5permille
5x1000
A te non costa nulla, per noi č importante!
C.F. 98152160176

Linee guida responsabilitā, nel diabete devono essere tassative?

La posizione di Amd, Sid e Simdo

Sì alle linee guida, ma devono aderire il più possibile alle situazioni dei pazienti e non soltanto ai numeri di laboratorio. In questa posizione s'intravede un minimo comune denominatore tra le società scientifiche diabetologiche in tema di responsabilità medica. Nelle scorse settimane è partito un dibattito, alimentato da un documento di alcune associazioni di medici di famiglia come CoS e Csermeg e da esperti di politica sanitaria ed epidemiologia quali Alberto Donzelli direttore del progetto “Pillole di buona pratica clinica”, economisti come lo svizzero Gianfranco Domenighetti, Alessandro Battaggia del Centro Cochrane. Secondo la bozza di legge sulla responsabilità medica, approvata alla Camera, le linee guida cui il medico si deve attenere per non essere perseguibile per colpa grave devono stenderle le società scientifiche di specialità. Gli autori del documento preferirebbero un panel di esperti (metodologi clinici ed opinion leader di politica sanitaria), una gestione istituzionale (tipo Istituto superiore di Sanità con Agenas) e un processo di adozione delle regole “aperto” al pubblico come accade in Gran Bretagna nel Nice o negli Usa. Per far capire come a volte le indicazioni delle società scientifiche appaiano poco realistiche, citano gli Standard italiani 2014 sul Diabete 2 quando, in contrasto con l'algoritmo Aifa, raccomandano una triplice terapia orale per indicazioni se metformina e un secondo farmaco non bastano a l'emoglobina glicata sotto il 7%.

E mettono in dubbio la soglia del 7%, affermando che target troppo stringenti (6,6) secondo le revisioni Cochrane sono connessi a una maggior incidenza di mortalità cardiovascolare.

Pronta la replica dei presidenti Amd Nicoletta Musacchio e Sid Enzo Bonora (www.saluteinternazionale.info) che, oltre ad argomentare come i suggerimenti dei diabetologi non siano in contraddizione con Aifa, ricordano come il trattamento intensivo abbia ricadute di follow up molto positive se si inserisce in un piano di cura multifattoriale o se il diabete è insorto da poco tempo, o non è accompagnato da patologie cardiovascolari. E sui benefici del trattamento intensivo insulinico in pazienti con complicanze macrovascolari citano gli studi UKPDS, DCCT, ACCORD, ADVANCE e VADT. Anche la Simdo (Società Italiana Metabolismo Diabete e Obesità) con una lettera aperta prende posizione nel dibattito sul ruolo delle linee guida nella responsabilità medica e “boccia” le rigidità: nel diabetico non funzionano. Simdo non contesta gli argomenti: la qualità delle linee guida è la “migliore possibile”, ma usate “come tavole della legge” diventano «una sorta di arma letale in sede giudiziaria contro il medico, e dal punto di vista del soggetto malato un pericolo perché innescano il ciclo della “medicina difensiva”». «Credo sia palese a tutti quanto sia poco condivisibile la scelta di intensificare la terapia se un soggetto ha una HbA1c pari al 7.1 % e di lasciarla invariata se lo stesso soggetto presenta un valore del 6.9%. Per quanto si standardizzi il dosaggio, una variabilità di 0.1 punti è intrinseca alla metodica, non fosse che per le condizioni in cui è condotta l'analisi (temperatura, tempo di attesa, ....)», esemplifica Patrizio Tatti Presidente Simdo. «Il buon medico, anche se deve tener conto del valore di laboratorio, sa che è necessario curare non un numero ma una persona considerando molti altri dati biochimici, clinici ed umani. Le linee guida Nice ad esempio sono preparate in draft, e ufficializzate solo dopo mesi di discussione con tutte le categorie interessate, soggetti con diabete inclusi. Non si può pensare che una taglia di vestito valga per tutta la popolazione. E le LG non debbono tener conto unicamente di studi clinici sponsorizzati da aziende produttrici di medicinali. Nei convegni medici occupano ampio spazio i dibattiti pro e contro i risultati di studi importanti: che senso avrebbero se tutto fosse chiaro?».

Tatti continua: «Spiace poi osservare che le attuali LG si indirizzano soprattutto all'intervento farmacologico e non si preoccupano di introdurre suggerimenti di cautela relativi agli effetti collaterali dei farmaci, o alle situazioni particolari. Altre LG, come le finlandesi (http://www.terveysportti.fi/xmedia/ccs/kuljetusammatti_en.html) hanno una visione più ampia e non pongono cut-off, tranne il 7%. E, fatto ancor più importante, chiariscono per ciascun farmaco menzionato indicazioni, controindicazioni ed effetti collaterali, utilizzando dei pallini verdi per indicare le situazioni in cui la scelta è buona, gialli per chiedere un attento follow-up al medico e rossi per sottolineare quando non siamo di fronte a una “prima scelta”». Per dimostrare come l'introduzione di terapie in LG solo in base a esiti favorevoli possa avere esiti problematici, Tatti cita infine il recente studio Enpa-Med. «Nel diabete mellito scompensato esiste una situazione paradossale (hungry cell) in cui il glucosio pur accumulandosi in quantità all'esterno della cellula, non può entrarvi a causa dell'insulino-resistenza. La glicemia e la HbA1c che noi misuriamo sono quindi specchio della patologia. Che però noi non risolviamo riducendo i valori di glucosio nel sangue: se il rifornimento non arriva più, la cellula che si “nutre” di zuccheri va a cercarsi carburanti alternativi nei grassi e manda il soggetto in acidosi». Simdo si augura che il Governo cambi idea e crei «un pannello di esperti ampio, con maggioranza di figure indipendenti da relazioni con sponsor commerciali, in cui includere anche i soggetti con diabete».

Tratto da: Doctornews, 07 febbraio 2016