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La USL 8 di Arezzo adotta il "Manifesto" sui diritti dei diabetici

 

Istituzioni, medici e pazienti insieme per combattere la pandemia del secolo. Desideri: “Tutelare la dignità dei malati”. Diabete, ovvero la più grave malattia dei nostri giorni. Molti la definiscono una pandemia che, secondo alcune stime, potrebbe raggiungere l’apocalittica cifra di 360 milioni di pazienti nel mondo nei prossimi 15/20 anni. Una malattia che, allo stesso tempo, è in grado di condizionare pesantemente la vita dei diabetici, i cui diritti vengono spesso ignorati nei posti di lavoro o sui banchi di scuola.
Un segnale di attenzione nei confronti di questi malati arriva dall'azienda sanitaria che, proprio in questi giorni, ha adottato il "Manifesto dei diritti della persona con diabete". Un documento - fatto proprio dal Parlamento Italiano - che scaturisce da una ricerca avviata in Italia nel 2006 (DAWN, Diabetes Attitudes Wisches & Needs, questo il nome della ricerca), per conoscere e raccogliere le opinioni, le necessità ed i desideri riguardo l'assistenza delle persone con diabete, censite attraverso interviste dirette ai malati ed alle loro famiglie.
Il 'Manifesto' - che la USL8 ha recepito con uno specifico atto deliberativo - rappresenta il primo documento, a livello europeo, pensato per tutelare in modo specifico i diritti della persona malata. Undici i capitoli che focalizzano l'attenzione su diritti e doveri dei pazienti, ma anche sulle responsabilità di tutti gli attori coinvolti nel processo assistenziale: dai servizi esigibili dalla persona con diabete, alle cure efficaci ed accessibili, dalle aspettative e responsabilità della persona con diabete e dei suoi familiari, all'informazione, dal dialogo medico-paziente, alle problematiche legate al diabete in gravidanza e in età evolutiva, fino ad arrivare alle ricadute sui migranti.
Nelle undici sezioni vengono enunciati analiticamente i punti sui cui deve basarsi la corretta assistenza alle persone con diabete, al fine di rendere le loro condizioni di vita perfettamente sovrapponibili a quelle di ogni altra persona. Infatti, una persona con diabete ben curata è una persona “normale” che può studiare, fare sport, lavorare, guidare l’auto e che, pertanto, non deve essere sottoposta ad alcuna discriminazione sul piano sociale e lavorativo.
“Si tratta di un documento utile per migliorare la qualità dell’assistenza alle persone con diabete, sia in ambito ospedaliero che territoriale - afferma il direttore generale della Usl, Enrico Desideri. Ma è anche uno strumento di indirizzo delle politiche sanitarie, in grado di fornire preziose indicazioni agli operatori sanitari, alle associazioni dei pazienti, ai politici, alle istituzioni ed ai mezzi di comunicazione, con l’obiettivo di migliorare la cura e la qualità di vita delle persone con diabete e contenere i costi della sanità pubblica. Con la sua adozione - sottolinea Desideri - abbiamo voluto esprimere la ferma volontà di intraprendere insieme ai diabetici ed alle loro famiglie un cammino che, attraverso la conoscenza condivisa, può facilitare la gestione ed il controllo della malattia".
L'Associazione Diabetici Aretini, attraverso la voce del suo presidente, Edoardo Carrai, ha espresso la propria soddisfazione per l'iniziativa assunta dall'azienda sanitaria: "L'adozione del 'Manifesto' da parte della Usl testimonia ancora una volta l'attenzione che questa direzione aziendale sta riservando ai malati diabetici, ha detto Carrai. Un'attenzione non occasionale, che trova continue conferme nell'attività quotidiana dei servizi e riconoscimenti anche a livello scientifico. Ultimo in ordine di tempo, ha concluso Carrai, il primato dell'azienda aretina sulla cura del piede diabetico, sancito dal Mes, il Laboratorio del Sant'Anna che ha stilato le pagelle delle aziende sanitarie ed ospedaliere toscane".
Il primato dell'Azienda sanitaria aretina nella cura del "piede diabetico"
Tra le complicanze del diabete, assume un ruolo sempre più rilevante quella che va sotto il nome di "piede diabetico": l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) calcola che il 15% dei diabetici sia interessato da questa patologia - che esprime un grado avanzato della malattia  - nell'arco della propria vita. Per molte di queste persone, il problema più rilevante è legato al rischio di amputazione con perdita di tutto il piede: infatti, nei diabetici vengono eseguite più del 50% di tutte le amputazioni maggiori, cioè sopra la caviglia. Nell'84% dei casi l'amputazione viene effettuata in conseguenza di un'ulcera del piede che non guarisce e si aggrava.
Secondo i dati pubblicati recentemente dal Laboratorio del Sant'Anna, l'Azienda sanitaria aretina detiene la migliore performance tra le aziende toscane, per la cura di questa malattia, con un tasso di amputazioni in rapporto alla popolazione residente del 5,77 su un milione, contro una media regionale del 34,79. Un risultato che testimonia la bontà del modello assistenziale aretino per questa patologia: "E' evidente, afferma la dottoressa Lucia Ricci, direttore della U.O.C. Diabetologia della Asl 8, che per ridurre il numero di amputazioni è necessario migliorare la capacità di curare efficacemente l'ulcera. Ed è su questo che, a partire dal 1991, abbiamo puntato la nostra attenzione, utilizzando protocolli diagnostici e terapeutici efficaci e, soprattutto, mettendo in campo una vasta gamma di competenze, professionalità e discipline: dalle Malattie cardiovascolari, alla chirurgia vascolare, dalle Malattie Infettive alla radiologia. Questo modello assistenziale - precisa ancora la dottoressa Ricci - ci ha consentito di mantenere nel corso degli anni lo stesso tasso di amputazioni (in media 3/4 l'anno), comunque in diminuzione se si considera l'incremento annuale della casistica trattata (nel 2009 4.955 visite e 21.186 prestazioni)".
Tratto da: arezzonotizie.it, 30 agosto 2010