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Nei diabetici più alta la mortalità cardiovascolare associata agli antipertensivi

Il diabete negli Stati Uniti conta oltre 29 milioni di pazienti, molti dei quali sono ipertesi e in trattamento con farmaci che riducono i valori pressori. Ma secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal la terapia antipertensiva potrebbe aumentare la mortalità cardiovascolare nei soggetti con pressione sistolica inferiore a 140 mmHg. Per giungere a queste conclusioni i ricercatori dell'Università di Umea in Svezia hanno raccolto i dati di 49 studi svolti su quasi 74.000 partecipanti con l'obiettivo di approfondire gli effetti degli antipertensivi nei diabetici. E a conti fatti la revisione ha prodotto un risultato sorprendente: nei pazienti diabetici gli effetti di tali farmaci sono legati ai valori di pressione sistolica prima di iniziare il trattamento. «In altri termini, nei casi di sistolica superiore a 150 mmHg prima dell'inizio della cura si osserva, una volta cominciato il trattamento, una riduzione del 25% del rischio di mortalità cardiovascolare» esordisce Bo Carlberg del Dipartimento di salute pubblica e medicina clinica presso l'ateneo svedese, precisando tuttavia che questi benefici non si applicano a chi ha una sistolica inferiore a 140 mmHg. In questo caso l'effetto si inverte e l'assunzione di farmaci antipertensivi si associa a un aumento del 15% del rischio di morte cardiovascolare.

«Questi dati ci rammentano che prescrivere farmaci per ridurre la pressione è di fondamentale importanza soprattutto nei casi in cui la sistolica supera i 140 mmHg» riprende il ricercatore, sottolineando che i risultati ottenuti si basano quasi esclusivamente su dati raccolti da pazienti con diabete di tipo 2, e potrebbero non essere applicabili a quelli con diabete di tipo 1. «È possibile che la terapia antipertensiva nei diabetici con sistolica inferiore a 140 mmHg possa provocare episodi ischemici» ipotizzano gli autori, rilevando che il recente studio SPRINT, da cui emerge che un trattamento antipertensivo mirato a una sistolica pari o inferiore a 120 mmHg riduce di un terzo ictus e infarti e di un quarto la mortalità negli ipertesi dai 50 anni in su, non comprende pazienti diabetici.

Bmj. 2016. doi: 10.1136/bmj.i717

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26920333

Tratto da: Medicinainterna33, 08 marzo 2016