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La sindrome metabolica e malattia parodontale

Le correlazioni tra parodontite e obesità, dislipidemia aterogenica, ipertensione, disglicemia. La necessità di un approccio moltidisciplinare

La sindrome metabolica (MetS), nota anche come sindrome X, meno propriamente insulino-resistenza, non è una singola patologia ma una costellazione di fattori di rischio e condizioni metaboliche che predispongono alla comparsa di diabete e di patologie cardiovascolari, aumentando la frequenza di infarto, ictus, problemi oculari, arteriopatia, insufficienza renale e altro.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità per poter diagnostica la Sindrome metabolica deve coesistere:

Insulino-resistenza o glucosio > 6.1 mmol/L (110 mg/dl), 2 h glucose > 7.8 mmol (140 mg/dl) con due o più di queste condizioni: Colesterolo HDL < 0.9 mmol/L (35 mg/dl) nell’uomo o < 1.0 mmol/L (40 mg/dl) nelle donne; Trigliceridi> 1.7 mmol/L (150 mg/dl); Rapporto tra la circonferenza vita e la circonferenza anche > 0.9 (uomo) or > 0.85 (donne) o BMI > 30 kg/m2

Pressione arteriosa> 140/90 mmHg 

In Italia la prevalenza della sindrome metabolica nella popolazione di età 35-74 anni è del 23% (dati dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare). La prevalenza aumenta da Nord (20%) a Sud (28%). Nei diabetici di tipo 2 la prevalenza raggiunge il 90%. 

Sindrome metabolica e malattia parodontale 

Non è un caso che molti ricercatori e clinici abbiano indagato i rapporti e la possibile associazione tra malattia parodontale e sindrome metabolica poiché entrambe hanno in comune uno stato infiammatorio sistemico e l’insulino-resistenza. E’ noto come la parodontite influenzi lo stato di salute generale del paziente e possa, per esempio, contribuire ad elevare i valori ematici di mediatori dell’infiammazione come la proteina C reattiva e alcune interleuchine pro-infiammatorie. Similmente la terapia della malattia parodontale riduce questi stessi valori e contribuisce alla salute sistemica dell’individuo. Per queste ragioni i ricercatori hanno cercato di capire quanto la malattia parodontale potesse “pesare” a livello generale su un paziente con sindrome metabolica e i risultati mostrano come ci sia un franco contributo parodontale nell’esacerbare la gravità della sindrome metabolica. Più recentemente l’attenzione della ricerca si è concentrata sul ruolo del microbioma. Per microbioma si intende l’insieme della comunità polimicrobica (principalmente batteri ma anche virus, funghi, archea…) che abitano un ecosistema come il cavo orale o l’intestino. E’ noto come le patologie del metabolismo siano in grado di alterare il microbioma intestinale (sia il diabete sia l’obesità) e in generale una riduzione nella diversità di specie batteriche si accompagna a maggior adiposità, insulino-resistenza e dislipidemia. Similmente osserviamo differenze tra il microbioma orale di un paziente sano e di un paziente parodontopatico. 

Malattia parodontale e obesità

Anche per quanto concerne l’obesità esiste una solida letteratura (revisioni sistematiche) che conferma come l’obesità, l’aumento importante del peso (BMI) e della circonferenza vita siano fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo della malattia parodontale. Anche in questo caso il nesso è lo stato di sub-infiammazione cronica che si crea in conseguenza dello stato metabolico alterato. I macrofagi del tessuto adiposo e gli adipociti liberano nei tessuti e a livello ematico altre citochine pro-infiammatorie. Queste sono in grado, nei tessuti parodontali, di favorire l’attività osteoclastica (riassorbimento e rimodellamento osseo) e la virulenza della risposta immunitaria che, nel tentativo di contrastare i batteri parodontopatogeni, favorisce tuttavia la collagenolisi e la distruzione del tessuto connettivale. Più aumenta l’indice di massa corporea (BMI) maggiore è il rischio di ammalarsi di parodontite: circa doppio nel paziente sovrappeso, più che triplo nel paziente obeso. 

