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Il cuore delle donne

Il cuore delle donne

- Le malattie cardiovascolari causano una morte su tre nel sesso femminile, uccidendo approssimativamente una donna ogni minuto

- 90% delle donne ha uno o più fattori di rischio cardiovascolare

- A partire dal 1984, la mortalità cardiovascolare nelle donne ha superato quella degli uomini ed il gap continua ad aumentare

- I sintomi cardiovascolari possono essere differenti nelle donne ed essere più spesso misconosciuti

- Mentre una donna americana su 31 morirà per cancro al seno, una su tre morirà di cuore

- The breaking news: le malattie cardiovascolari sono il killer n.1 nelle donne, ma soltanto una su 5 ne è cosciente.

Dati epidemiologici, clinici e di medicina sperimentale indicano in modo sempre più evidente l’esistenza di differenze nell’incidenza e nella progressione di molte patologie comuni a uomini e donne. Si riscontrano differenze anche nei meccanismi patogenetici che le determinano, nelle evidenze diagnostiche, nella risposta alle terapie e negli eventi avversi ad esse associati. In particolare, nelle malattie cardiovascolari, negli ultimi anni, si è osservato un completo ribaltamento di quelle che sembravano dogmi e che attribuivano la patologia cardiovascolare quasi esclusivamente al sesso maschile. Nanette Wenger nel 2001, nel corso di una intervista, affermava che “…la comunità ha sempre guardato alla salute della donna con un approccio a “bikini” focalizzando la sua attenzione sul seno e sul sistema riproduttivo, vale a dire ignorando quasi totalmente il resto dell’organismo femminile nell’ambito dei problemi di salute…”. Di fatto, nei Paesi occidentali, le malattie cardiovascolari sono la prima causa di decesso per le donne. Nel 2014 (ultimo dato di mortalità disponibile ISTAT) nel nostro Paese si sono verificati 220.200 decessi per malattie del sistema circolatorio: 96.071 negli uomini e 124.129 nelle donne. Un’errata percezione del rischio clinico (da parte dei medici e delle donne stesse) così come una sintomatologia meno evidente fanno sì che le donne siano esposte a rischi non meno importanti di quelli maschili. Questa disparità si declina, per esempio, in una mortalità femminile per infarto più alta rispetto a quella maschile: in media il 10-15% nelle donne contro il 3-7% negli uomini.

I fattori di rischio, più peculiarità che similitudini

Mentre per i fattori di rischio tradizionali e in comune con il genere maschile, si osserva una esposizione costante nel corso della vita, ma con una diversa incidenza e differenti conseguenze, esistono alcuni fattori di rischio, peculiari del genere femminile, la cui esposizione cambia nel corso degli anni. Per quanto riguarda i primi, quelli ormai noti sia nella popolazione maschile che in quella femminile, ricordiamo il colesterolo alto, il fumo, l’ipertensione, il diabete e l’obesità. Questi fattori, sebbene comuni ad entrambi i generi, incidono in modo differente sulle donne: le donne fumatrici, per esempio, rischiano fino a 5 volte di più di sviluppare danni alle arterie (e, dunque, sono 5 volte più esposte al rischio di infarto miocardico), con un rischio aggiuntivo e moltiplicativo se concomita l’assunzione di anticoagulanti orali, sviluppano l’ipertensione arteriosa prima e più velocemente degli uomini. L’Osservatorio Epidemiologico ha evidenziato, nell’ultima rilevazione, un trend in ascesa nel genere femminile nell’esposizione ad alcuni fattori di rischio, quali la sindrome metabolica, l’obesità ed il diabete, una sostanziale stabilità o una lieve discesa per gli altri con un trend, comunque, meno favorevole rispetto al genere maschile.

- Fumo -> 5 volte maggiore rischio Infarto Miocardico Acuto (IMA); ruolo di rilievo se spasmo coronarico

- Ipertensione -> in donne anziane PA >185 mmHg sistolica -> 3 volte maggiore morte cardiaca se annullata si ridurrebbe del 36% rischio di IMA

- Obesità -> 3 volte maggiore rischio IMA (USA1/3 donne obese, 7% obesità estrema)

- Sindrome metabolica -> 5 volte maggiore rischio IMA

- Diabete Mellito -> 4-5 volte maggiore Sindrome Coronarica Acuta (SCA), 3 volte maggiore mortalità a 30 giorni e 1 anno post SCA

Dislipidemia:

- Si osserva un aumento del Colesterolo LDL dopo i 65 anni; in ogni caso, la relazione tra livelli di LDL elevati ed eventi cardiovascolari è meno forte rispetto al sesso maschile

- Ruolo di rilievo di HDL e TG (più che nel sesso maschile)

Esiste poi il complesso sistema di protezione ormonale espresso, soprattutto, dagli estrogeni in grado di esplicare una serie di effetti favorevoli quali:

- sull’assetto lipidico, una riduzione dei valori di LDL ed un incremento del HDL

- sulla coagulazione, una riduzione del fibrinogeno

- sull’infiammazione, una riduzione delle molecole di adesione

- sulla funzione endoteliale, un miglioramento attraverso l’aumento della produzione di ossido nitrico, una riduzione dell’Endotelina-1.

