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Due o tre iniezioni all'anno per far calare il colesterolo «cattivo»

Confermata l'efficacia di Inclisiran (siRna) nel trattamento delle gravi forme di ipercolesterolemia. Il farmaco dovrebbe essere disponibile nel 2021.

Due, al massimo tre iniezioni all’anno. Sono quelle che potrebbero essere sufficienti per chi ha la necessità di far calare drasticamente (almeno del 50 per cento) i livelli di colesterolo «cattivo» primo fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (causa di oltre 40mila decessi in Italia, nel 2017). È questa la prospettiva che potrebbe diventare realtà quando i «long acting drugs» (farmaci a lunga durata d’azione) per controllare l’ipercolesterolemia arriveranno sul mercato. Un momento che potrebbe non essere così lontano, in ragione dei nuovi dati di efficacia fatti registrare dalla prima di queste molecole (Inclisiran) in due studi di fase 3 pubblicati sul New England Journal of Medicine. In entrambi i casi, è stato osservato un dimezzamento dei livelli di colesterolo Ldl in pazienti che presentavano un notevole restringimento del lume delle coronarie (conseguenza del processo di aterosclerosi) e che non riuscivano a trarre giovamento dal ricorso ai farmaci già disponibili.

OLTRE 40MILA DECESSI IN UN ANNO PER IL TROPPO COLESTEROLO

Portare verso il basso i livelli di colesterolo Ldl - i valori raccomandati vanno da 115 per chi è sano fino a 40, se si è già avuto un infarto o un ictus - è la strategia più efficace per ridurre l’impatto delle malattie cardiovascolari. Al di là del fumo di sigaretta, il principale fattore di rischio che promuove la aterosclerosi è rappresentato dall'accumulo del colesterolo «cattivo» nei vasi sanguigni. Quando si è sani, una dieta ricca di vegetali e povera di grassi e l’attività fisica possono essere sufficienti a proteggerci. Ma una volta che il processo di «indurimento» delle arterie è avanzato, ricorrere ai farmaci è l’unica opportunità per prevenire la complicanza più grave dell’ipercolesterolemia: l’insorgenza degli eventi acuti cardio (infarti) e cerebrovascolari (ictus). Più che il valore totale del colesterolo, è la quota di quello Ldl a richiedere maggiori attenzioni. Depositandosi nelle arterie, la frazione «cattiva» si accumula e finisce per ostruire il flusso del sangue. Un problema sentito anche in Italia dove, nel 2017, sono stati 47mila i decessi per cause attribuibili a valori di Ldl troppo elevati. Da qui, non esistendo un limite minimo di colesterolo «cattivo» assolutamente sicuro, la decisione di puntare verso valori ancora più contenuti.

PRESTO UN'ARMA IN PIU' PER CONTROLLARE IL COLESTEROLO

L’«arsenale» terapeutico per ridurre i livelli di colesterolo Ldl conta diversi rimedi. La base per il trattamento è rappresentata dalle statine: somministrate da sole o in abbinamento con l’ezetimibe. Non sempre, però, la loro assunzione si rivela sufficiente, soprattutto nelle persone ad alto rischio (per familiarità o per precedenti eventi cardiovascolari). L'alternativa, in questi casi, è rappresentata dagli anticorpi monoclonali, assunti tramite iniezioni sottocutanee quindicinali o mensili. Fino a pochi mesi fa, potevano essere prescritti solo a chi è affetto da ipercolesterolemia familiare, ma ora l’indicazione è estesa a tutti i pazienti ad alto rischio. A questo armamentario contano di aggiungersi prossimamente farmaci come l’Inclisiran. Oltre che a rappresentare l’extrema ratio per chi non dovesse aver raggiunto l’obbiettivo con le altre molecole disponibili, il vantaggio di ricorrervi deriverebbe dalla frequenza con cui verrebbe assunto.

MIGLIORARE L'ADERENZA ALLE CURE

Nei due studi, la molecola è stata somministrata (per via sottocutanea, in dosi da 300 milligrammi) nel «giorno 1», dopo tre e nove mesi: determinando il dimezzamento dei livelli di colesterolo Ldl, fino a 15 mesi dall’inizio della ricerca. Ma nelle conclusioni del lavoro, i ricercatori spiegano che anche «una iniezione ogni sei mesi (due volte all’anno, ndr) garantirebbe una riduzione del colesterolo Ldl di quasi il 50 per cento». Un vantaggio di non poco conto, che richiederebbe un minor sacrificio ai pazienti (non più chiamati ad assumere un farmaco con maggiore frequenza) e di conseguenza migliorerebbe la loro aderenza alle terapie. Farmaci come l'Inclisiran vengono definiti «long acting drug» e di simili ve ne sono già diversi in uso: per curare l’Hiv (antivirali), l’emicrania (anticorpi monoclonali) e la schizofrenia (antipsicotici).

COME FUNZIONA INCLISIRAN?

Inclisiran è un siRna, il primo ipocolesterolemizzante giunto a una fase così avanzata della sperimentazione. Interagendo con l'Rna messaggero (mRna), l'Rna a corta catena (siRna) innesca il «silenziamento» del gene che codifica per l'enzima PCSK9. Compito di quest'ultimo è ridurre il numero di recettori che legano le lipoproteine a bassa densità (Ldl) e favoriscono l'assorbimento della frazione più pericolosa del colesterolo all'interno delle cellule (rimuovendolo dal circolo sanguigno). Al contrario, aumentando il numero di recettori di superficie, molecole come Inclisiran favoriscono la rimozione del colesterolo «cattivo» dalle arterie e l'assorbimento a livello epatico. La Gran Bretagna - nell'ambito di una sperimentazione - ha già deciso di «offrire» l’Inclisiran a ventimila cittadini affetti da ipercolesterolemia familiare o ad alto rischio di insorgenza di un nuovo ictus o infarto. In Italia, il farmaco potrebbe essere disponibile nel 2021.

Tratto da: Fondazione Veronesi, Fabio Di Todaro, 07 aprile 2020