PM2.5 e rischio di pre-diabete, nuove evidenze e strategie di prevenzione
Il crescente numero di individui con pre-diabete, sia in aree urbane che rurali, va a esacerbare il peso sulla salute pubblica del diabete e delle sue complicanze.
Poiché una percentuale considerevole di condizioni di pre-diabete evolve in diabete nell’arco di 5 anni dalla diagnosi, il crescente numero di individui con pre-diabete, sia in aree urbane che rurali, va a esacerbare il peso sulla salute pubblica del diabete e delle sue complicanze.
«I fattori di rischio del pre-diabete sono gli stessi del diabete: accanto a quelli noti (genetici, familiari, obesità, stile di vita non sano), si stanno aggiungendo, con evidenze sempre più forti, quelli legati all’inquinamento ambientale», affermano gli esperti della Commissione AME (Associazione Medici Endocrinologi) Rapporti con Slow Medicine, coordinata da Simonetta Marucci. «Molti studi documentano il ruolo patogenetico dei disruptor endocrini per l’interferenza col metabolismo e le funzioni ormonali, ma anche i particolati, presenti nell’aria in misura sempre più significativa, rappresentano uno dei più grossi problemi di salute pubblica a livello globale», riportano gli specialisti. «Recenti studi hanno dimostrato che l’esposizione, anche a bassi livelli, al particolato fine (polveri sottili con diametro < 2.5 μm - PM2.5) è associato a incremento del rischio di insulino-resistenza e diabete (Beulens JWJ, et al. Diabetologia 2022; Mei Y, et al. Environ Res 2023)», proseguono gli esperti. «La comprensione di come l’inquinamento incida sulla salute nel corso della vita è di fondamentale importanza per facilitare interventi precoci di prevenzione», osservano Marucci e colleghi.
«Un recente studio longitudinale di coorte (Yi Y, et al. Diabetes Care 2025) ha avuto l’obiettivo di indagare l’eventuale associazione tra esposizione cronica a PM2.5 e la prevalenza di pre-diabete/diabete, rapportata anche ai diversi stadi di sviluppo, dalla pre-adolescenza all’età adulta», riportano gli specialisti. «Sono stati arruolati 4551 soggetti (età media 15.9 anni, 53.8% maschi) in due coorti aperte, a Taiwan e Hong Kong tra il 2000 e il 2018, per quasi 10 anni, a partire dalla pre-adolescenza fino all’età adulta», riferiscono gli esperti. «La maggioranza non aveva mai fumato nel periodo adolescenziale (85.5%) e non soffriva di ipertensione (97.4%) o dislipidemia (77.6%)», continuano Marucci e colleghi. «Sono stati monitorati periodicamente questi parametri: dati antropometrici, pressione arteriosa, esami emato-chimici, questionari relativi allo stile di vita, a eventuali problematiche intercorrenti e a informazioni demografiche. L’esito principale era l’impatto dell’esposizione a PM2.5 sulla prevalenza di pre-diabete/diabete, secondo la definizione della American Diabetes Association (pre-diabete se glicemia a digiuno tra 100 e 126 mg/dL - 5.6-7.0 mmol/L; diabete se glicemia > 126 mg/dL - 7.0 mmol/L, per tutte le categorie di età)», riportano gli esperti.
«Tutti i partecipanti erano geo-localizzati e in ogni località veniva calcolata la concentrazione media annuale di PM2.5, tramite un modello validato spazio-temporale ad alta risoluzione, con uno spettroradiometro satellitare», proseguono Marucci e colleghi.
Questi i risultati. «Pre-diabete o diabete: 675/4551 partecipanti lo presentavano già alla partenza. Nel corso dello studio altri 973 individui hanno sviluppato pre-diabete e 12 diabete», riportano Marucci e colleghi. «Rispetto ai soggetti con normo-glicemia in età adulta, quelli con pre-diabete/diabete avevano avuto un livello consistentemente più alto di glicemia a digiuno in tutte le fasi della vita, a partire dall’adolescenza», continuano gli specialisti. «Riguardo alla concentrazione media ambientale di PM2.5, valutata ogni 2 anni dal 2000 al 2018, il trend oscillava da 19.3 a 26.2 μg/m3 (picco nel 2002, seguito da un calo graduale), valori che eccedevano di gran lunga il limite di 5 μg/m3 fissato dalle linee guida WHO 2021 sulla qualità dell’aria (World Health Organization, 2021)», proseguono gli esperti.
