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Tutti i dubbi sulle statine. Sono utilissime, ma non nelle persone sane

Benefici? Pochi e incerti. Rischi? Possibili e preoccupanti. Sembra la classica situazione da liquidare con un rapido verdetto: il gioco non vale la candela. Ed è quello che ha fatto un gruppo di ricercatori irlandesi chiamato a valutare l’utilità delle statine per le persone a basso rischio cardiovascolare. I vantaggi per questo gruppo di persone sono, nel migliore dei casi, “marginali” e non certo superiori ai rischi dei potenziali eventi avversi.

Lo studio pubblicato sul Bmj è l’ennesimo capitolo da aggiungere alla storia infinita delle statine, i più diffusi e discussi farmaci anti colesterolo, con un fatturato globale previsto per il 2020 di mille miliardi di dollari. Sul loro conto è stato detto di tutto: sono efficaci ma rischiosi, poco efficaci, poco rischiosi, buoni per tutti, adatti solo a pochi, adatti a molti ma non a tutti ecc…

Nel caso specifico, tre ricercatori della National University of Ireland Galway hanno voluto testare l’efficacia delle statine nella cosiddetta prevenzione primaria, in persone cioè senza malattia cardiaca e non particolarmente a rischio.

Questa categoria di “pazienti sani” si è ritrovata nel gruppo dei candidati al trattamento da quando le linee guida per l’uso di questa categoria di farmaci sono diventate più “accoglienti”, con criteri di selezione meno rigidi. Pur considerando le differenze spesso sostanziali tra i diversi documenti, molte società scientifiche consigliano infatti l'uso delle statine sia in prevenzione secondaria (per esempio pazienti con aterosclerosi o che hanno già sofferto di un evento cardiovascolare) sia in prevenzione primaria, vale a dire pazienti a rischio di incorrere in un evento negli anni successivi.

È su quest'ultimo aspetto che si è concentrata l'attenzione dei ricercatori: negli ultimi anni le linee guida hanno continuamente ridefinito la fetta di pazienti a rischio finendo per ampliare notevolmente la popolazione potenzialmente candidabile al trattamento preventivo con statine. «La proporzione del nostro campione di ultracinquantenni che potrebbero essere elegibili per l'assunzione delle statine è aumentata dall'8% delle linee guida del 1987 al 61% delle linee guida del 2016».

Si tratta di un ampliamento della platea giustificato dai benefici offerti da questi farmaci a queste persone?

Per rispondere i ricercatori hanno esaminato i benefici delle statine nella prevenzione primaria in persone con un'età media di 62-69 anni in terapia per 1-5 anni basandosi sui dati di tre precedenti studi condotti in Irlanda. Complessivamente le persone in trattamento preventivo con le statine mostravano una riduzione di mortalità per tutte le cause del 9%, per cause vascolari del 15%, di eventi coronarici del 29% e di eventi vascolari maggiori del 25%. Tuttavia, osservano i ricercatori, «il beneficio netto o la riduzione in valori assoluti del rischio ottenuta con l'assunzione delle statine dipende dal rischio di base di una persona».

Più questo è basso, minori sono i benefici.

Tanto che, concludono i ricercatori, la nostra analisi ha suggerito che nessuno dei pazienti classificati come a rischio basso o moderato in prevenzione primaria raggiungerebbe livelli di riduzione del rischio tali da giustificare l'assunzione di un farmaco preventivo giornaliero».

Per questo, concludono «in questo scenario le statine possono essere un esempio di cure di basso valore e, in alcuni casi, rappresentano uno spreco di risorse sanitarie» consigliando «una considerazione più attenta» all'uso e al rimborso delle statine nella prevenzione primaria

Tratto da: Healthdesk, 28 ottobre 2019