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Metformina e malformazioni congenite, un sospetto da interpretare con prudenza

La rivista è autorevole e lo studio è affidabile, non si tratta di una fake news. Eppure la notizia pubblicata su Annals of Internal Medicine va interpretata con cautela. Lo studio suggerisce che gli uomini che assumono metformina nei tre mesi prima del concepimento abbiano un aumento del 40 per cento del rischio di avere figli con difetti congeniti a carico della sfera genitale. È scattato subito l’allarme: la metformina è uno dei farmaci più utilizzati per il diabete tipo 2, indicato come prima scelta in tutte le linee guida nazionali e internazionali. Ma è un allarme veramente giustificato? A fare chiarezza è intervenuto Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Medicina Interna SIMI, che per prima cosa specifica che si tratta di uno studio osservazionale che per sua natura si limita a osservare un’associazione ma non stabilisce un legame di causa ed effetto.

«Questo studio ricorda molto una storia di qualche anno fa, su un allarme per l’insulina glargine che sembrava essere associata ad un aumentato rischio di tumore, salvo poi essere totalmente smentita in trial randomizzati e in altri studi osservazionali. È bene ricordare sempre che i risultati degli studi osservazionali possono essere inquinati da una serie di fattori confondenti e che non indicano pertanto mai un rapporto certo di causa-effetto. Prudenza sì dunque, allarme no», spiega Sesti.

La ricerca è stata condotta in Danimarca utilizzando i dati dei registri nazionali relativi a oltre 1 milione di nati tra il 1997 e il 2016. I ricercatori hanno messo a confronto i padri a cui era stata prescritta terapia con metformina e quelli in terapia con altri anti-diabetici (i padri erano tutti under 40, mentre le madri erano tutte under 35) alla ricerca di differenze nella presenza di difetti congeniti nei figli. I risultati dello studio indicano che la frequenza dei difetti genitali congeniti nei bambini nati da padri in terapia con metformina nei tre mesi precedenti il concepimento era del 4,6 per cento, contro il 3,1 per cento (insomma una differenza del 40%) nei figli di padri diabetici in terapia con altri farmaci. Questo sbilanciamento non si evidenziava nei padri che avevano sospeso la metformina tre mesi prima il concepimento, né in quelli a cui era stata prescritta dopo la finestra dei tre mesi necessaria alla maturazione degli spermatozoi. I difetti congeniti che mostravano una differenza statisticamente significativa erano solo quelli a carico dei genitali esterni nei maschietti. Una possibile ipotesi, tutta però da verificare in studi caso-controllo futuri, potrebbe essere un’alterazione dei livelli di testosterone, possibilmente indotta da terapia anti-diabetiche orali. Ma allora come considerare questi risultati e cosa fare in pratica?

«Un adeguato counselling pre-concepimento con il medico è sempre indicato nel caso del diabete, per la madre e per il padre, soprattutto se il compenso glicemico non fosse ottimale e nel caso in cui si assumano dei farmaci. Va ribadito tuttavia che questo studio è di tipo osservazionale e dunque indica solo la presenza di un’associazione, ma non un rapporto di causa-effetto. Ciò significa che a determinare questa differenza potrebbero aver contribuito una serie di altri fattori. In particolare, in questo lavoro non si tiene conto del controllo glicemico, per cui l’aumento di malformazioni genitali osservate in alcuni neonati potrebbe essere un fenomeno legato piuttosto all’iperglicemia o ad una scarsa aderenza alla terapia anti-diabetica; ragione in più per non sospendere la terapia, senza aver prima consultato il proprio medico», aggiunge il diabetologo.

«I dati analizzati in questa ricerca inoltre si riferiscono alle “prescrizioni”, ma manca un controllo puntuale sulla effettiva “assunzione” dei farmaci. Inoltre, i bambini che erano stati esposti alla metformina paterna erano quelli nati da genitori tendenzialmente più anziani e con uno stato socio-economico inferiore, fatto che ad esempio potrebbe avere contribuito ad una maggiore esposizione ambientale agli ftalati; insomma altri due possibili fattori confondenti (età genitoriale e stato sociale) che possono determinare un maggior rischio di comparsa di difetti congeniti. Di certo tuttavia, quello evidenziato dallo studio danese è un fenomeno di cui tener conto, anche alla luce del fatto che l’età alla diagnosi di diabete tipo 2, un tempo chiamato dell’adulto (o addirittura dell’anziano) si va abbassando sempre più a causa della pandemia di obesità, che è il maggior determinante appunto della comparsa di diabete tipo 2. Questo studio dovrebbe dunque fornire un motivo in più per fare una sana prevenzione del diabete tipo 2, attraverso dieta e attività fisica. Per evitare di dover prendere farmaci, soprattutto quando si progetta di mettere in cantiere una nuova vita», conclude Sesti.

Tratto da: Healthdesk, 31 marzo 2022