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Con metformina e insulina minore rischio di morte. Giorda (Amd): tesi affrettata

Le persone con diabete di tipo 2 (Dmt2) trattate con insulina più metformina hanno un ridotto rischio di morte e di eventi cardiaci rispetto alle persone trattate con la sola insulina, secondo uno studio condotto da tre studiosi dell'Università di Cardiff (Uk), guidati da Craig Currie. Un lavoro che, nonostante valorizzi gli effetti della metformina, apertamente mette in guardia circa i rischi del trattamento con insulina e che sotto questo profilo viene contestato da Carlo Bruno Giorda, past-president Amd (Associazione Medici Diabetologi). «L'autore di questo studio, Currie, è un epidemiologo puro, sicuramente bravo a scrivere lavori ma che per sua stessa ammissione non ha una grande esperienza clinica e, a mio parere, trae sempre conclusioni un po' affrettate e catastrofiche» afferma Giorda. «Tanto per fare un esempio, circa 6 anni fa su “Lancet” aveva pubblicato uno studio osservazionale dal quale emergeva che i pazienti che avevano meno di 7% di emoglobina glicata morivano di più e quindi concludeva che le linee guida dovevano mirare a livelli di HbA1c intorno a 8%. Il lavoro all'epoca aveva fatto molto scalpore perché era uscito più o meno sulla scia dello studio Accord che era stato interrotto per un aumento di mortalità nel braccio trattato intensivamente e, in quel momento, c'era un vento che spirava contro l'abbassamento dell'emoglobina glicata. Inoltre, Currie non analizza mai studi con randomizzazione, ma solo studi osservazionali, che sono utilissimi, però hanno limiti ai fini delle conclusioni». Anche in questo caso, in effetti, si tratta di una ricerca retrospettiva che ha preso in esame persone con diabete di tipo 2 che sono state trattate con insulina, con o senza metformina, dal 2000 in poi. Da un database di medicina generale sono stati identificati 12.020 soggetti, monitorati in media per tre anni e mezzo dal momento in cui hanno ricevuto la prescrizione di insulina. I ricercatori hanno scoperto che, se usata in combinazione con insulina, la metformina era in grado di ridurre la mortalità e gli eventi maggiori cardiaci (Mace). «Dal 1991, il tasso di uso di insulina nel Dmt2 è aumentato più di 6 volte nel Regno Unito» afferma Currie. «In anni più recenti, la metformina è stata utilizzata come trattamento anche insieme all'insulina. In precedenza, il nostro lavoro ha dimostrato che l'aumento della dose di insulina è collegata con la mortalità e gli attacchi di cuore e anche gli studi esistenti hanno dimostrato che la metformina può attenuare i rischi associati con l'insulina». In questa ricerca, prosegue, abbiamo esaminato la dose di insulina insieme all'impatto della combinazione di insulina con metformina e abbiamo scoperto che vi era una notevole riduzione della mortalità e di problemi cardiaci quando questo farmaco economico e comune è stato usato in combinazione con insulina. «L'effetto di riduzione di mortalità è possibile sia dovuto a un effetto favorevole nella metformina» osserva Giorda. «Del resto sappiamo che la metformina fino a poco tempo fa era l'unico farmaco che aveva un minimo di evidenza di riduzione della mortalità, soprattutto cardiovascolare (qualcuno dice anche neoplastica, ma evidenze sicure non ce ne sono). Il problema di questi studi» ribadisce il diabetologo «è che sono osservazionali e non c'è la randomizzazione e, anche se gli statistici hanno inventato metodi matematici come il propensity score (metodo che permette di ridurre al minimo la propensione al trattamento, ovvero la prescrizione di un farmaco a un paziente perché ne ha bisogno), resta sempre il dubbio di un indication bias, cioè il fatto che il paziente è indicato per quel trattamento e quindi riceve quel trattamento, e quello che succede dopo non è detto sia dovuto al farmaco, ma potrebbe essere dovuto alla maggiore gravità di malattia». Questo, in uno studio osservazionale, è un enigma irrisolvibile e l'unico modo per venirne a capo è la randomizzazione, sostiene Giorda. «La metformina resta un grande farmaco e può avere un effetto benefico, ma stiamo attenti a identificare l'insulina come reale causa di aumentata mortalità, perché l'insulina non è altro che un marker di maggiore gravità delle condizioni del paziente».

PLoS One, 2016; 11(5):e0153594. doi: 10.1371/journal.pone.0153594

Tratto da: Doctor33, 15 giugno 2016