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Panico da vacanza

Quando, con l'estate il desiderio di viaggiare si fa più intenso chi soffre di un disturbo da attacchi di panico comincia a tremare: le situazioni tipiche del viaggio, come allontanarsi da casa, stare in mezzo agli altri, fare code agli sportelli, andare al ristorante, sono tra le situazioni che più frequentemente scatenano il panico. Il timore di queste situazioni e il loro evitamento fanno parte della cosiddetta agorafobia (GUARDA). «L'agorafobia è la condizione più frequentemente associata al disturbo di panico» spiega Giovanni Andrea Fava, professore di Terapia psicologica e psicofisiologia all'Università di Bologna, di Clinica psichiatrica alla State University di New York a Buffalo. Fava è autore di Il panico, appena pubblicato da Il Mulino, scritto in collaborazione con Elena Tomba, professoressa di Tecniche di valutazione testistica in psicologia clinica all'Università di Bologna).

 

IL DISTURBO - «Con il termine agorafobia oggi non si fa riferimento alla paura degli spazi aperti, ma a un disturbo caratterizzato dall'insorgere dell'ansia e del panico quando ci si trova in situazioni in cui si ha la sensazione di poter restare intrappolati. Sono situazioni che si presentano frequentemente durante gli spostamenti e i viaggi, per esempio quando si guida guidare in autostrada, si devono attraversare ponti, passare sotto dei tunnel, oppure salire su treni o aerei. L'idea stessa di dover affrontare queste situazioni genera una specie di "paura della paura", la cosiddetta ansia anticipatoria, che porta chi soffre di questo disturbo a evitare un insieme complesso ed eterogeneo di situazioni. E la rinuncia ai viaggi è certamente una delle conseguenze che finisce per ripercuotersi anche sulla vita di coppia o familiare». A soffrire di questo disturbo sono soprattutto le donne, con una frequenza 2-4 volte superiore a quella degli uomini. La comparsa avviene di solito attorno ai 25 anni, mentre è difficile che si presentino nuovi casi dopo i 65 anni.

SINTOMI - Spesso chi soffre di questa patologia afferma che il primo attacco si è manifestato "a ciel sereno", senza precedenti problemi particolari di ansia. La paura che l'attacco si ripeta fa poi scattare il processo di evitamento che finisce per limitare molte attività. «Un attento esame psicologico consente di scoprire che l'evoluzione dei disturbi è invece alquanto diversa - spiega però Elena Tomba -. Infatti, nella maggior parte dei casi è possibile rilevare già prima di quell'attacco di panico la presenza di sintomi ansiosi e di ipocondria, o comunque una sensazione di malessere in concomitanza di determinate situazioni, come fare la coda o frequentare luoghi affollati». I comportamenti di evitamento delle situazioni temute possono presentarsi attraverso il filtro di giustificazioni apparentemente razionali. Ad esempio, chi ha avuto un primo attacco di panico mentre guidava in autostrada, da quel momento dichiara di preferire la guida sulle strade normali per poter meglio osservare il panorama. Le giustificazioni rendono difficile anche per il terapeuta riuscire a cogliere gli specifici oggetti della fobia. «Questo accade anche perché il paziente agorafobico raramente riporta quelle che sono le situazioni fobiche che tende a evitare - aggiunge Tomba -, tutta l’attenzione del paziente è rivolta agli aspetti somatici della sofferenza, come i "giramenti di testa", la mancanza di respiro, le palpitazioni».

LE CAUSE - Una sintomatologia dovuta all'attivazione del sistema nervoso autonomo simpatico, normalmente riservata a vere condizioni di pericolo. A causa di una predisposizione genetica, ma anche di esperienze personali stressanti acute o croniche, in chi soffre di attacchi di panico l'attivazione del sistema nervoso simpatico, mediata da adrenalina e noradrenalina, si mette in moto anche a fronte di situazioni oggettivamente non pericolose, come quelle che si verificano nel corso di un normale viaggio. «Le moderne tecniche di visualizzazione cerebrale hanno consentito di scoprire che in queste persone esistono alterazioni specifiche, ad esempio del locus ceruleus, un crocevia delle vie nervose che basano la loro trasmissione sulla noradrenalina oppure dell'amigdala - chiarisce Fava -. Dal locus ceruleus partono proiezioni nervose che vanno verso il cervelletto, e questo spiega l'insorgenza del tremore negli attacchi di panico. Altre vie nervose raggiungono aree che tengono sotto controllo la pressione arteriosa o la frequenza cardiaca ed è per ciò che durante gli attacchi si sperimenta la tachicardia. Va comunque chiarito che queste specifiche alterazioni nervose possono essere reversibili con il trattamento farmacologico o psicoterapico».