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Telemedicina in diabetologia: vantaggi clinici e sostenibilitā per il Ssn

Nell'ambito del XXI Congresso Nazionale dell'Associazione Medici Diabetologi (Amd) un'intera sessione è stata dedicata alla telemedicina. Ne parliamo con Antonio Nicolucci, direttore del Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology (Coresearch) di Pescara.

Perché si è scelto di dare così risalto a questa tematica?

La telemedicina è uno strumento complementare alle cure tradizionali nella gestione delle patologie croniche, nello specifico delle persone con diabete. I sistemi sanitari hanno davanti la sfida di dover rivoluzionare le modalità di erogazione dell'assistenza, che deve necessariamente passare da un modello realizzato soprattutto sulle acuzie, e quindi sull'ospedalizzazione, a un modello rivolto invece primariamente alle patologie croniche, alla prevenzione e, quindi, alle cure trasferite dal regime di ricovero alle cure territoriali e ambulatoriali, in linea con il concetto di cura centrata sulla persona.

Qual è il punto della situazione sotto il profilo normativo?

Per far fronte a queste problematiche, già nel 2008 la Commissione Europea (Ce) aveva prodotto un documento di indirizzo per i Paesi membri, focalizzato sull'uso della telemedicina per il beneficio dei pazienti, dei sistemi di cura e della società. Il testo voleva sostenere la CE nel passare da una fase sperimentale a piccolo raggio a una condizione in cui la telemedicina potesse a tutti gli effetti diventare parte integrante di erogazione delle cure dei sistemi sanitari dei Paesi membri, creare fiducia nella telemedicina favorendone l'accettazione e portare chiarezza giuridica su una problematica importante come quella del trasferimento di dati sensibili sullo stato di salute, oltre che risolvere problemi tecnici poi in gran parte superati grazie alla evoluzione delle tecnologie. Questo documento comunitario è stato recepito nel 2012 in Italia: il Consiglio Superiore di Sanità ha istituito un panel di esperti il quale ha prodotto le linee di indirizzo nazionale, con l'obiettivo di creare i presupposti affinché i servizi di telemedicina fossero completamente integrati nella pratica clinica, per fornire risposte efficaci ai bisogni di salute della cittadinanza e all'espandersi nel tempo delle malattie croniche. Tale documento è stato ratificato dalla Conferenza Stato Regioni nel 2014 ed è di fatto il documento di riferimento per mettere in atto strategie di implementazione della telemedicina sul territorio nazionale.

Quali vantaggi sono attesi dalla telemedicina?

Occorre innanzitutto precisare due aspetti fondamentali: da un lato i servizi di telemedicina devono essere assimilati a qualsiasi servizio diagnostico-terapeutico, ovvero all'erogazione di una prestazione medica, dall'altro la telemedicina non si sostituisce alle prestazioni sanitarie tradizionali e non crea una distanza tra medico e paziente, ma, anzi, integra l'assistenza tradizionale con la possibilità di migliorare l'efficacia, l'efficienza e la correttezza delle prestazioni. Quello che ci si aspetta dalla telemedicina è maggiore equità di accesso all'assistenza sanitaria perché rende possibile il monitoraggio in remoto di una serie di parametri, consentendo di superare le barriere di accesso sia di tipo geografico sia di tipo logistico per le persone che non vivessero vicine al centro erogatore della prestazione. Inoltre, è possibile colmare l'intervallo che esiste tra una visita e l'altra: le persone con diabete sono viste presso la struttura specialistica in media 2-3 volte l'anno, mentre con la telemedicina è possibile raccogliere in tempo reale informazioni su vari parametri durante tutto l'arco di tempo che passa da una visita alla successiva, quindi con un monitoraggio molto più efficace e la possibilità di intervenire da parte del dell'operatore sanitario qualora ci fossero valori fuori range. Tutto questo dovrebbe migliorare l'efficacia, l'efficienza e l'appropriatezza e quindi contribuire al contenimento della spesa: ci sono dati che dimostrano come (grazie al miglioramento del profilo glicemico, lipidico, pressorio) sia possibile ridurre non solo il numero di visite specialistiche, ma soprattutto di accessi al pronto soccorso o di ricoveri.

Perché la telemedicina è così rilevante in diabetologia?

La diabetologia è un modello paradigmatico, perché richiede grande continuità assistenziale non solo in termini diagnostico-terapeutici, ma anche educativi e questo può essere fatto molto bene adottando il modello di “telesalute”, che prevede una struttura intermedia tra il medico e il paziente che viene coinvolto attivamente e che più si adatta al concetto di cure croniche centrate sulla persona. Oltre al monitoraggio dei parametri, cioè, esiste un'entità terza tra l'operatore sanitario e il paziente che è appunto un centro di telesalute con un monitor che ha accesso ai dati e avvisa il medico quando ci sono parametri fuori range, ma soprattutto può effettuare interventi mirati sulla persona attraverso contatti telefonici, con una possibilità continuativa di messaggi educativi non generici, ma basati sulle specifiche necessità. A tale proposito, il neoeletto presidente Domenico Mannino ha annunciato che nel suo mandato biennale sarà sua intenzione promuovere una sperimentazione su ampia scala sul territorio nazionale di telesalute e di monitoraggio da remoto di una serie di parametri, come strumento di gestione dell'economicità nelle persone con diabete di tipo 2 a rischio di ipoglicemia, perché trattate con sulfaniluree o con insulina, e nelle donne con diabete gestazionale. Questi dati dovrebbero portare evidenze di utilizzabilità, efficacia e sostenibilità nella pratica clinica degli approcci di telemedicina, che possono facilitare i decisori politici nel riconoscere a tutti gli effetti l'erogazione dell'assistenza della telemedicina come parte della normale pratica clinica e quindi prevedere una tariffa di rimborso della prestazione sanitaria quando erogata in regime di telemedicina.

Tratto da: Diabetologia33, 08 giugno 2017