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Diabete: ecco la a “top 5” delle prestazioni più utili per i bisogni dei pazienti

L’Associazione Medici Diabetologi (Amd) ha misurato l’impatto delle prestazioni diabetologiche sulla salute dei pazienti. Non si tratta di una semplice indagine conoscitiva, ma di una vera e propria valutazione scientifica condotta con un metodo validato – SROI (Social Return of Investment). È la prima volta che un’analisi di questo tipo viene condotta in Europa.

L’obiettivo del progetto, dal nome “Diabetes & Intelligence” (Dia&Int), è comprendere l’effettiva utilità di ciascun intervento del diabetologo – e quindi di ogni prestazione offerta ai pazienti.

Dall’indagine, che ha coinvolto oltre 200 medici diabetologi aderenti alla società scientifica, è emerso che la “top 5” delle prestazioni e degli standard organizzativi più utili nel soddisfare il bisogno di salute della persona con diabete sono, in ordine di efficacia, la terapia educazionale, personalizzazione del piano terapeutico, diagnosi e la valutazione biomedica, la concreta valutazione della fragilità del paziente, e ancora la garanzia dell’autocontrollo glicemico. Al sesto posto c’è l’utilizzo della cartella clinica informatizzata. Quali sono gli effetti positivi di questi 5 interventi?

Al primo posto si trova l’ottimizzazione del controllo metabolico, al secondo il controllo dei fattori di rischio cardiovascolare, seguono la riduzione delle ospedalizzazioni e degli accessi al pronto soccorso, la riduzione delle giornate di degenza dei pazienti eventualmente ospedalizzati, e in quinta piazza l’aumento dell’appropriatezza nell’utilizzo di tutte le tecnologie disponibili per le persone con diabete.

«Una volta definiti gli outcome e le azioni prioritarie che li determinano - afferma Nicoletta Musacchio, Presidente Amd - sarà possibile individuare un modello ideale di attività che risponde ai bisogni di malattia e ai bisogni della persona con diabete. Il passo successivo sarà quello di mettere a confronto questa situazione ‘ideale’ con quella reale. Saremo quindi in grado di identificare e colmare gap o aree di scostamento tra il piano assistenziale delineato nel Piano Nazionale Diabete e il modus operandi del diabetologo, caratterizzato da specificità che, ad oggi, non sono ancora implementate uniformemente nei percorsi di cura, come pure negli organigrammi aziendali».

Tratto da: Healthdesk, 05 marzo 2017