultati: dei trial inclusi, 19 hanno confrontato statina vs placebo (123.940 partecipanti, di cui 25.701, pari al 21%, con diabete, follow-up mediano di 4,3 anni) e 4 hanno confrontato terapia con statina ad alta intensità vs statina a bassa o moderata intensità (30.724 partecipanti, di cui 5.340, pari al 17%, con diabete, follow-up mediano di 4,9 anni)», continuano Guido, Tassone e colleghi. «Rispetto al placebo, l'inizio della terapia con statine a bassa o moderata intensità ha comportato un aumento proporzionale del 10% di sviluppo di diabete: 2.420 su 39.179 in statina (1.3% all’anno) vs 2.214 su 39.266 in placebo (1.2% all’anno), rate ratio (RR) 1.10, 95% CI 1.04-1.16», riportano gli esperti. «L'inizio di una statina ad alta intensità è risultato in un aumento proporzionale del 36% di sviluppo di diabete: 1.221 su 9.935 in statina (4,8% all'anno) vs 905 su 9.859 in placebo (3.5% all’anno), RR 1.36, 1.25-1.48. Va sottolineato che per ogni trial, la percentuale di sviluppo di diabete tra i partecipanti che ricevevano il placebo correlava soprattutto alla proporzione dei partecipanti che avevano al follow-up almeno una misurazione di HbA1c e questa proporzione era molto più alta nei soggetti trattati con statina ad alta intensità rispetto a quelli in terapia con statina a bassa intensità», riferiscono gli esperti. «Di conseguenza a determinare l’aumento di diabete in alcuni trial era soprattutto la frequenza di misurazione di HbA1c piuttosto che l’aumento proporzionale del rischio associato alla terapia con statine», continuano Guido, Tassone e colleghi.
«In pazienti senza diagnosi di diabete al basale, l'aumento medio di glicemia era di 0.04 mmol/L (0.72 mg/dL) sia con statine a bassa o moderata intensità (95% CI 0.03-0.05) sia con statine ad alta intensità (0.02-0.06) e l'aumento medio di HbA1c era 0.06% con statine a bassa e media intensità e 0.08% con statine ad alta intensità», osservano gli esperti. «Tra le nuove diagnosi di diabete effettuate solo con la misurazione della glicemia basale, nel 62% dei casi si aveva già prima della diagnosi una glicemia nel quarto più elevato della distribuzione basale», riportano gli specialisti. «Tra i partecipanti che avevano già diabete al basale, il RR del peggioramento della glicemia era 1.10 (1.06-1.14) per quelli in terapia con statine ad intensità bassa e moderata e 1.24 (1.06-1.44) per quelli in terapia con statina ad alta intensità rispetto ai pazienti in placebo».
«Le statine causano un aumento moderato dose-dipendente di nuova diagnosi di diabete, coerente con un modesto rialzo nella glicemia», riferiscono Guido, Tassone e colleghi. «La maggior parte delle nuove diagnosi di diabete avviene in persone con marker glicemici al basale già vicini ai criteri diagnostici per diabete», continuano gli esperti. «Gli autori segnalano che nelle persone senza diabete noto c’erano pochi dati di misurazione di glicemie e l’HbA1c risultava misurata sistematicamente al basale e poi una volta nel follow-up solo in due trial (GISSI-HF e JUPITER)», osservano gli specialisti. «La scarsità di dati su HbA1c non deve sorprendere perché l’HbA1c è diventata un marker diagnostico ampiamente riconosciuto per il diabete solo dal 2011 e tutti gli studi inclusi in questa metanalisi erano già stati iniziati prima del 2011», proseguono gli esperti. «Inoltre, non è sempre stato possibile determinare in modo affidabile se la misurazione della glicemia fosse fatta a digiuno o meno», riportano Guido, Tassone e colleghi.
«Tenendo conto di queste limitazioni, escluse le diagnosi di diabete fatte solo con misurazione delle glicemie, gli RR complessivi per la terapia con statine a bassa o moderata intensità e ad alta intensità erano simili», osservano gli specialisti. «È importante considerare che qualsiasi effetto avverso teorico delle statine sul rischio cardiovascolare (CV) che potrebbe derivare da piccoli aumenti della glicemia (o da qualsiasi altro meccanismo) è già ampiamente tenuto in considerazione nella riduzione complessiva del rischio CV osservata con la terapia con statine in questi studi. Inoltre, il rischio di futuri nuovi eventi CV maggiori è significativamente maggiore dopo eventi CV maggiori che dopo una diagnosi di diabete», continuano Guido, Tassone e colleghi.
«Questo studio condotto dalla Cholesterol Treatment Trialists' Collaboration fornisce importanti informazioni sugli effetti della terapia con statine sullo sviluppo del diabete di nuova insorgenza e sul peggioramento della glicemia», osservano gli esperti. «Dal punto di vista clinico, la diminuzione assoluta dell’incidenza annuale di eventi CV potenzialmente letali ottenuta con l’impiego di statine in paziente ad alto rischio supera nettamente l’incidenza annuale assoluta di diabete tipo 2 dello 0.1–1.3%», riferiscono Guido, Tassone e colleghi. «Pertanto, è improbabile che il modesto danno gluco-metabolico superi i benefici CV ottenuti con l’utilizzo di statine», proseguono gli esperti. «In ogni caso questa informazione ci impone di intensificare le raccomandazioni in persone a rischio CV (che probabilmente hanno già un prediabete) e associare alla prescrizione di statina strategie comprovate per prevenire o ritardare il diabete, come il calo ponderale e l’aumento dell’attività fisica», concludono gli specialisti.
Lancet Diabetes Endocrinol. 2024;12(5):306-319. doi: 10.1016/S2213-8587(24)00040-8.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38554713/
Tratto da: Doctor33, 12 novembre 2024