Diabete tipo 1: prime evidenze cliniche su trapianto di isole pancreatiche senza immunosoppressione
Per la prima volta, un paziente affetto da diabete di tipo 1 (T1D) è riuscito a produrre insulina in autonomia dopo un trapianto di cellule pancreatiche senza l’impiego di alcuna terapia immunosoppressiva. Il risultato, pubblicato sul New England Journal of Medicine, rappresenta una prova di concetto rivoluzionaria per l’ambito dei trapianti allogenici nel diabete autoimmune, aprendo la strada a strategie terapeutiche in grado di evitare il rigetto immunomediato senza farmaci immunosoppressori.
Lo studio, coordinato da Per-Ola Carlsson M.D., Ph.D. di Uppsala University, Svezia, ha utilizzato cellule delle isole pancreatiche di donatore modificate geneticamente per renderle "ipoimmuni", cioè invisibili al sistema immunitario dell’ospite. A tale scopo, il team ha impiegato la tecnologia di editing genomico CRISPR associata alla proteina Cas12b, combinata con trasduzione lentivirale. Le cellule trapiantate sono parte della piattaforma sperimentale UP421, sviluppata da Sana Biotechnology e autorizzata per l’uso clinico dalle autorità regolatorie svedesi.
Risultati preliminari: sopravvivenza cellulare e secrezione insulinica senza rigetto
Il caso clinico riguarda un uomo con T1D di lunga data che ha ricevuto il trapianto intramuscolare di cellule isletiche nella regione dell’avambraccio. A dodici settimane dall’intervento, il paziente non ha mostrato alcuna risposta immunitaria verso le cellule trapiantate, nonostante l’assenza completa di trattamenti immunosoppressori, corticosteroidi o farmaci antinfiammatori.
Durante il periodo di osservazione, l’emoglobina glicata (HbA1c) del paziente è diminuita del 42%, suggerendo un miglioramento significativo del controllo glicemico. Inoltre, i livelli di peptide C — marcatore della secrezione endogena di insulina — hanno indicato una risposta insulinica stabile e correlata ai livelli di glucosio ematici. Secondo quanto riferito dal gruppo di Carlsson, queste evidenze sono coerenti con un’efficace evasione immunitaria da parte delle cellule trapiantate.
Nel dettaglio, gli autori sottolineano che le cellule ipoimmuni sono riuscite a eludere la risposta immunitaria dell’ospite umano, a differenza delle cellule non modificate o solo parzialmente editate, che normalmente scatenano rigetto. “I risultati di questo primo studio sull’uomo dimostrano la sopravvivenza a breve termine di cellule donatrici ingegnerizzate in grado di sfuggire all’identificazione da parte del sistema immunitario”, hanno scritto gli autori nell’articolo originale.
Il potenziale dell’approccio ipoimmune
Le cellule trapiantate fanno parte della piattaforma HIP (Hypoimmune Platform) di Sana Biotechnology, basata sull’ingegnerizzazione genetica di cellule umane per l’evitamento dell’attivazione immunitaria. Il meccanismo alla base consiste nell’eliminazione o inattivazione di geni chiave coinvolti nel riconoscimento immunologico, come quelli codificanti per molecole HLA di classe I e II, attraverso editing CRISPR.
Questa strategia mira a fornire una fonte stabile e universalmente compatibile di cellule terapeutiche, evitando la necessità di farmaci immunosoppressivi a lungo termine, che notoriamente comportano rischi infettivi, tossicità sistemica e ridotta qualità di vita per i pazienti. Nel contesto del T1D, dove il trapianto di isole pancreatiche è spesso limitato dalla necessità di immunosoppressione cronica, l’applicazione di una piattaforma ipoimmune rappresenta un passo potenzialmente rivoluzionario.
Le prospettive: sicurezza, efficacia e durabilità nel lungo termine
Sebbene i risultati iniziali siano incoraggianti, gli autori sottolineano la necessità di un follow-up prolungato per valutare la stabilità dell’effetto clinico, la sicurezza nel lungo termine e la durabilità dell’evasione immunitaria. Sarà inoltre essenziale verificare se le cellule ipoimmuni possano mantenere la loro funzione nel tempo e resistere non solo al rigetto acuto, ma anche a fenomeni immunitari cronici.
Ulteriori studi su coorti più ampie saranno fondamentali per confermare la validità del modello e valutarne la trasferibilità su scala clinica. Se confermato, questo approccio potrebbe rappresentare non solo una svolta per il trattamento del T1D, ma anche una piattaforma applicabile ad altri contesti di medicina rigenerativa e trapiantologia cellulare.
Bibliografia
Carlsson PO, Hu X, Scholz H, Ingvast S, Lundgren T, Scholz T, Eriksson O, Liss P, Yu D, Deuse T, et al. Survival of Transplanted Allogeneic Beta Cells with No Immunosuppression. N Engl J Med. Published online August 4, 2025. doi:10.1056/NEJMoa2503822
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Shapiro AMJ, Ricordi C, Hering BJ, et al. International trial of the Edmonton protocol for islet transplantation. N Engl J Med. 2006 Sep 28;355(13):1318-30.
Tratto da: Pharmastar, 07 agosto 2025