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Quando la pressione ballerina fa male alla mente

Non conta soltanto quanto è alta, anche le fluttuazioni nella pressione sono dannose. Soprattutto per il cervello.

Ictus, infarto, problemi al cuore: sono tutte conseguenze cui può andare incontro chi ha una pressione arteriosa non ben controllata. Ecco allora che medici e pazienti si concentrano sui valori della forza che il sangue esercita sulle pareti dei vasi, sia quando il cuore si contrae, pressione sistolica o massima sia quando si riempie di sangue, pressione diastolica o minima. Numeri che nelle condizioni ottimali dovrebbero assestarsi rispettivamente sui 120/80 mmHg, o comunque non superare i 140/90 mmHg.

Non sarebbe, però, solo questione di valori pressori in sé. Da qualche anno i cardiologi danno sempre più importanza anche alle variazioni di tali misurazioni. La probabilità di ictus, infarto, insufficienza cardiaca e altri disturbi cardiovascolari, secondo uno studio statunitense condotto su oltre 25 mila persone, aumenterebbe nei casi in cui i valori di pressione sistolica e diastolica fluttuano in modo consistente da visita a visita.

Ma i rischi di una pressione instabile non si limiterebbero alla salute di cuore e arterie. Alcuni studiosi del Rutgers Cancer Institute, in New Jersey, ritengono che possano esserci pericoli anche per le capacità cognitive. In uno studio apparso sulla rivista Hypertension, la ricercatrice Bo Qin ha guidato un’indagine quinquennale su circa 1000 adulti con più di 55 anni.

Dopo aver valutato le misurazioni della pressione arteriosa eseguite durante le visite mediche, Qin e colleghi hanno evidenziato un più rapido deperimento cognitivo in chi presentava una maggiore variabilità pressoria da visita a visita. In particolare, i ricercatori hanno riscontrato un più veloce deterioramento della memoria verbale, quella cioè collegata alla capacità di ricordare parole e ad altri aspetti del linguaggio.

Il campione di individui considerato e la durata dello studio non sono tali da stabilire certezze. Serviranno altre ricerche per confermare e meglio spiegare quanto osservato, ma i dati raccolti spingono sempre più a non focalizzarsi solo sui valori medi di pressione sistolica e diastolica di ogni individuo.

«L’importanza della variabilità pressoria tra le visite dal medico viene spesso trascurata perché considerata un fenomeno casuale o legata all’uso di farmaci antipertensivi, ma il nostro studio ribadisce che questo parametro potrebbe invece fornire informazioni rilevanti per la salute del paziente», dichiara Qin.

I valori della pressione che fluttuano nel tempo potrebbero segnalare un’instabilità del flusso sanguigno che, a lungo andare, causerebbe danni ai vasi più sottili presenti a livello cerebrale, con conseguenti cambiamenti nella struttura e nella funzionalità del cervello stesso. Inoltre, tale variabilità potrebbe sottintendere anche altri processi patologici, come ad esempio quelli infiammatori e di alterazione della funzionalità vasale.

Il tutto è ancora da verificare, ma sembra che non basti solo stare alla larga dai 140/90 mmHg. Occorre anche che la pressione arteriosa sia il più stabile possibile. I valori di pressione sistolica e diastolica variano normalmente durante la giornata anche in individui sani, ma quando le oscillazioni si fanno più consistenti e vengono rilevate a distanza di tempo, tra una visita di controllo e l’altra, meglio non trascurare la cosa e intervenire.

Riuscire a tenere sotto controllo l’instabilità pressoria, secondo i ricercatori, potrebbe essere una strategia non solo per meglio preservare la salute cardiovascolare, ma anche le funzioni cognitive, specialmente in soggetti a rischio come gli anziani.

Tratto da: Healthdesk, Cristina Gaviraghi, 21 Giugno 2016