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Prevenire il diabete per prevenire l'infarto e l'angina

In chi ha una malattia coronarica il diabete arriva quasi al 30%. Da uno studio internazionale forte richiamo alla prevenzione e alla diagnosi precoce della patologia metabolica.

Che il diabete sia un fattore di rischio per lo sviluppo di placche aterosclerotiche all’interno dei vasi è ormai acclarato, visto che le complicanze della patologia metabolica possono portare non solo a lesioni a carico delle grandi arterie, ma anche dei vasi più piccoli. Quello che a volte non si ricorda è l’impatto di questa condizione sul possibile rischio cardiovascolare, in particolare per infarto ed angina.

Ad aggiungere un tassello sulle conoscenze una ricerca, pubblicata su European Journal of Preventive Cardiology, che dimostra il “peso” di questa associazione pericolosa. Stando a quanto riporta l’analisi, coordinata da Emmanuelle Vidal-Petiot dell’Ospedale Bichat-Claude Bernard di Parigi, addirittura su scala mondiale poco meno di una persona su tre che presenta una patologia a carico delle arterie coronariche soffrirebbe anche di diabete, a fronte di un’effettiva prevalenza della patologia metabolica che si attesta intorno al 9%. Da noi la situazione appare sicuramente migliore rispetto ad aree come quelle dei Paesi che si affacciano sul Golfo Persico, dove addirittura l’associazione tra i due quadri patologici arriva al 60%. Ma comunque, su scala europea, una persona su cinque con significativi problemi di circolazione delle arterie coronariche ha anche il diabete. I dati emergono dall’analisi dei risultati del registro Clarify, che comprende poco meno di 33.000 persone con sindromi coronariche croniche reclutate in 45 paesi in Europa, Asia, America, Medio Oriente, Australia e Africa. Il monitoraggio, con controlli annuali, è stato proseguito per cinque anni.

Il primo dato che emerge dall’indagine è il peso del diabete sull’evoluzione della patologia cardiaca, visto che gli esiti clinici negativi registrati sono apparsi più frequenti tra i cardiopatici con diabete rispetto a quelli senza diabete. Dopo aver aggiustato i dati, in considerazione anche dell’eventuale presenza di altri fattori di rischio, come sovrappeso, ipertensione, fumo, impiego di farmaci e altro, gli studiosi hanno visto che tra i pazienti con malattia coronarica stabile, quelli con diabete avevano un tasso di morte più alto del 38% durante il follow-up di cinque anni. Avevano anche un rischio maggiore del 28% di esito combinato di infarto, ictus o morte per causa cardiovascolare. I pazienti cardiopatici con diabete hanno avuto esiti peggiori rispetto a quelli senza diabete, indipendentemente dalla regione geografica e dall'etnia. Sotto accusa, in termini di prevenzione, sono soprattutto le abitudini non proprio salutari, prime tra tutte sedentarietà e alimentazione poco sana.

"L'obesità e la mancanza di esercizio sono fattori di rischio comuni sia per il diabete che per le malattie cardiache e i nostri risultati evidenziano l'urgente necessità di migliorare la nutrizione e aumentare i livelli di attività a livello globale – spiega l’autrice della ricerca - i paesi più colpiti dal diabete sono anche l'epicentro dell'epidemia di obesità, che può essere in parte attribuita all'urbanizzazione e ai cambiamenti associati nell'attività fisica e nell'assunzione di cibo". A preoccupare è anche un altro fatto: il diabete è risultato associato ad esiti peggiori anche nelle aree con la prevalenza più bassa. In Europa, ad esempio, il diabete è associato a un rischio maggiore del 29% di esito combinato di infarto, ictus o morte cardiovascolare. “Ciò indica che la gestione di questi pazienti ad alto rischio con malattie cardiache e diabete dovrebbe essere migliorata – conclude l’esperta - ogni paese deve identificare questi pazienti e fornire programmi educativi e di prevenzione su misura".

Contromisure possibili? Prima di tutto puntare su uno stile di vita attivo e su un’alimentazione sana, perché la prevenzione ed il controllo del diabete passano attraverso un monitoraggio del peso e dell’attività fisica. Fondamentale appare anche la diagnosi precoce dell’alterazione del metabolismo, per poter mettere in atto una serie di misure mirate in grado di migliorare la situazione.

Tratto da: La Repubblica Salute, Federico Mereta, 14 aprile 2021