Con il cessare della funzione ovarica, la perdita di questi effetti favorevoli si accompagna ad una serie di alterazioni metaboliche che favoriscono l’aumento della adiposità addominale, l’aumento della glicemia e dei trigliceridi: parametri che concorrono alla diagnosi di sindrome metabolica ed al conseguente incremento del rischio cardiovascolare. Ai fattori di rischio più noti si aggiungono livelli maggiori di depressione, ansia, stress, che - a loro volta - innalzano ulteriormente il pericolo di andare incontro ad un evento cardiovascolare, troppo spesso senza che la donna se ne renda conto, perché i sintomi non sono sempre evidenti o, semplicemente, non vengono riconosciuti con la dovuta prontezza. Questo fa sì che le donne tendano a presentarsi più tardi in Pronto Soccorso rispetto agli uomini quando, invece, in questi casi l’azione tempestiva è fondamentale. Alcuni fattori emergenti come le malattie infiammatorie croniche a genesi autoimmune, ad esempio l’artrite reumatoide più frequente nel sesso femminile, la eclampsia gravidica, il diabete gestazionale stanno presentando una stretta correlazione con lo sviluppo di malattie cardiovascolari.

I diversi sintomi pregiudicano il successo terapeutico

Le malattie cardiovascolari – come l’angina pectoris, le aritmie cardiache e l’infarto miocardico – si manifestano nelle donne con una sintomatologia diversa rispetto agli uomini. Questo è dovuto, in parte, a ragioni anatomiche e, in parte, a motivi ormonali, enzimatici e psicologici. Il dolore in corso di infarto è spesso precordiale ma non retrosternale, più facilmente dorsale, al collo, alla mandibola, la causa scatenante è più spesso una emozione che uno sforzo fisico. E’ più frequente rispetto al sesso maschile una presentazione con la dispnea, anziché con il dolore toracico. Sono descritti, inoltre, vertigini, sonnolenza, nausea o vomito.

Anche lo stesso elettrocardiogramma, nelle donne, presenta delle anomalie che, spesso, sono confondenti con una diagnosi appropriata. Tutti questi fattori hanno un impatto anche sullo sviluppo e la gravità di queste patologie, il mancato riconoscimento, la sottovalutazione dei sintomi porta ad un arrivo tardivo alle cure ospedaliere che ne determina un ritardato ricorso alle tecniche di rivascolarizzazione percutanea con conseguente sviluppo di conseguenze permanenti sulla cinesi e sullo sviluppo di scompenso cardiaco. Tra l’altro, presentandosi le malattie cardiache con 10 anni di ritardo nelle donne, vi è una prognosi peggiore perché l’età avanzata riduce le probabilità di successo delle terapie: le donne, infatti, sono in media più ammalate quando l’infarto o la cardiopatia potrebbe presentarsi. Il 30% delle donne in età avanzata e candidate per un intervento al cuore sono a rischio di diabete, contro il 14% degli uomini; il 70% di quelle sopra i 75 anni d’età soffre di ipertensione contro il 30% degli uomini. Questo comporta che il cuore femminile sopporti meno l’ischemia, ovvero la mancanza di afflusso di sangue dovuta al restringimento delle coronarie. Una causa rara e spesso misconosciuta di SCA, più frequente nel sesso femminile, è la dissezione coronarica che in genere colpisce donne di età 44-55 anni; 30% dei casi nel periodo peri-partum. Tra le possibili cause vanno ricercate condizioni fisiopatologiche che predispongono l’intero letto vascolare a subire un danno infiammatorio (gravidanza, infiammazioni sistemiche, disordini connettivali). Alcune ricerche statistiche sulla sindrome di Takotsubo, conosciuta anche come sindrome del cuore spezzato e cardiomiopatia da stress, spesso causata da situazioni stressanti e da forti emozioni, hanno dimostrato che quest'ultima è più frequente nella popolazione di sesso femminile (il 90% dei casi riguarda una donna), in particolar modo nelle donne in menopausa.