«In relazione all’esposizione a PM2.5 e al rischio di pre-diabete/diabete: per ogni 10 μg/m3 di incremento di PM2.5 c’era un incremento del rischio di pre-diabete/diabete del 32% (IC 95% 13-54%). Paragonati con i partecipanti esposti al quartile più basso di PM2.5, c’era un progressivo aumento del rischio di pre-diabete/diabete: II quartile +18% (IC95% 1-37%), III quartile +21% (IC95% 3-42%) e IV quartile +29% (IC95% 8-54%)», osservano Marucci e colleghi. «I dati confermano che l’esposizione cronica ambientale a PM2.5 si associa a maggior prevalenza e incidenza di pre-diabete/diabete, come pure ad aumento dei livelli di glicemia a digiuno», commentano gli specialisti. «Sono stati proposti diversi potenziali meccanismi per spiegare l’associazione tra PM2.5 e diabete. Certamente l’inalazione di queste micro-particelle induce uno stress ossidativo sistemico, promuove l’infiammazione nel tessuto adiposo viscerale e contribuisce all’insulino-resistenza. A ciò si aggiunga un’influenza negativa sul sistema nervoso autonomo, sulla funzione endoteliale e mitocondriale e un’alterazione del microbiota intestinale», osservano gli specialisti.
«Dallo studio emerge che l’esposizione al particolato nelle varie età della vita si associa longitudinalmente ad aumentata incidenza di pre-diabete/diabete nell’età adulta e che la maggiore prevalenza riguarda l’esposizione in età precoce», riportano gli esperti.
«Dato il rapido incremento della prevalenza di pre-diabete nella popolazione giovanile (Ouyang A, et al. Diabetes Res Clin Pract 2024), sarebbe necessario effettuare altri studi sul rapporto tra inquinamento dell’aria e pre-diabete/diabete», affermano Marucci e colleghi. «Da ciò deriva la necessità di strategie di controllo dell’inquinamento dell’aria, attraverso una collaborazione inter-settoriale, migliorando e implementando i sistemi di monitoraggio e promuovendo energie pulite», riportano gli specialisti. «Le strategie di riduzione dell’inquinamento dell’aria dovrebbero essere pensate e modulate per tutte le classi di età, poiché anche riducendo l’esposizione al PM2.5 durante la vita adulta, si ridurrebbe l’impatto negativo sul metabolismo glicidico correlato ai livelli di esposizione precoce», proseguono gli esperti.
«Questo studio ha diversi punti di forza, primo fra tutti la numerosità del campione, la multi-centricità, la durata del follow-up e la metodologia rigorosa di rilevamento dell’inquinamento ambientale da PM2.5», osservano Marucci e colleghi. «Certamente potrebbero esserci fattori confondenti, come la presenza o meno di fumatori in famiglia e la presenza di altri inquinanti ambientali», commentano gli specialisti. «Sarebbe inoltre necessario approfondire l’impatto dell’esposizione pre-natale e nella prima infanzia al PM2.5, poiché questi sono periodi critici nello sviluppo di patologie dell’adulto», riferiscono gli esperti. «In ogni caso, i risultati attuali forniscono già una sufficiente evidenza dell’importanza di ridurre l’esposizione al PM2.5, per ridurre il potenziale rischio di sviluppare pre-diabete e diabete», continuano Marucci e colleghi.
«Colpisce in questo studio la collaborazione dei clinici con altre figure professionali, quali architetti, urbanisti, tecnologi ambientali e ingegneri civili, a conferma del fatto che ormai dobbiamo sempre più declinare le problematiche di salute in un’ottica ambientale, con conseguenti strategie che implichino non solo l’impegno del singolo rispetto al proprio stile di vita, ma anche scelte di tipo politico che rivedano l’assetto del paesaggio urbano», concludono gli esperti.
Diabetes Care 2025, 48:93-100. doi: 10.2337/dc24-1041.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39531385/
Tratto da: Endocrinologia33, 21 maggio 2025