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Esc 2020, in evidenza i benefici effetti cardiovascolari e renali di empagliflozin

Tra gli studi presentati al Congresso Esc sicuramente l'Emperor-Reduced, condotto con empagliflozin, è stato tra i più rilevanti. Chiediamo a Michele Senni, direttore Dipartimento cardiovascolare e dell'Unità di cardiologia dell'Ao Papa Giovanni XXIII di Bergamo, di illustrare le caratteristiche fondamentali dello studio. «Lo studio Emperor-Reduced è uno studio randomizzato, in doppio cieco, in cui l'empagliflozin - che è un farmaco già normalmente utilizzato nei pazienti diabetici, a una dose unica di 10 mg - è stato testato vs placebo» spiega Senni. «Sono stati arruolati 3.730 pazienti con scompenso cardiaco a funzione sistolica ridotta, con frazione d'eiezione inferiore o uguale al 40%. L'età media dei pazienti arruolati è stata di 67 anni ed è stato prevalente il sesso maschile. I pazienti si trovavano in una classe funzionale NYHA II, III o IV». Va sottolineato che metà dei pazienti non aveva diabete mellito, aggiunge Senni. «La caratteristica di questi pazienti - che li distingue da quelli dello studio DAPA-Hf - è che si tratta di pazienti più gravi in termini di scompenso cardiaco e questo è dimostrato da una frazione d'eiezione media del 27%, livelli di NT-proBNP di 1.900 pg/ml; inoltre, circa il 50% dei pazienti arruolati aveva una eGFR <60ml. La gravità di questi pazienti» continua Senni «è confermata dal numero di eventi molto elevato con un follow-up relativamente breve (16 mesi). Erano inoltre pazienti molto ben trattati: il 70% assumeva Ace-inibitori/sartanici, il 20% sacubitril/valsartan, il 70% antialdosteronici e circa il 30% aveva ricevuto impianto di defibrillatore e/o sincronizzatore».

Quali sono stati i risultati fondamentali dello studio? «Va detto che, per la prima volta, sono stati utilizzati endpoint prespecificati in senso gerarchico» premette Senni «quindi solo tre sono stati veramente gli endpoint tanto che sul "New England" sono stati riportati i p values solo per questi tre endpoint che sono stati: un primary endpoint combinato di mortalità cardiovascolare e prima ospedalizzazione per scompenso cardiaco, significativamente raggiunto con una riduzione degli eventi pari al 25% a favore dell'empagliflozin rispetto al placebo. Il secondo endpoint per ordine gerarchico è stato quello delle ospedalizzazioni totali per scompenso cardiaco e anche questo endpoint è stato raggiunto con una riduzione del 30% degli eventi. Infine, il terzo endpoint prespecificato, relativo alla progressione della malattia renale intesa come rallentamento del progressivo declino del filtrato glomerulare, anche questo è stato significativamente a favore dell'empagliflozin. In termini pratici si può utilizzare l'NNT (cioè il numero necessario di pazienti da trattare) che l'endpoint primario è risultato di 19». L'aspetto della funzione renale è importante? «Indubbiamente, in quanto è sicuramente il fattore aggravante più importante dello scompenso cardiaco, quindi è chiaro che salvaguardare la funzione renale si traduce in un minor rischio di peggioramento, dimostrato peraltro dalle minori ospedalizzazioni».

Cosa contraddistingue empagliflozin in termini farmacologici? «Di nuovo questo farmaco appartiene alla classe degli SGLT2 inibitori che hanno un nuovo meccanismo d'azione» dichiara Senni. «Inoltre» aggiunge «in questo studio empagliflozin ha dimostrato di essere efficace - nel raggiungere tutti gli endpoint citati - non solo nei diabetici, come si poteva attendere, ma anche nei non diabetici. Inoltre l'EMPEROR-Reduced va ad aggiungersi a un altro studio, cioè l'EMPAREG-Outcome, il primo studio condotto con un SGLT2 inibitore e in cui si è avuta una riduzione della mortalità cardiovascolare, mai più ottenuta da altri SGLT2 inibitori, e dei ricoveri per scompenso cardiaco in pazienti con diabete. Pertanto, l'EMPEROR-Reduced insieme all'EMPAREG-Outcome, conclude una parabola che dimostra come questa molecola sia un farmaco sicuramente in grado di prevenire lo scompenso cardiaco nei pazienti con diabete ma anche di curare i pazienti con scompenso cardiaco senza diabete. Quindi abbiamo a disposizione un farmaco che agisce nella prevenzione e nel trattamento». In termini di effetti collaterali? «È un farmaco estremamente sicuro, con solo un aumento delle infezioni delle vie genitali». Altri effetti più specifici? «Nei pazienti diabetici si vede una stabilizzazione dei livelli di glicemia, con riduzione delle ipoglicemie e minori effetti sull'emoglobina glicata» afferma Senni. «Dal punto di vista cardiovascolare, oltre ai risultati di cui si è parlato, va aggiunto il miglioramento della qualità della vita, assolutamente fondamentale, di cui la riduzione dei ricoveri rappresenta un aspetto rilevante. Infine ci sono i benefici renali che, oltre al rallentamento del progressivo declino, si caratterizzano per un minor rischio di eventi renali quali la dialisi, il trapianto renale o il severo peggioramento del filtrato glomerulare».

Come si spiegano tanti effetti in un unico farmaco? «Probabilmente non c'è un unico meccanismo d'azione» sostiene Senni. «Ci si muove su tre ipotesi fondamentali. La prima sta nell'effetto glicosurico con eliminazione di liquidi, ma vi è anche un minore riassorbimento del sodio: questo comporta una sua diminuzione a livello cellulare e un minor sovraccarico di liquidi e anche un effetto di vasocostrizione dell'arteriola afferente del glomerulo con conseguente diminuzione della pressione renale e quindi una protezione del rene, che comporta anche a una diminuzione dell'albuminuria. Poi c'è una terza ipotesi: uno shift dal metabolismo del glucosio al metabolismo dei chetoni che favorirebbe la produzione di energia a livello cardiaco e che si traduce con una maggiore capacità contrattile. Sono tutte ipotesi che devono essere valutate, testate con studi ad hoc». Infine, come si inserisce l'empagliflozin nell'armamentario terapeutico del cardiologo, a suo avviso? «Credo che alla luce di questi dati dell'EMPEROR-Reduced, insieme ai dati del DAPA-Hf, gli SGLT2 inibitori come classe di farmaci dovranno diventare lo "standard of care" dei pazienti con scompenso cardiaco a frazione sistolica ridotta, assieme a beta-bloccanti, anti-aldosteronici e ARNI: quindi, penso, che questi pazienti debbano ricevere una quadrupla terapia».

N Engl J Med, 2020 Aug 29. Doi: 10.1056/NEJMoa2022190

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32865377/

Tratto da: Doctornews, Arturo Zenorini, 14 settembre 2020