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Lo stress può causare un infarto?

L’infarto del miocardio è un evento cardiovascolare provocato nella maggior parte dei casi dall’ostruzione di un’arteria coronarica. In questa condizione il cuore non riceve un adeguato afflusso di sangue. Si tratta di una patologia severa che, salvo tempestivo intervento ospedaliero, può condurre il paziente alla morte.

Tra i fattori di rischio che possono condurre all’infarto, oltre a fattori non modificabili come l’età o la familiarità, vi sono anche alcune condizioni modificabili, per esempio il rialzo della pressione arteriosa, che a sua volta può essere aggravato da agitazione e stress. Ma in che misura lo stress quotidiano può concorrere allo sviluppo di un infarto?

Ne parliamo con la dottoressa Martina Briani, cardiologa in Humanitas.

Infarto: le cause e i sintomi

La necrosi delle cellule cardiache che si verifica durante un infarto è provocata da un’ostruzione parziale o completa di una delle arterie coronariche. Tale ostruzione si sviluppa a seguito di un accumulo di colesterolo e altre sostanze, quali le piastrine, che, insieme, vanno a creare una placca aterosclerotica. Durante un infarto, spesso si ha la rottura di questa placca con conseguente trombosi e interruzione di flusso sanguigno, e pertanto di ossigeno, al muscolo cardiaco.

L’infarto ha una sintomatologia che varia in base al grado di ostruzione dell’arteria e che può manifestarsi in maniera differente da individuo a individuo. Vi sono tuttavia alcuni segnali che, se riconosciuti in tempo, possono salvare la vita al paziente. La sintomatologia più comune associata all’infarto è una sensazione di dolore e oppressione al petto della durata superiore ai dieci minuti. Questo dolore può estendersi alle braccia, al collo, alla mascella e alla schiena ed essere accompagnato da bruciore allo stomaco, nausea, sudorazione fredda, fiato corto e stordimento.

In alcuni casi, inoltre, il soggetto può avvertire delle avvisaglie di questi sintomi nei giorni (ma anche nelle settimane) antecedenti all’evento: si definisce angina pectoris ed è una sensazione transitoria di oppressione e dolore al petto che spesso si sviluppa durante il movimento e termina a riposo.

È bene, in ogni caso, tenere a mente che un infarto del miocardio può anche presentarsi in maniera asintomatica o con un arresto cardiaco improvviso.

Fattori di rischio: modificabili e non modificabili

Quando si parla di placca aterosclerotica e di infarto bisogna fare attenzione a distinguere tra quei fattori di rischio che definiamo non modificabili e quelli modificabili.

I fattori non modificabili sono quelli che riguardano aspetti come il sesso, l’età e la predisposizione familiare. Vi sono però altri fattori di rischio sui quali si può intervenire modificando il proprio stile di vita. Aumentano infatti le probabilità di sviluppare un infarto condizioni come l’ipertensione arteriosa, un livello elevato di colesterolo o trigliceridi nel sangue, l’eccesso ponderale e l’obesità, uno stile di vita sedentario e poco attivo, nonché il fumo di sigaretta e l’abuso di alcolici.

Tra i fattori non modificabili figura anche una condizione a cui non sempre si presta attenzione, sottostimando l’impatto che può avere sulla nostra salute e sul nostro fisico: lo stress.

Una condizione di stress continuativo e prolungato, infatti, si associa sia a un aumento della pressione arteriosa che può sfociare in ipertensione conclamata, sia al rischio di rottura delle placche aterosclerotiche, laddove già presenti, con conseguente trombosi e necrosi del muscolo cardiaco.

Il ruolo dello stress

La pressione emotiva e lo stress che possono derivare da fattori sociali, per esempio dai rapporti di lavoro, nei soggetti adulti si associano ad un aumento del rischio di infarto del miocardio e di una serie di patologie cardiovascolari correlate, come l’attacco ischemico transitorio (TIA) o l’ictus cerebrale.

Essere a conoscenza di questi rischi è il primo passo per imparare a controllare i comportamenti che, se modificati, possono aiutare ad attenuare lo stress e, di conseguenza, diminuire il rischio di ipertensione.

Tra queste buone pratiche quotidiane, per esempio, si annoverano gli esercizi di respirazione ed alcune attività sportive che si basano sul controllo del respiro e dei movimenti del corpo, come yoga o pilates. Anche l’ascolto di musica rilassante può aiutare a contenere l’agitazione, così come l’organizzazione di spazi lavorativi caratterizzati da colori tenui e dalla presenza di piante si associa a una disposizione d’animo migliore.

Un altro consiglio per non sentirsi soverchiati dalle incombenze lavorative è suddividere i propri compiti per importanza, svolgendone uno alla volta ed evitando il multitasking.

L’importanza dell’alimentazione

Infine è da tenere in considerazione anche l’effetto che un’alimentazione scorretta può avere sul nostro umore e sulla nostra salute generale. È bene dunque evitare i cibi lavorati o preconfezionati, favorendo una dieta salutare, ricca di verdure, di frutta, di legumi e di cereali non lavorati e povera di zuccheri e grassi saturi. Anche gli alcolici sono da evitare, poiché alterano l’equilibrio psicofisico favorendo gli stati di agitazione.

Creare delle abitudini quotidiane che aiutino a indirizzarsi verso uno stile di vita più salutare significa intervenire attivamente sui fattori di rischio dello stress. Se, tuttavia, l’ansia e lo stress si dovessero cronicizzare, o se dovesse svilupparsi un principio di depressione, è sempre opportuno parlarne con il proprio medico di medicina generale e, eventualmente, consultare uno specialista in grado di indicare il percorso di cura migliore.

Infarto: come intervenire?

L’infarto può essere trattato solo ed esclusivamente in una struttura ospedaliera: se, dunque, si sospetta di avere una sintomatologia associata all’infarto è bene chiamare tempestivamente il 118. A seguito degli opportuni esami diagnostici, l’ostruzione coronarica verrà trattata tramite intervento di coronarografia e angioplastica, che consentirà allo specialista cardiologo di riaprire la coronaria in modo tale che il sangue ossigenato possa tornare a scorrere in maniera adeguata verso il cuore. A seguito dell’intervento il paziente dovrà seguire una terapia farmacologica atta a prevenire l’insorgenza di un nuovo evento cardiovascolare.

Tratto da: Humanitas Salute, 27 maggio 2021