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L’ipertensione arteriosa sistolica isolata nel giovane adulto: un problema emergente

A giugno 2017 si è svolto a Padova un simposio satellite dell’European Society of Hypertension, nel quale esperti a livello mondiale hanno affrontato il tema dell’ipertensione arteriosa sistolica isolata (ISH) nel giovane adulto. L’ISH si caratterizzata per valori pressori clinici di pressione arteriosa sistolica > 140 mmhg, e diastolica < 90 mmHg e rappresenta la forma più comune di ipertensione nell’anziano con un ben evidente ruolo predittivo per gli eventi cardiovascolari (1). Tuttavia l’ISH può essere riscontrata frequentemente anche negli individui più giovani ed in passato è stata indicata come ipertensione spuria, una condizione benigna associata ad una maggiore amplificazione dell’onda sfigmica dalle arterie centrali a quelle periferiche o all’aumento dell’attività simpatica con elevata frequenza cardiaca e stroke volume. Questo fenomeno è spesso amplificato dalla reazione d’allarme alla visita medica. L’ISH nel giovane è una condizione di sempre maggiore riscontro (2,3), con incidenza variabile in base ai fattori concomitanti come l’età, etnia ed obesità. Lo studio ENIGMA in Inghilterra ha mostrata che si tratta della forma più comune di ipertensione nel giovane tra i 17 e i 18 anni, con una prevalenza dell’8% (2). Negli ultimi anni gli esperti hanno dibattuto sui possibili meccanismi, la rilevanza clinica e quindi la necessità o meno di trattamento. Come già commentato la ISH è stata attribuita ad un’esagerata amplificazione della pressione arteriosa dalle arterie centrali a quelle periferiche per modificazioni della rigidità/elasticità arteriosa e dello stroke volume. Nello studio Anglo-Cardiff Collaborative trial (4) è stato riscontrato un moderato aumento della pressione di amplificazione, ma soprattutto un aumento dello stroke volume nei soggetti con ISH rispetto ai normotesi. Qualsiasi sia il meccanismo implicato, questi soggetti differiscono da quelli con ipertensione sisto/diastolica, nei quali prevale l’incremento delle resistenze vascolari periferiche (2). (figura 1).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il significato clinico dell’ISH non è stato ancora chiaramente messo in evidenza, per la mancanza di studi prospettici nel giovane con ISH. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che l’ISH del giovane possa essere associato con un aumentato rischio cardiovascolare. La pressione arteriosa sistolica ha differenti traiettorie dall’adolescenza all’età adulta (5) che possono essere utilizzate per individuare i soggetti a rischio di ISH. Dati del National Health and Nutrition Examination Survey (1999–2004) negli Stati Uniti hanno osservato che l’ISH era associata a sesso maschile, obesità, fumo di sigaretta e un più basso livello di educazione (6). Inoltre, una pressione arteriosa sistolica elevata si associa ad un aumento del rischio cardiovascolare anche nel giovane. In più d 10000 studenti dell’Università di Harward con età media di 19 anni (7), valori di pressione sistolica superiori a 130 mm Hg, il peso normalizzato per l’altezza e il fumo di sigaretta sono risultati predittivi di ictus non mortale in un follow-up periodo di 26-50 anni. Un altro studio su circa 8300 studenti dell’Università di Glasgow, con età media 20 anni e seguiti per 41 anni (8), ha mostrato che la pressione arteriosa sistolica era associate con un aumentato rischio di morbilità e mortalità coronarica. La maggiore evidenza che l’ISH si associ di per sé ad un maggior rischio di eventi cardiovascolari future deriva dal Chicago Heart Association Detection in Industry program (3). Questo studio ha esaminato circa 16000 uomini e 11000 donne con età media di 34 anni. Nel follow-up di 331 anni sono stati registrate 1728 morti per malattie cardiovascolari, di cui 1168 per malattia coronarica e 223 per ictus. In entrambi i sessi i pazienti con ISH hanno mostrato un aumentato rischio di mortalità per cause cardiovascolari e coronariche rispetto ai soggetti con valori pressori normali, suggerendo per la prima volta che l’ISH del giovane-adulto rappresenta una condizione da non sottovalutare. Lo studio italiano HARVEST (Hypertension Ambulatory Recording Venetia Study), ha valutato il ruolo predittivo della pressione di pulsazione in 1241 soggetti con età media di 33 anni (9). Durante il follow-up di 12 anni il 65.1% dei partecipanti ha sviluppato ipertensione con necessità di trattamento farmacologico ed il 5% ha presentato un evento cardiovascolare. I pazienti che rientravano nel terzile più elevato di pressione di pulsazione presentavano un rischio minore di sviluppare ipertensione ed eventi cardiovascolari rispetto a ipertensione, mentre erano più a rischio i soggetti nel terzile più elevato di pressione arteriosa media. Il punto cruciale dell’attuale discussione degli esperti riguarda la necessità o meno di trattare farmacologicamente i giovani con ISH (10,11). Sulla base degli studi sopracitati, Il razionale del trattamento farmacologico dell’ISH nel giovane (10) risiederebbe nel fatto che questa condizione non può essere considerata benigna, anche in assenza di danno d’organo subclinico, che dovrebbe essere prevenuto appunto con la terapia farmacologica. In quest’ottica è suggerito che l’elevata gittata sistolica che caratterizza l’ISH potrebbe essere un biomarcatore di rischio e bersaglio della terapia. Pertanto per normalizzare la pressione arteriosa nei giovani con ISH sarebbero da preferire le strategie che riducano l’output cardiaco (es. beta-bloccanti). Altri esperti sono contrari a questo approccio in quanto sostengono che gli studi epidemiologici sono comunque di numero limitato, eseguiti in pazienti giovani-adulti, nei quali l’ISH non è stata valutata separatamente inoltre, la valutazione dell’output cardiaco non è disponibile diffusamente e quindi clinicamente poco utilizzabile e che non esistono studi di intervento a supporto dell’utilizzo dei farmaci (11). Pertanto l’ISH nel giovane, in assenza di danno d’organo precoce, dovrebbe essere considerata ancora un fenotipo con sviluppo non facilmente prevedibile, nel quale è necessario al momento dare indicazioni sul trattamento non farmacologico attraverso corretti stili di vita che agiscano sui fattori (obesità, eccesso di sale nella dieta) che ne possano condizionare la progressione verso l’ipertensione stabile e gli eventi cardiovascolari.

Lorenzo Ghiadoni

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa

 

Bibliografia

1.Mancia G, el al. J Hypertens. 2013;31:1281–1357.

2. McEniery CM, et al. Hypertension. 2005;46:221–226.

3. Yano Y, et al. J Am Coll Cardiol. 2015;65:327–335

4. McEniery CM, et al. Hypertension. 2008;51:1476–1482.

5. Theodore RF, et al. Hypertension. 2015;66:1108–1115.

6. Grebla RC, et al. J Hypertens. 2010;28:15–23.

7. Paffenbarger RS, Jr, et al. Am J Epidemiol. 1971;94:524–530

8. McCarron P, et al. Lancet. 2000;355:1430–1431.

9. Saladini et al. Hypertens 2017; in corso di stampa

10. McEniery CM, et al. Hypertension. 2016;68:269–275.

11. Lurbe E, et al. Hypertension 2016;68:276–280.

 

Tratto da: Cardiolink, 08 dicembre 2017