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Gli italiani non amano il proprio cuore e non fanno prevenzione

 

Oggi le donne vanno molto in palestra e ogni tanto fanno una dieta, essendo la linea la loro unica preoccupazione. Gli uomini non sono da meno: calcetto, magari senza allenarsi, jogging nel parco. Fumo, colesterolo, ipertensione, diabete sono ritenuti problemi: degli anziani. E davanti a simili situazioni l’allarme dei cardiologi giunge a sorpresa: gli italiani non amano il proprio cuore e continuano ad ammalarsi “E’ una situazione preoccupante ed in crescita, lo vediamo ogni giorno in corsia, specie nel reparto donne” ha affermato questa mattina Paolo Marino, presidente della Società Italiana di Cardiologia alla conferenza stampa del 70° congresso dalla SIC apertosi oggi a Roma.
“Speravamo almeno nei capelli bianchi – ha aggiunto Marino – ma da un po’ di tempo la ricerca della giovinezza perduta ha ridotto, se non cancellato, l’attenzione ai fattori di rischio. Ci si preoccupa solo, ed allora si cade nel panico, quando il cuore perde qualche colpo. I messaggi di prevenzione non stanno funzionando e forse vanno mirati per sesso e fasce di età. Per questo la campagna “Battiti per il tuo cuore” è stata indirizzata proprio ai ragazzi e ci ha dato grandi soddisfazioni”. Ma di sorprese, quando si parla di cuore in Italia, ce ne sono diverse. Alcune di queste sono state presentate dagli esperti della SIC nel corso della conferenza stampa.
Quanto l’Istat ha chiesto agli italiani come stanno in salute, l’ il 3,% ha dichiarato di soffrire di una malattia di cuore, più gli uomini (4,2%) delle donne (3,2%). Un guaio trasversale : (3,9%) al nord, poco meno al centro (3,5%) e appena sotto al sud (3,4%).
“Una persona su due che arriva al pronto soccorso con un accidente cardiovascolare – ha detto Francesco Romeo, presidente FINSIC – non presenta un grande fattore di rischio: colesterolo, fumo, diabete, ipertensione, obesità. Quale allora la causa? Sono stati individuati diversi geni che recitano un importante ruolo nell’insorgenza di una malattia cardiovascolare. Riguardano, per citarne alcuni, il metabolismo del colesterolo, la captazione del colesterolo dal sangue alla parete delle coronarie, la risposta infiammatoria, il diabete e la pressione arteriosa. La via della genetica è indirizzata in particolare all’identificazione di quel sottogruppo della popolazione nel quale, pur in assenza di gravi fattori di rischio,si è scoperta, con un’analisi del DNA, un’alta “suscettibilità genetica” per la presenza di geni cosiddetti ‘cattivi’.
Questo esame del DNA , per il quale bastano un capello,un po’ di saliva o di sangue, permette al consulente genetista ed al medico di valutare il rischio cui il paziente corre incontro ad una malattia cardiovascolare. Su questi dati si disegna la terapia ottimale personalizzata con farmaci mirati. A questo punto si deve verificare il risultato del percorso terapeutico di prevenzione con la visualizzazione delle coronarie con la TAC o diretta con la coronarografia. Il percorso descritto è particolarmente indicato alle persone che, senza avere fattori di rischio o minimi, hanno avuto un decesso in famiglia per un incidente cardiovascolare” ha concluso Romeo.
Nel corso dell’incontro vi è stata una denuncia pesante che giustifica dati allarmanti. Raffaele Bugiardini , coordinatore del Congresso, ha affermato “Il miglioramento della percentuale di aderenza ai farmaci salvavita richiede uno sforzo con continuative raccomandazioni da parte del sistema pubblica e continui controlli sull’attività di prevenzione secondaria svolti sul territorio. Ci sono terapie valide con farmaci salvavita nel dopo infarto evidenziate dalle scoperte scientifiche ma che tardano in Italia ad essere applicate nella pratica clinica. Non è una questione di economia perché la spesa per questi salvavita è basa. I cittadini devono essere informati che, nonostante il SSN spenda circa il 10% lordo per la Sanità, non sempre ricevono le cure che l’evidenza scientifica avrebbe suggerito e che essi dovrebbero sapere.”
Il Centro Studi della SIC, è stato messo in evidenza, in associazione con NECA ha preso in esame le prescrizioni di quattro farmaci salvavita. Lo scopo era quello di verificare la corretta applicazione delle linee guida terapeutiche nazionali ed internazionali nella cura del paziente. I risultati sono stati negativamente sorprendenti : c’è un 3% di scollamento dal trattamento ottimale osservato in campo internazionale. In pratica, i quattro farmaci salva-vita, l’Aspirina, i Beta-bloccanti, le Statine e gli Ace-inibitori, vengono prescritti in Italia in misura inferiore alle linee guida ed agli standard internazionali.
Tratto da: Salute Europa, 12 dicembre 2009