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“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”

L’importanza della narrazione che facciamo delle nostre vite nelle parole di Benedetta Caporusso

“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”.

È una citazione del filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein.

Una citazione che viene fatta da Benedetta Caporusso il giorno dell’intervista che la vede protagonista.

Ho deciso di utilizzarla come incipit di questo articolo perché è utile ricordare l’importanza delle parole che decidiamo di utilizzare nella costruzione della realtà.

Siamo una costante narrazione di noi stessi e degli altri, e a questa narrazione inevitabilmente ci affidiamo, adornandola di tutte le nostre credenze (che siano esse limitanti, oppure no).

La citazione sopra è senza dubbio il fulcro del nostro scambio telefonico.

Benedetta, infatti, vive considerando che i sistemi di significati e significanti che costituiscono il suo linguaggio definiranno il modo in cui il mondo si manifesta a lei.

Dalle nostre parole, attraverso cui verbalizziamo i nostri pensieri, tutto inizia.

Una diagnosi della stessa patologia sarà inevitabilmente, in ciascuno, un racconto diverso, porterà a pensieri diversi, e consequenzialmente ad azioni diverse.

Benedetta mi racconta di accogliere la notizia del suo esordio, avvenuto 10 anni fa, con consapevolezza. “Non è stato traumatico. Mi sentivo Benedetta prima e sarei stata Benedetta dopo. Credo che questa mia reazione sia stata dettata da due fattori: il mio carattere e l’esperienza del tumore di mio padre. Vedere la sua reazione alla malattia è stato fortemente ispirante. Ho pensato che da lì in avanti sarebbe iniziata la mia vita con il diabete, non la mia vita per il diabete”. Ecco. la potenza del linguaggio, la potenza di una preposizione. Ecco come una preposizione cambia la visione di una vita.

“Ho deciso che avrei sfruttato al massimo quello che c’era, quello che avevo. Ci sono giorni di grande sconforto. Ti impegni, ma non hai risultati e non riesci a gestire bene la patologia. Ma sono momenti che è giusto riscontrare nella quotidianità. Sono momenti e devono essere tali. Di base c’è un equilibrio che definisce ogni scelta. Col mio diabete ci parlo. Sono dialoghi costruttivi. Vorrei avere sempre dei riscontri, ma ‘sempre’ non fa parte della vita e nemmeno del diabete.

L’equilibrio è dato da me e lui insieme. Ma il diabete non ha cognizione di causa. Io, invece, sì. È mia la responsabilità”.

“Sui social, a volte, si dà spazio al vittimismo. Per quanto possa essere comprensibile in alcuni casi, penso ad esempio all’esordio in bambini piccoli, deve essere momentaneo, altrimenti si viene divorati da dentro. Il diabete non è momentaneo, non se ne andrà, quindi bisogna lavorare affinché da patologia metabolica non diventi patologia psichica. È una parte di noi, ma non siamo noi. Non è mai il centro delle nostre vite.

Io volevo fare una carriera militare, ma non ho potuto proprio a causa del diabete. Quindi mi sono detta: va bene, questo non lo posso fare, ma ho altre infinite possibilità. Ho fatto quindi giurisprudenza e un master in diritto dell’immigrazione. Ho trovato un altro canale per poter valorizzare il mio forte senso di giustizia. Ci sono momenti in cui dobbiamo fare scelte a causa del diabete ma non dobbiamo mai tradire i nostri desideri, i valori, la nostra essenza”.

Uno di questi valori, per Benedetta è lo sport. Sulla sua pagina Instagram veicola consigli su allenamenti e ricette a basso indice glicemico.

“Lo sport per me è esistenziale. È qualcosa di intimo. Nei reparti di diabetologia dovrebbero esserci più consulenze e conoscenze. Le accortezze contano tantissimo. Va compreso il principio nell’alimentazione come nello sport. Vogliamo informazioni semplici e già digerite, ma è necessario prendersi il tempo per andare alle fonti. Sport e diabete devono interloquire e noi siamo gli intermediari. Io guardo con ammirazione gli atleti con patologie perché sono un esempio di dedizione. Abbiamo sempre bisogno di qualcuno a cui guardare. Ci ricorda che possiamo ambire ad arrivare lì. Lo sport è un momento di fatica e sacrificio e implicitamente ci dice che se riesci a farlo, puoi fare tutto“.

Anche lo sport fa parte del linguaggio che utilizziamo per costruire la nostra realtà. È un tramite fisico e metaforico.

“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”. Abbiamo iniziato così.

Voglio ribaltare questo pensiero, considerando che le preziosità del mio linguaggio sono le preziosità del mio mondo. La condivisione di contenuti è parte di questa preziosità, e tutti noi possiamo fare la nostra parte.

“Una cosa che rimprovero ai diabetici è che sono una monade. Difficilmente cercano di parlare con il mondo esterno. Trattano i non diabetici come ignoranti. Io penso che l’informazione debba farla chi ha la patologia. Farla conoscere in maniera costruttiva, non solo medica. Fare informazione. Diventare esempio. Includere”.

Concludiamo così questa intervista, con un concetto che noi di Diabete.net amiamo molto. Siamo tutti interconnessi. Le nostre storie lo sono. La narrazione delle nostre storie lo è.

Grazie Benedetta per averlo ricordato così bene.

Tratto da: diabete.net, Patrizia Dell’Argine04 marzo 2023