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Diabete. I medici ci pensano troppo prima di cambiare una terapia che non funziona

Sebbene la glicemia resti fuori controllo, in pochi casi le cure vengono intensificate

Dopo sei mesi di terapia la condizione dei pazienti non migliora. Eppure i medici sono restii a cambiare farmaci e dosaggio. Nel caso del diabete 2 succede spesso, almeno negli Usa, secondo uno studio appena pubblicato su Diabetes Care.

I ricercatori hanno scoperto che solamente un terzo dei pazienti che, nonostante le medicine, continuano ad avere valori sballati di zucchero nel sangue vengono indirizzati a nuovi farmaci, nuovi dosaggi o nuove terapie a base di insulina.

L’indagine è stata condotta alla Cleveland Clinic in Ohio. All’inizio del periodo di osservazione tutti i 7.389 pazienti coinvolti erano in cura con due farmaci orali da almeno 6 mesi. Ma i loro livelli di emoglobina glicata (HBA1c), un valore indicativo dei valori medi di zucchero nel sangue nei tre mesi precedenti, restavano fuori controllo. Più precisamente: i valori di HbA1C indicativi di diabete sono quelli superiori a 6,5, tutti i pazienti dello studio avevano almeno 7.

In casi come questi le linee guida statunitensi invitano i medici a ricorrere a trattamenti più intensi, ma il consiglio è stato seguito solamente per il 37 per cento dei pazienti.

«In generale - spiega Kevin Pantalone del Cleveland Clinic in Ohio - se un paziente ha una emoglobina glicata superiore alla norma, quel valore rimarrà lo stesso oppure peggiorerà, ma normalmente non migliora».

Quando il diabete non viene ben controllato e i valori di zucchero nel sangue restano alti, i pazienti rischiano complicanze anche gravi come la cecità, l’amputazione del piede, danni renali, malattie cardiache e ictus.

Troppo spesso i dottori e i pazienti trovano qualche ragione per non intensificare le terapie. A volte è il paziente che promette al proprio medico per l’ennesima volta di impegnarsi di più con l’attività fisica e la corretta alimentazione. Altre volte è il medico a temporeggiare: “ci siamo quasi, vediamo come va per altri tre mesi e poi casomai passiamo ad altro”. Comunque sia, in questo modo i valori dell’emoglobina glicata raramente migliorano.

L’indagine è stata condotta raccogliendo le informazioni sulla salute di 7.389 pazienti con diabete 2 di difficile gestione in cura alla Cleveland Clinic tra 2005 e il 2016. È emerso che la resistenza dei medici a cambiare terapia dipende dalla gravità dei valori di emoglobina glicata. Quando i livelli sono molto alti le nuove prescrizioni arrivano più facilmente. Nel dettaglio: tra i pazienti con livelli di HbA1C tra 7 e 7,9, solamente il 28 per cento è stato indirizzato a nuove terapie, mentre in presenza di valori tra 8 e 8,9 il cambio di trattamento ha riguardato il 47 per cento dei pazienti e con livelli superiori a 9 la quota è salita al 60 per cento.

«I pazienti dovrebbero essere coinvolti in prima persona nel controllo quotidiano degli zuccheri nel sangue, conoscere quali dovrebbero essere i loro livelli target e rispettare gli appuntamenti periodici con il loro medico», ha detto Vanessa Arguello della David Geffen School of Medicine della University of California, Los Angeles. «Se i pazienti hanno valori di zuccheri nel sangue al di sopra dei livelli target, questo potrebbe essere un segnale di avvertimento che li dovrebbe spingere a parlare con il proprio medico sulla possibilità di un approccio diverso nella gestione del diabete».

Tratto da: Healthdesk, 02 giugno 2018