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Donne e cuore: fattori di rischio e prevenzione della cardiopatia ischemica

In occidente le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte. L’infarto del miocardio, e più specificatamente la cardiopatia ischemica, colpisce spesso persone nel pieno dell’efficienza psico-fisica, riproduttiva e lavorativa ed è la principale causa di morte anche nei soggetti di sesso femminile.

«La malattia coronarica riguarda 1 donna su 9 tra i 45 e i 64 anni, e 1 su 3 dopo i 65 anni. La percentuale di rischio di morte, di gran lunga superiore a quella del tumore al seno, è del 31%», spiega la dottoressa Daniela Guiducci, cardiologa in Humanitas e presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care Premuda a Milano.

I fattori di rischio cardiovascolare

I fattori di rischio cardiovascolare non modificabili sono:

  • l’età;
  • la familiarità;
  • il sesso;
  • l’etnia.

Viceversa i fattori di rischio cardiovascolare che possono essere modificati dallo stile di vita sono:

  • il fumo;
  • l’ipertensione arteriosa;
  • il diabete;
  • la dislipidemia;
  • il sovrappeso;
  • lo stress;
  • la sedentarietà.

I fattori di rischio coronarico più frequenti nelle donne sono l’ipertensione, il diabete mellito e il fumo.

Circa il 50% delle donne sopra i 45 anni soffre di ipertensione arteriosa e circa il 40% delle donne sopra i 55 anni soffre di elevati livelli di colesterolo nel sangue. A questo aggiungiamo il fatto che le donne, in questi anni, non hanno ridotto l’abitudine al fumo a differenza degli uomini che sono meno fumatori. In particolare sembra che le donne presentino anche una maggior vulnerabilità al fumo e che quindi a loro basti fumare un terzo delle sigarette dell’uomo per avere lo stesso livello di rischio.

Circa il 25% delle donne non pratica attività fisica con regolarità, ed è in aumento la prevalenza di obesità. Il diabete rimane un importante fattore di rischio per la malattia cardiovascolare anche femminile perché la sua presenza aumenta da 3 a 7 volte la possibilità di avere una malattia coronarica», continua la dottoressa.

Menopausa: il fattore di rischio femminile per eccellenza

È importante specificare che nell’esistenza femminile esiste uno spartiacque naturale costituito dalla menopausa, un fattore di rischio tutto femminile, che causa una serie di modificazioni ormonali. In seguito ad una riduzione di estrogeni nel sangue, in menopausa i livelli di colesterolo tendono ad aumentare: per essere più precisi, si nota un aumento delle LDL (il colesterolo definito cattivo), una riduzione di HDL (il colesterolo definito buono) e un aumento dei trigliceridi.

Anche i valori pressori tendono a registrare un innalzamento legato anche a un aumento del peso determinando ipertensione arteriosa, che rappresenta il fattore di rischio relativo più importante.

Quindi l’età critica nelle donne è circa dieci anni dopo rispetto all’uomo, tra i 65-80 anni, risultando così pazienti più anziane e più fragili, con maggior probabilità di avere altre patologie che possono rendere più difficile la diagnosi iniziale di cardiopatia e condizionare la terapia cardioattiva.

Esistono poi alcuni fattori di rischio meno conosciuti rappresentati dalle malattie autoimmuni, quali il lupus e l’artrite reumatoide, e le malattie infiammatorie croniche in genere, che colpiscono prevalentemente le donne, associate a un maggior rischio cardiovascolare perché uno stato infiammatorio cronico sembra essere il responsabile di un processo aterosclerotico precoce e accelerato.

Oltre ai fattori di rischio elencati, nelle donne ne esiste uno ulteriore, rappresentato dalla loro diversa percezione nei confronti della propria salute e, conseguentemente, dello stato di malattia, con una concezione della malattia cardiovascolare diversa dall’uomo (da sempre, è opinione comune – ma erronea – che questo tipo di patologia sia di pertinenza pressoché esclusivamente maschile). Più di una donna su tre non sa ad esempio di soffrire di ipertensione arteriosa e il 40% non pensa di avere elevati valori di colesterolo nel sangue.

Da qui anche una scarsa attenzione alla prevenzione primaria da parte della maggior parte delle donne stesse.

I sintomi dell’infarto nelle donne

I sintomi più comuni dell’infarto nelle donne sono:

  • difficoltà respiratorie. Si tratta di un sintomo molto comune: ci si ritrova con il fiato corto senza apparente motivo, anche se non si è fatto uno sforzo o esercizio fisico. Improvvisamente le cose che venivano fatte quotidianamente diventano faticose.
  • dolore al torace, al collo e alle spalle. Il dolore è meno oppressivo e tende a irradiarsi al dorso, al punto che spesso l’infarto viene scambiato per mal di schiena e trascurato finché non compaiono altri segni più riconducibili. Il dolore può arrivare al collo fino ai denti o alle spalle oltre ad essere localizzato sulla parete anteriore del torace, regione tipica per il dolore anginoso. In certi casi il fastidio si sposta verso lo stomaco: il rischio di non pensare affatto che si possa trattare di un infarto è concreto confondendo il sintomo con quello del reflusso gastroesofageo o della gastrite di cui le donne vanno soggette;
  • forte nausea. Non sono molte le donne che immaginano che una forte nausea, accompagnata da altri sintomi come sudorazione profusa e algida associata a capogiri possa nascondere una malattia coronarica;
  • stanchezza estrema. Una stanchezza estrema si accompagna molto spesso all’infarto nelle donne.

L’importanza della prevenzione nelle donne

«La popolazione femminile affetta da malattia cardiovascolare è solitamente più anziana, più ipertesa, diabetica, e dislipidemica.

La terapia nelle donne va mirata alla correzione dei fattori di rischio, e sia in acuto, sia in cronico, deve essere calibrata su una massa corporea mediamente inferiore rispetto a quella maschile e su un assetto ormonale completamente differente rispetto a quello maschile, introducendo così il concetto di medicina di genere che si sta affacciando sempre di più nel mondo scientifico.

Un esempio di letteratura recente viene dalla SWEDEHEART, studio svedese su oltre 180.000 pazienti con cardiopatia ischemica, che ha documentato come nonostante le linee guida, le donne con cardiopatia ischemica  hanno probabilità inferiore rispetto agli uomini di essere sottoposte a procedure di rivascolarizzazione miocardica (percutanea o chirurgica) (36%), di ricevere terapia con statine (24%) e di ricevere un trattamento di profilassi anti-trombotica (16%) con effettivi svantaggi in termini di sopravvivenza sia in fase acuta, che subacuta che a lungo termine.

Inoltre, poiché spesso il primo evento cardiovascolare nelle donne risulta essere grave è importante specificare l’importanza della valutazione del rischio cardiovascolare individuale, che consenta un’adeguata prevenzione primaria prima dell’insorgenza di una malattia cardiaca conclamata», conclude la dottoressa Guiducci.

Tratto da: Humanitas Salute, 31 marzo 2022