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Impatto delle diete iperlipidiche sulla salute cardiovascolare: analisi di casi clinici

Recentemente, complice il crescente utilizzo dei social network, tra i giovani si stanno diffondendo regimi dietetici molto sbilanciati. Sono emersi in letteratura alcuni case report: eccone alcuni.

L’alimentazione umana è sempre stata soggetta a mutamenti, risentendo di influenze culturali, sociali ed economiche. «Recentemente, complice il crescente utilizzo dei social network, tra i giovani si stanno diffondendo regimi dietetici molto sbilanciati» afferma Filippo Egalini, insieme ai componenti della Commissione Lipidologia e Metabolismo AME (Associazione Medici Endocrinologi), coordinata da Anna Nelva. «Tra questi troviamo una versione estremizzata di dieta chetogenica, la very low-carb high-fat (VLCHF), che riduce la quota di carboidrati anche al di sotto del 5% dell’apporto calorico giornaliero. Un’alimentazione di questo tipo dovrebbe prevedere un adeguato controllo specialistico, spesso assente».

«Sono emersi in letteratura alcuni case report» segnalano gli specialisti, «che evidenziano come in certi soggetti questi regimi dietetici sbilanciati possano portare a un netto incremento dei valori di colesterolemia, fino a raggiungere livelli paragonabili a quelli dell’ipercolesterolemia familiare (FHH) omozigote, con conseguente incremento significativo del rischio cardio-vascolare (CV).

Case report 1 e 2. «Due fratelli di 33 e 28 anni sono stati inviati a un ambulatorio per le dislipidemie per il riscontro di valori di colesterolemia LDL, rispettivamente, di 580 e 464 mg/dL» riferiscono Egalini e colleghi. «La familiarità era negativa per dislipidemie ed eventi CV, svolgevano regolare attività fisica 4 volte/settimana, l’anamnesi patologica remota era muta. Il BMI era, rispettivamente, di 26.2 e 27.3 kg/m2, non vi erano xantomi, xantelasmi o arco corneale. Dopo aver confermato il riscontro di ipercolesterolemia grave, si escludevano cause secondarie e si sottoponevano i fratelli a esame genetico (NGS) per la ricerca di mutazioni nei geni noti per essere causa di FHH, con risultato negativo. I fratelli da circa un anno avevano iniziato una dieta esclusivamente a base di carne (principalmente rossa) e prodotti caseari ad alto contenuto di grassi. L’apporto giornaliero di carboidrati era < 3%, di proteine 37% e di grassi 61%. Veniva eseguita una Fast Protein Liquid Chromatography (FPLC), con riscontro di livelli elevatissimi di VLDL. Al doppler dei tronchi sovra-aortici si rilevavano segni di aterosclerosi precoce. I soggetti hanno rifiutato di optare per una dieta più salutare o di avviare terapia ipolipemizzante».

Case report 3. «Un paziente di 23 anni è stato inviato a un ambulatorio per le dislipidemie per il riscontro di colesterolemia LDL pari a 472 mg/dL» riportano gli esperti. «Anche in questo caso anamnesi ed esame obiettivo erano negativi. Risultava tuttavia il recente avvio di una dieta “zero-carb”, consistente in uova, pancetta, carne cruda e fegato crudo, con limitato apporto di verdure. L’alimentazione non era sempre costante, a causa della riferita influenza di determinati tipi di alimenti sul benessere psico-fisico» continuano Egalini e colleghi. «Al controllo dopo 3 mesi si riscontrava LDL 307 mg/dL. Riducendo l’apporto di uova e pancetta, alimentandosi con solo carne e pesce crudi, verdure, frutta fresca e secca ed escludendo carboidrati amidacei, dopo 3 mesi il colesterolo LDL si riduceva a 131 mg/dL» (Houttu V, et al. Nutrients 2023).

Case report 4. «Un paziente di 42 anni con nota FHH eterozigote e colesterolo LDL di 112 mg/dL in terapia con rosuvastatina 40 mg + ezetimibe 10 mg, optava per un cambio di regime alimentare in favore di una dieta VLCHF» proseguono Egalini e colleghi. «Dopo 6 mesi, pur mantenendo invariata la terapia ipolipemizzante, il colesterolo LDL raggiungeva 324 mg/dL. Il paziente riprendeva quindi una dieta bilanciata e dopo 3 mesi il colesterolo LDL risultava 108 mg/dL».

