Nei pazienti diabetici la terapia cognitivo comportamentale può essere utile
La terapia cognitivo-comportamentale può aiutare a prevenire i disturbi psicologici a cui spesso gli adulti con diabete vanno incontro dopo la diagnosi della malattia, con conseguenti vantaggi sul controllo glicemico e altri aspetti di salute, riferisce uno studio pubblicato su Diabetic Medicine.
Chi soffre di diabete, malattia cronica e progressiva che causa problemi fisici, sociali e psicologici, è più a rischio di sviluppare problemi di salute mentale concomitanti. Il diabete infatti raddoppia le probabilità di depressione e il 14% delle persone con diabete soffre di ansia. «Il rapporto tra diabete e disturbi psichiatrici concomitanti è complesso e bidirezionale, perché le patologie si influenzano tra di loro e sono influenzate da percorsi biologici, e da fattori sociali e psicologici» affermano gli autori dello studio, Chinenye Uchendu e Holly Blake della School of Health Sciences alla University of Nottingham, nel Regno Unito.
I ricercatori hanno effettuato una revisione sistematica su dodici studi randomizzati controllati, individuati tramite i principali database, che hanno valutato l'efficacia della terapia cognitivo-comportamentale su almeno un fattore correlato al diabete di tipo 1 e 2 negli adulti tra controllo glicemico, angoscia, depressione, ansia e qualità della vita nel breve, medio e lungo termine.
La terapia cognitivo-comportamentale è risultata efficace nel ridurre il controllo glicemico a breve e medio termine, anche se non è stato riscontrato un effetto significativo sul controllo glicemico a lungo termine. La terapia ha migliorato ansia e depressione a breve e medio termine, e la depressione anche a lungo termine. Risultati misti sono stati riscontrati per lo stress e la qualità della vita correlata al diabete. Il miglioramento del controllo glicemico potrebbe essere attribuito all'effetto della terapia nel modificare atteggiamenti e credenze riguardo al diabete e dal diverso approccio della gestione della malattia. Il fatto che non perduri nel tempo potrebbe essere legato ad interventi troppo brevi, che necessiterebbero di essere ripetuti a distanza.
In conclusione, come riferiscono gli autori, gli approcci basati sulla terapia cognitivo-comportamentale possono essere di beneficio ai pazienti, e dovrebbero essere incorporati nei programmi sanitari per migliorare la salute psicologica e creare strategie di convivenza con la malattia per una migliore autogestione, che porta un migliore controllo del diabete e una qualità di vita più elevata.
Diabet Med. 2017. doi: 10.1111/dme.13195
Tratto da: Diabetologia33, 08 marzo 2017