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Le malattie autoimmuni possono mettere in pericolo il cuore

In alcuni casi i rischi sono triplicati rispetto alla popolazione generale. E con lupus, diabete di tipo 1 e sclerodermia si può avere un incremento del rischio cardiovascolare simile a quello dei diabetici. Fondamentali il monitoraggio della salute del cuore e terapie su misura.

Artrite reumatoide, psoriasi, diabete di tipo 1, lupus e sclerodermia. Sono solo esempi di malattie autoimmuni. L'elenco sarebbe molto lungo. ma ciò che bisogna ricordare è che la presenza di quadri come questi deve mettere in guardia sul fronte della prevenzione cardiovascolare. Perché, soprattutto nei giovani, queste patologie potrebbero aumentare il rischio di sviluppare più precocemente infarti o altre patologie cardiache.

Malattie autoimmuni e cuore, la ricerca

A segnalare la necessità di un monitoraggio specifico per quasi una persona su dieci (tanti sarebbero infatti i pazienti che fanno i conti con patologie autoimmuni) è una ricerca condotta dagli esperti dell'Università Cattolica di Lovanio presentata al Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC), pubblicata su Lancet.

L'analisi, condotta su circa 22 milioni di cartelle cliniche di una banca dati del Regno Unito, segnala come ci sia una differenza da non sottovalutare in termini di rischio tra chi presenta quadri di questo tipo e la restante popolazione. L'eccesso di rischio sarebbe particolarmente elevato tra i pazienti più giovani, tanto da far ipotizzare che i disturbi autoimmuni possano rappresentare una variabile importante nel causare malattie cardiovascolari premature.

Impatto sul cuore quasi simile al diabete

I risultati dello studio mostrano che i pazienti con malattia autoimmune hanno un rischio sostanzialmente più elevato (tra 1,4 e 3,6 volte a seconda della patologia) di sviluppare malattie cardiovascolari rispetto alle persone senza una malattia autoimmune.

La ricerca è partita dall'indagine su cartelle cliniche elettroniche del Clinical Practice Research Datalink (CPRD) del Regno Unito, un database molto ampio di dati anonimi dei pazienti provenienti da circa un quinto dell'attuale popolazione del Regno Unito. Su più di 22 milioni di cartelle si è quindi messa a fuoco una popolazione con diagnosi di 19 diverse malattie autoimmuni, correlando quanto disponibile con l'incidenza di dodici diversi esiti cardiovascolari negli anni successivi e sono arrivati i risultati: il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari per i pazienti con una o più malattie autoimmuni era in media 1,56 volte superiore rispetto a quelli senza malattia autoimmune. Ma ci sono condizioni che incrementano ancora di più i pericoli fin quasi a triplicare il profilo di rischio: tra questi ci sono la sclerodermia, il morbo di Addison, il lupus e il diabete di tipo I.

Come soffre il cuore

L'eccesso di rischio cardiovascolare è comunque risultato presente ben oltre la malattia coronarica: sono stati considerati anche i fenomeni infiammatori come miocarditi e pericarditi e le tromboembolie.

Ma non basta: l'incremento del rischio appare particolarmente elevato tra i pazienti con malattie autoimmuni sotto i 55 anni. Eppure queste condizioni sono ancora poco considerate in chiave di prevenzione cardiovascolare. secondo Nathalie Conrad, autrice principale dello studio, "sebbene si disponga di misure specifiche mirate ai pazienti diabetici, non abbiamo misure simili per i pazienti con malattie autoimmuni".

D'altro canto, le linee guida cardiologiche non menzionano ancora l'autoimmunità come fattore di rischio cardiovascolare, quando invece sarebbe importante il contrario. Insomma, bisogna considerare sempre la presenza di quadri che impattano sul sistema immunitario, portandolo all'errore di scatenarsi con parti dell'organismo cui appartiene.

Trattamento su misura

"Le malattie cardiovascolari rappresentano una delle più importanti problematiche extraarticolari nei pazienti con artrite reumatoide ed altre malattie infiammatorie croniche a patogenesi autoimmune - conferma Roberto Caporali, docente di Reumatologia all'Università di Milano e direttore del Dipartimento di Reumatologia e Scienze Mediche presso l'Ospedale Gaetano Pini.

Per questo è importante controllare quanto più precocemente possibile l'infiammazione legata a queste patologie per poter minimizzare il rischio". Insomma: chi fa i conti con le malattie reumatiche deve sempre effettuare un'attenta valutazione del rischio cardiovascolare, in un rapporto che deve soppesare caso per caso i benefici delle cure della patologia e il possibile "peso" della patologia stessa e dei trattamenti per tenerla sotto controllo sull'apparato cardiovascolare.

"Questo significa in primo luogo che il reumatologo deve sempre effettuare i necessari controlli, ma tenendo in considerazione che il mancato controllo della malattia rappresenta un importante rischio di per sé - conclude Caporali. Questo impatta anche sulla scelta dei farmaci da utilizzare, che deve essere attentamente ponderata in considerazione dei fattori di rischio cardiovascolare del paziente".

Tratto da: La Repubblica, Federico Mereta, 08 settembre 2022