Riassumendo, le caratteristiche delle donne in corso di infarto:

- Spesso più anziane al primo episodio di infarto (età media 71.8 vs 65 aa)

- NSTEMI > STEMI

- Maggiore il ritardo pre-ospedaliero dall’esordio dei sintomi (1.8-7.2 h D vs 1.4-3.5 h U)

- Meno probabile l’ospedalizzazione per IMA

- Trombolisi ugualmente efficace (<12h), ma più alto rischio sanguinamento (specie intracranico)

- Minor ricorso ad angioplastica coronarica (PCI), maggior ritardo nei tempi di riperfusione (DTB)

- Maggiori complicanze in acuto se bypass aortocoronarico (minor uso Arteria mammaria interna)

- Più frequenti infarti senza evidenza di ostruzioni coronariche, più lesioni focali che rottura di placca

- Più alta mortalità in-hosp dopo IMA

- Maggiori complicanze (emodinamiche, sanguinamento)

- Minor uso di terapie evidence-based in fase acuta

- Minor prescrizione di terapia statinica alla dimissione

- Maggiori re-ospedalizzazioni dopo PCI

- Peggior recupero post-IMA

- Minor partecipazione a programmi di Cardiologia Riabilitativa

L’efficacia dei farmaci e delle misure di prevenzione

Nonostante divenga sempre più chiaro che esistano differenze di genere "negli affari di cuore", le terapie tradizionali per i disturbi cardiaci, in molti casi, sono ancora standardizzate sul corpo degli uomini. La maggior parte dei farmaci usati nella cura di malattie cardiovascolari, per esempio, è stata studiata prevalentemente su campioni maschili. La percentuale delle donne inserite nei grandi trial è sicuramente minoritaria rispetto ai dati epidemiologici che abbiamo visto. Per fortuna, sempre più ricercatori, medici ed operatori “non fanno di tutta l’erba un fascio”, riconoscendo le peculiarità del genere femminile. In questo quadro, interventi e cure farmacologiche adatti, accompagnati da terapie psicologiche se necessario, diventano essenziali per una medicina attenta alle differenze di genere.

Prevenire nelle donne: un impegno ancora maggiore

Per raggiungere lo scopo di una adeguata prevenzione nel genere femminile bisognerà lavorare in profondità sul sistema sociale nel suo complesso. Ecco che le Società scientifiche rivestono un ruolo fondamentale per costruire campagne di comunicazione che informino le donne del rischio cardiovascolare e dell’importanza delle strategie di prevenzione, sia sui tradizionali fattori di rischio, sia su quelli emergenti e peculiari del genere femminile. In particolare, l’intervento sui fattori di rischio correlati alla gravidanza va condotto insieme ai Ginecologi da cui, in caso di evidenza di una ipertensione gravidica o di un diabete gestazionale, dovrà partire il primo intervento di comunicazione e prevenzione, invitando la paziente a far riferimento ad un Cardiologo per le successive valutazioni e decisioni terapeutiche. Una strategia che coinvolge più Specialisti diventa fondamentale per colmare questo divario di genere e si rivela l’arma più potente a nostra disposizione per prevenire le malattie cardiovascolari. Se donne, con qualche accortezza in più. Bisognerà, inoltre, intervenire sul versante psicologico che spesso costituisce un ostacolo aggiuntivo e non facilmente sormontabile. L’approccio alla depressione con un aiuto dedicato e specifico va sempre preso in considerazione, deve essere avviato un attento counceling motivazionale che stimoli la paziente a seguire i consigli sull’alimentazione, sul fumo, sull’attività fisica e sull’assunzione delle terapie raccomandate. Bisogna dedicare attenzioni specifiche alle remore che spesso troviamo nel genere femminile, a dedicare attenzione alla propria salute. Questo è un passaggio da sottolineare per convincere le donne che il ruolo di caregiver deve essere modulato con quello di paziente. Soltanto una donna che sta bene sarà in grado di dedicare attenzione e cura agli altri componenti della sua famiglia.

Bibliografia:

1) Annuario ISTAT 2017, vol.4 –Sanità e Salute, pag.121

2) European Society of Cardiology: Cardiovascular Disease Statistics 2017

3) Gender in Cardiovascular disease: impact on clinical manifestation, management and outcomes. European Heart Journal (2016), 37, 24-34

4) Heer T et al: Sex Differences in Percutaneous Coronary Intervention. J.Am.Heart Assoc. 2017

5) Aggarwal et al. Cardiovascular Quality and outcomes. Circulation 2018; 11

6) Wilkinson et al. Heart 2019; 105(7), 516-523

7) Cant JG et al. Symptom presentation of women with acute coronary syndromes: mith vs reality. Arch Intern Med. 2007

Carmine Riccio

Responsabile UOSD Follow up del paziente post acuto

Azienda Ospedaliera S. Anna e S. Sebastiano di Caserta

Tratto da: Cardiolink, 06 dicembre 2021