Malattia parodontale e dislipidemia aterogenica

Per dislipidemia aterogenica si intende una condizione metabolica di elevati trigliceridi nel sangue, aumento, più variabile, di colesterolo LDL e valori bassi di quello HDL, il cosiddetto “ colesterolo buono”. Questa condizione favorisce la formazione di placche ateromasiche nei vasi e conseguentemente è un importante fattore di rischio per la comparsa di gravi patologie cardiovascolari. Esiste una letteratura, seppur meno ricca, che ha indagato i rapporti tra la parodontite e questi valori ematici tipici della dislipidemia. Più in dettaglio elevati livelli di trigliceridi ematici aumentano il rischio ( odd ratio) di ammalare di malattia parodontale di 1.3 volte, quindi con valori minori rispetto alla correlazione con la glicemia, emoglobina glicata o indice di bassa corporea. In modo speculare soffrire di malattia parodontale aumenta il rischio di avere elevati valori di trigliceridi sia nell’uomo che nella donna. Meno forte è il legame tra malattia parodontale e bassi livelli di HDL, che emerge da alcuni studi longitudinali ma viene negato da altri. La comorbidità tra dislipidemia e malattia parodontale, anche in questo caso, si correla all’aumento di stress ossidativo e allo stato di silente infiammazione cronica sistemica, anche se la natura dell’associazione è ancora oggetto di studio. E’ verosimile credere che valga anche la relazione inversa ossia che la parodontite favorisca la comparsa di lesioni o placche ateromasiche e quindi le patologie cardiovascolari. Il meccanismo biologico sarebbe legato allo stato infiammatorio, alla risposta immunitaria e soprattutto ad un’aumentata produzione di colesterolo e stato protrombotico secondario alla batteriemia e all’aumento dei lipopolisaccaridi (LPS) tipici delle infezioni parodontali. 

Malattia parodontale e ipertensione

L’ipertensione arteriosa, comunemente detta “pressione alta”, è il fattore di rischio che maggiormente contribuisce allo sviluppo delle malattie cardiovascolari, che sono ancora la principale causa di morte nel mondo e colpiscono circa 1 italiano su 3. L’ipertensione arteriosa e la parodontite sono tra le malattie croniche più comuni al mondo e possono influenzare la salute e il benessere delle persone. In modo simile a quanto detto a proposito delle condizioni precedenti, anche per l’ipertensione il nesso causale con la parodontopatia si gioca tra batteriemia, stress ossidativo e liberazione di citochine pro-infiammatorie. Esiste un aumentato rischio di incidenza di ipertensione arteriosa in presenza di malattia parodontale. In particolare, vi è un aumento del rischio di pressione alta non controllata nei pazienti adulti che ricevono un trattamento antipertensivo e che soffrono anche di parodontite. L’evidenza indica che esiste un’associazione indipendente tra parodontite e ipertensione arteriosa, con denominatori genetici comuni che coinvolgono geni delle funzioni immunitarie. In più, le due patologie condividono fattori di rischio comuni non modificabili e modificabili come l’età avanzata, il sesso maschile, il vizio del fumo, uno stile di vita sedentario, sovrappeso e obesità. 

Malattia parodontale e disglicemia

Di tutte le componenti della sindrome metabolica, la disglicemia (alterato metabolismo del glucosio) è quella più intimamente legata alla malattia parodontale. Il nesso sembra essere legato agli accumuli di AGEs (Advanced glycation end products) ossia composti proteici ricchi di glucosio che l’organismo non riesce altrimenti ad eliminare che si accumulano nei tessuti (anche parodontali). Questi composti inducono una reazione infiammatoria cronica, stress ossidativo, liberazione di mediatori dell’infiammazione tra cui quelli che inducono riassorbimento e rimodellamento del legamento parodontale e dell’osso alveolare. I pazienti con diabete e malattia parodontale presentano anche una risposta immunitaria meno efficace e coordinata che contribuisce ulteriormente al peggioramento del quadro clinico parodontale. Pazienti con elevati fasting plasma glucose (FPG) o con valori elevati emoglobina glicata (HbA1c) presentano un rischio di ammalarsi di parodontite doppio rispetto ai soggetti sani. Parimenti è dimostrata in letteratura una correlazione tra forme gravi di malattia parodontale e insulino-resistenza nella popolazione adulta con una frequenza quattro volte maggiore rispetto alla popolazione sana. Evidenze scientifiche che confermano la necessità di una più stretta è la collaborazione tra odontoiatri e medici di base, tanto maggiore sarà il miglioramento degli standard di cura dei pazienti, soprattutto in relazione a gravi patologie croniche come diabete, malattie cardiovascolari e respiratorie. Di qusto si era occupato il progetto Perio & Family Doctors, un'iniziativa sviluppata congiuntamente da EFP (Federazione Europea di Parodontologia) e Wonca Europe (sezione europea dell'Organizzazione Mondiale dei Medici di Famiglia),

tratto da: Odontoiatria33, 09 novembre 2024