Case report 5. «Un paziente di 38 anni, fumatore attivo e con anamnesi familiare negativa per malattie CV, veniva inviato presso un ambulatorio per le dislipidemie per il netto incremento nel tempo dei valori di colesterolemia LDL (da 100 a 475 mg/dL)» riportano gli esperti. «Dopo aver escluso cause secondarie, riferiva di aver avviato un anno prima un regime di dieta VLCHF». (Naveh N, et al. Cureus 2023)

«Un'alimentazione bilanciata riveste un ruolo fondamentale nella gestione dei pazienti ipercolesterolemici, contribuendo a una potenziale riduzione tra il 20 e il 25% circa dei valori ematici di colesterolo LDL. Questi case report evidenziano quanto i valori di colesterolo possano aumentare in seguito all’avvio di un regime dietetico squilibrato» sottolineano Egalini e colleghi. «È da notare che il ritorno a una dieta bilanciata comportava la riduzione o addirittura la normalizzazione dei livelli di colesterolemia. Ciò porta a domandarsi se questi riscontri possano generalizzarsi a tutti i regimi di diete VLCHF oppure si tratti di casi isolati».

La National Lipid Association si è espressa con un documento di consenso che afferma che gli effetti di questi regimi dietetici sul colesterolo LDL sono molto variabili (Kirkpatrick CF, et al. J Clin Lipidol 2019). «Infatti,» osservano Egalini e colleghi «uno studio americano che includeva 548 pazienti con colesterolemia di base nella norma, ha riscontrato che una dieta VLCHF può portare sia a una modesta riduzione, sia a un netto incremento della colesterolemia LDL (che in un caso raggiungeva 665 mg/dL)». (Norwitz NG, et al. Curr Dev Nutr 2021).

«In un recente studio caso-controllo, in cui i partecipanti (prevalentemente sovrappeso od obesi) sono stati sottoposti a una dieta VLCHF per 24 settimane», aggiungono gli specialisti «si concludeva che nei pazienti sovrappeso e obesi si verificava un incremento del colesterolo LDL più marcato rispetto ai normopeso (rispettivamente +100% e +50% circa)». (Khdher S, et al. Cureus 2024). In letteratura, osservano Egalini e colleghi, questo riscontro non è sempre confermato (Dashti HM, et al. Mol Cell Biochem 2006). «Bisogna pertanto chiedersi quale possa essere la base fisiopatologica di questo netto incremento della colesterolemia LDL in corso di diete VLCHF», proseguono. «In primo luogo, un elevato apporto di lipidi con la dieta può incrementare i livelli di colesterolemia VLDL e alterare la clearance dell’LDL. Il nostro organismo però interviene con meccanismi omeostatici di compenso: se l’apporto alimentare di colesterolo aumenta, ne viene aumentata l’escrezione biliare e se ne riducono la sintesi epatica e l’assorbimento intestinale. Tuttavia, vi sono evidenze sempre più solide che indicano come alcuni soggetti siano “high adsorbers” o “high synthesizers”, cioè hanno costituzionalmente un processo maggiormente spiccato di assorbimento intestinale o di sintesi epatica di colesterolo. Inoltre, si è ipotizzato che un regime VLCHF possa alterare il microbiota intestinale, riducendo le popolazioni di Clostridium e Lactobacillus, che impediscono il riassorbimento degli acidi biliari nella circolazione entero-epatica attraverso la deconiugazione degli acidi biliari». (Vourakis M, et al. Int J Mol Sci 2021)

«Come suggerito da alcuni autori, l’alimentazione VLCHF andrebbe evitata nei soggetti con FHH» affermano Egalini e colleghi. «Recentemente sono stati seguiti per circa 12 anni 1220 soggetti con dieta standard e 305 soggetti con dieta VLCHF, dimostrando l’incremento del rischio di eventi CV maggiori nel secondo gruppo». (Iatan I, et al. JACC Advances 2024) «Pertanto,» proseguono gli esperti «è prudente affermare che la dieta VLCHF andrebbe evitata in soggetti con elevato rischio CV, deve essere prescritta da un professionista, che ne deve sempre monitorare gli effetti sulla colesterolemia. Infatti, questi case report ci ricordano che ogni paziente risponde in maniera diversa non solo ai farmaci, ma anche a determinati regimi alimentari. Alla luce di questi risultati, dovremmo riconsiderare la percentuale di colesterolemia potenzialmente dovuta all’alimentazione. Questo approccio personalizzato deve essere sempre più perseguito nella diagnosi e cura del paziente con ipercolesterolemia» concludono gli specialisti.

Tratto da: Doctor33, 12 febbraio 2025