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Diabete tipo 1, criticità della transizione dall'assistenza pediatrica a quella adulta. Un'indagine fa il punto

Le principali necessità dal punto di vista assistenziale e l'impatto sulla qualità della vita per i pazienti con il diabete di tipo 1 nelle diverse fasi della crescita sono stati al centro di un'indagine presentata da Doxa Pharma, con il contributo non condizionato di Sanofi. La ricerca si è concentrata sia sui piccoli pazienti seguiti dall'endocrinologo-pediatra sino al loro passaggio alla cosiddetta fase della transizione, sia sui giovani adulti in cura dal diabetologo.

È emerso che i pazienti in età pediatrica si trovano "catapultati" in una situazione in cui occorre monitorare costantemente il proprio stato di salute e i propri livelli di glicemia anche due o tre volte al giorno e - per circa 5 pazienti su 10 - risulta necessario un ricovero ospedaliero a causa di problemi di ipoglicemia. Sono quindi addirittura 8 pazienti su 10 a considerare il diabete di tipo 1 una patologia estremamente limitante per la propria vita. Inoltre, un paziente su due con diabete di tipo 1 ha dichiarato di non aver mai completamente accettato la patologia, una percentuale che aumenta e arriva fino a circa il 60% per i pazienti che dall'età pediatrica si trovano nella fase di transizione in cui sono seguiti in maniera congiunta sia dal pediatra sia dal diabetologo. «L'impatto del diabete di tipo 1 sulla qualità di vita dei pazienti e sulle loro famiglie è notevole, soprattutto se bambini. Nell'adolescente dai 12 ai 16 anni può diventare devastante: accettare la malattia significa accettare ciò che è necessario fare per curarla ed è fondamentale educare e accompagnare il bambino e la famiglia cercando di considerare la complessità che questo comporta, la sfera sociale che ruota loro intorno (scuola, attività ludiche e sportive)» ha dichiarato Claudio Maffeis, direttore della Pediatria a indirizzo diabetologico e Malattie del metabolismo, Università di Verona e presidente della Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica (Siedp). «Grazie alle nuove tecnologie, ai nuovi strumenti terapeutici (come la nuova insulina basale di 2a generazione di Sanofi che sarà disponibile anche per la pediatria), ad approcci sempre più tesi alla multidisciplinarietà, abbiamo la possibilità di gestire il contatto tra il paziente, la sua famiglia e il team di cura che si avvale un interscambio costante. Questo è condizione indispensabile per migliorare sempre più l'aderenza alla terapia e quindi il risultato clinico, oltre alla qualità di vita del paziente e della sua famiglia».

È proprio nella fase di transizione dal pediatra al diabetologo specialista che si mostrano ulteriori criticità legate alla nuova condizione: uno dei principali elementi di sconforto per i pazienti è legato proprio alla sensazione di vuoto e di "abbandono" che viene percepita quando non viene effettuato un passaggio graduale. Circa un paziente su due ha dichiarato di aver iniziato il percorso di transizione tra i 16 e i 20 anni e circa 1 paziente su 3 (il 28%) di aver impiegato fino a sei mesi per un effettivo passaggio. Le principali criticità in questo delicato frangente derivano dalla eccessiva lunghezza dei tempi di attesa (per il 33% dei pazienti) e dall'assenza di una figura di riferimento precisa (per il 26%). «Il passaggio dalla pediatria all'ambulatorio dell'adulto rappresenta sempre un momento critico per i pazienti ed è importante che venga fatto in maniera graduale. Se da un lato sicuramente i bambini e gli adolescenti vengono accompagnati per mano durante la prima fase della loro vita, il passaggio all'ambulatorio dell'adulto può generare smarrimento e inquietudine e per questo risulta fondamentale che a riceverli in questo nuovo percorso ci sia un medico che abbia competenze specifiche proprio sul diabete di tipo 1» ha dichiarato Emanuele Bosi, primario diabetologo dell'Ospedale San Raffaele e professore di Medicina interna all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «È importante inoltre trovare la modalità corretta per effettuare un vero e proprio passaggio di consegne tra il pediatra e il diabetologo proprio per scongiurare quella sensazione di abbandono nella quale talvolta ancora i pazienti si trovano catapultati».

C'è infine l'inevitabile impatto che l'emergenza Covid-19 ha avuto anche sulla presa in carico dei pazienti con diabete di tipo 1: il 54% degli intervistati dichiara di aver patito la gestione della patologia durante la pandemia. In particolare, è risultato tutto più complicato del solito secondo il 56% degli intervistati, soprattutto a causa della sospensione delle visite "dal vivo" dal proprio medico o perché spesso erano gli stessi pazienti a rinunciare ai controlli per timore del Covid. Un aiuto importante ed efficace in questo senso è però arrivato dalla tecnologia: nel 30% dei casi le visite sono state effettuate telefonicamente, online con il teleconsulto. Ad aiutare i pazienti durante il lockdown nella gestione della patologia è stato fondamentale l'invio dei dati glicemici allo specialista attraverso sistemi di monitoraggio continuo del glucosio da remoto (35%), e il contatto gestito attraverso WhatsApp/sms nel 21% dei casi, telemedicina nel 23% dei casi, app per la gestione del diabete nel 12%, supporto educazionale a distanza nel 31% e supporto attraverso social media e web community nel 6%.

Tratto da: Doctor33, 27 novembre 2020