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Implicazioni metaboliche del trattamento con anti-psicotici

I pazienti con schizofrenia hanno un rischio più elevato di anomalie cardio-metaboliche rispetto alle persone senza malattie psichiatriche, soprattutto per il maggior rischio di sviluppare la sindrome metabolica.

Le persone affette da psicosi presentano un’ampia gamma di problematiche mediche, che inducono una marcata riduzione della qualità della vita e l’aumento della mortalità, derivanti dalla gravità e dall’eterogeneità della malattia, dai comportamenti e dallo stile di vita malsani, ma anche dai potenziali effetti avversi degli anti-psicotici (AP). «Infatti, i pazienti con schizofrenia hanno un rischio più elevato di anomalie cardio-metaboliche rispetto alle persone senza malattie psichiatriche, soprattutto per il maggior rischio di sviluppare la sindrome metabolica (Hjorthøj C, et al. Lancet Psychiatry 2017)» riferiscono gli esperti della Commissione Nutrizione e Nutraceutica AME (Associazione Medici Endocrinologi) coordinata da Giovanni De Pergola. «Da diversi anni si è evidenziato che i pazienti con schizofrenia hanno un’aspettativa di vita significativamente più breve di 15-20 anni, con aumento di 2-3 volte del tasso di mortalità standard per tutte le cause» continuano gli specialisti. «In questi soggetti il tasso di morbilità e mortalità per malattia cardio-vascolare (CV) è raddoppiato rispetto alla popolazione generale. Anche i tassi di prevalenza per le patologie metaboliche sono significativamente maggiori: il rischio relativo (RR) è 1.5-2 per l’obesità e 2 per il diabete» osservano gli esperti. «Una recente metanalisi, che ha coinvolto oltre 430 000 soggetti, ha riportato che, rispetto ai controlli sani, il RR di diabete mellito tipo 2 (DM2) era 2.04 nei pazienti con schizofrenia, con prevalenza di DM2 più alta tra i soggetti con schizofrenia multi-episodio rispetto a quelli al primo episodio (Holt RIG, Mitchell AJ. Nat Rev Endocrinol 2015). Inoltre, la sindrome metabolica è da due a tre volte più frequente rispetto alla popolazione generale (De Hert M, et al. World Psychiatry 2009)».

«Gli anti-psicotici svolgono un ruolo centrale nel trattamento della schizofrenia, ma sono associati a un moderato aumento di peso, ipertensione ed effetti avversi sul metabolismo lipidico e glucidico» riportano De Pergola e colleghi. «Soprattutto la clozapina e l’olanzapina sono associati a significativo incremento ponderale, che può nel tempo indurre il rischio di patologie associate al sovrappeso e all’obesità: artrosi, DM2 e sue complicanze, malattie CV e cerebro-vascolari, malattie del fegato e dei reni, nonché alcuni tipi di neoplasie (Pillinger T, et al. Lancet Psychiatry 2020). Sebbene l'esposizione a molti AP aumenti i fattori di rischio cardio-metabolico, la mortalità è comunque più elevata nei pazienti non trattati rispetto ai trattati, a indicare che i benefici di un trattamento adeguato si traducono nella riduzione dei fattori di rischio cardio-metabolici e di comorbilità» proseguono gli esperti (Pillinger T, et al. Lancet Psychiatry 2020).

«Il meccanismo alla base della disregolazione metabolica è complesso e multi-fattoriale e coinvolge vari sistemi neuro-trasmettitoriali e ormonali, che interagiscono con fattori di rischio genetici e con lo stile di vita del singolo paziente, nonché con lo specifico AP prescritto» riferiscono gli specialisti. «Tutti gli AP sono deboli bloccanti del recettore D2, ma possono coinvolgere altri bersagli recettoriali, come i recettori della serotonina (5-HT). Il rapporto tra l'affinità dei recettori 5 HT2A/D2 e 5-HT2C/D2 e la costante di dissociazione rapida dal recettore D2 sono tra i maggiori fattori che influiscono sulle differenze in termini di efficacia ed effetti collaterali tra i diversi AP» osservano De Pergola e colleghi. «Inoltre, gli AP possiedono diversi possibili siti d’azione recettoriale, come l’antagonismo parziale per i recettori 5-HT1, per gli H1 dell'istamina, per gli α2 adrenergici, per i muscarinici M3 e sulla produzione del fattore neurotrofico BDNF (brain-derived neurotrophic factor) nonché sul trasportatore della glicina (GlyT)» (Pillinger T, et al. Mol Psychiatry 2019).

