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Diabete 2, Dulaglutide previene eventi cardiovascolari e renali

L'agonista del recettore del glucagon-like peptide 1 (GLP-1) dulaglutide, può aiutare a prevenire gli eventi cardiovascolari negli adulti ad alto rischio con diabete di tipo 2, in base ai risultati dello studio REWIND, presentati alle Scientific Sessions della American Diabetes Association e pubblicati su Lancet dal gruppo di lavoro guidato da Hertzel Gerstein, della McMaster University and Hamilton Health Sciences diHamilton, Canada. Circa 9.900 adulti di età pari o superiore a 50 anni, provenienti da 371 centri in 24 paesi, con emoglobina A1c pari a 9,5% o inferiore rilevata durante il periodo di assunzione di almeno due agenti ipoglicemizzanti orali, sono stati randomizzati ad aggiungere dulaglutide per via sottocutanea (1,5 mg) o placebo ogni settimana alla propria terapia. I partecipanti erano già andati incontro a un evento cardiovascolare o presentavano comunque fattori di rischio cardiovascolare. Ebbene, durante un follow-up mediano di cinque anni, l'esito primario, costituito da un composito di infarto miocardico, ictus o morte per malattia cardiovascolare o cause sconosciute, si è verificato significativamente meno spesso nel gruppo trattato con aggiunta di dulaglutide rispetto al gruppo gestito con placebo (12,0% rispetto a 13,4%). In una seconda analisi esplorativa, sempre pubblicata su Lancet, gli stessi ricercatori hanno anche rilevato che dulaglutide è stato in grado di ridurre il rischio di un esito renale composito, mostrando un chiaro effetto sulla progressione verso la macroalbuminuria. Secondo i ricercatori, dulaglutide potrebbe quindi essere considerato adatto per la gestione del diabete in questa popolazione di pazienti. «Se vogliamo ridurre le complicanze del diabete, dovremo superare l'inerzia clinica e abbracciare presto quelle terapie che modificano la malattia e preferibilmente in combinazione. Lo studio REWIND dà una forte indicazione a questo riguardo» commentano in un editoriale correlato Subodh Verma e David Mazer, della University of Toronto, e Vlado Perkovic, della University of New South Wales di Sydney, Australia.

Lancet 2019. Doi: 10.1016/S0140-6736(19)31149-3

https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(19)31149-3/fulltext

Lancet 2019. Doi: 10.1016/S0140-6736(19)31150-X

https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(19)31150-X/fulltext

Lancet 2019. Doi: 10.1016/S0140-6736(19)31267-X

https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(19)31267-X/fulltext

Tratto da: Doctornews, 18 giugno 2019