«L’azione degli AP si evidenzia perfino sui recettori di questi neurotrasmettitori presenti sugli organi periferici critici per il controllo metabolico, compreso il pancreas, il tessuto adiposo, il muscolo scheletrico e il tratto gastro-intestinale, in particolare con l’alterazione del microbiota intestinale e quindi dell’asse intestino-cervello» continuano De Pergola e colleghi. «Gli AP, specialmente di seconda generazione, agiscono anche su diversi neuropeptidi che modulano l'appetito e l'assunzione di cibo, come il neuropeptide Y (NPY), il peptide correlato all'agouti (AgRP), l’α-MSH, l’adiponectina, la leptina, la grelina, e su diversi meccanismi come il dispendio energetico e sull’omeostasi metabolica attraverso il sistema mitocondriale. Pertanto, tra le varie molecole ad azione AP è essenziale scegliere quella maggiormente indicata per il singolo paziente e, se il quadro clinico lo consente, è preferibile evitare la poli-terapia con più AP» osservano gli esperti. «I possibili effetti collaterali metabolici devono essere regolarmente monitorati in chiunque assuma un AP, attraverso il controllo periodico di BMI, glicemia, insulino-resistenza, lipidi, pressione arteriosa e condizioni cardiologiche» (Milano W, et al. Giornale Italiano di Psicopatologia 2007).

«Se si verificano questi effetti, le modifiche dello stile di vita rappresentano un ragionevole primo passo» commentano gli specialisti. «Può essere preso in considerazione anche il passaggio a un AP a minor rischio di indurre problemi metabolici, ma qualsiasi decisione in proposito deve tener presenti gli eventuali rischi di ridotta efficacia clinica e prevenzione delle ricadute, oltre all’esposizione ad altri possibili effetti collaterali legati al nuovo AP».

«I cambiamenti dello stile di vita con la dieta e l'esercizio fisico sono l’approccio terapeutico di prima linea, ma sono spesso difficili da implementare in questo tipo di pazienti» osservano gli esperti della Commissione Nutrizione e Nutraceutica AME. «Quando la dieta o qualsiasi altro intervento non farmacologico non è stato sufficiente a gestire l’aumento di peso o l’insorgenza di altri eventi avversi metabolici, diventa necessario introdurre un’adeguata terapia farmacologica per gli eventi avversi metabolici».

«È abbastanza sorprendente notare, però, che gran parte dei pazienti con disturbi psicotici, affetti da sindrome metabolica, obesità, DM2 o ipertensione non sono trattati farmacologicamente per la gestione di queste complicanze» affermano gli esperti. «Tra i farmaci utili al controllo metabolico, dobbiamo ricordare principalmente l’uso della metformina e, in caso di mancato successo, la possibilità di provare gli analoghi del GLP-1 o altri farmaci che diminuiscono l'appetito, anche se i dati della letteratura sono ancora modesti o addirittura controversi» proseguono. «Se necessari, sono utili, seppur poco usati in questi pazienti, i diversi farmaci per controllare l’eventuale dislipidemia o l’ipertensione arteriosa. Le statine sono considerate la pietra angolare per il trattamento della dislipidemia, mentre gli anti-ipertensivi di prima linea sono i tiazidici, gli ACE inibitori, i sartani e i calcio-antagonisti. Per i pazienti con sindrome metabolica, si dovrebbero evitare i tiazidici che possono aumentare i livelli di glicemia» (Prasad F, et al. Ther Adv Psychopharmacol 2023).

Tratto da: Doctor33, 27 novembre 2024