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Il sale, nemico invisibile: impariamo a ridurre i cibi troppo «saporiti»

Il sale è la principale causa dell’attuale epidemia di ipertensione, danneggia le ossa e può causare calcoli ai reni. Ne usiamo il doppio di quanto consiglia l’Organizzazione Mondiale della Sanità e non ce ne rendiamo neppure conto. Scopriamo dove si nasconde per imparare a limitarne il consumo.

Un killer silenzioso. Così abile da nascondersi dove non te lo aspetti e da mietere milioni di vittime in tutto il mondo, mantenendo però un aspetto “innocente” perché tuttora pochi sanno quanto sia dannoso. Troppo sale fa male, e dal 20 al 26 marzo torna la Salt Awareness Week, una campagna internazionale promossa dalla World Action on Salt and Health che ogni anno punta il dito contro un nemico sfuggente ma pericoloso: l’ennesima occasione per ricordarci che mangiamo troppo salato e che dovremmo fare attenzione a tutto il sale che non vediamo. «È la maggior parte di quello che introduciamo - sottolinea infatti Pasquale Strazzullo, presidente della Sinu, la Società italiana di nutrizione umana, che da anni promuove l’iniziativa permanente “Meno sale più salute” -. L’indagine Minisal del Gruppo di lavoro intersocietario per la riduzione del sale in Italia ha dimostrato che gli italiani consumano circa il doppio della dose di sale massima suggerita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, pari a 5 grammi al giorno. Gli uomini si attestano sui 10 grammi, le donne intorno agli 8. Peraltro i Livelli di Assunzione Giornaliera Raccomandati (LARN) indicano che la quantità adeguata oltre cui già si può parlare di eccesso è pari a 3,75 grammi: la maggioranza, quindi, sfora abbondantemente i limiti. Soprattutto con il sale “invisibile” - continua Strazzullo - si stima infatti che del totale introdotto non oltre un grammo sia quello naturalmente presente nei cibi e circa un terzo, cioè due, tre grammi, sia aggiunto mentre cuciniamo. Il resto, circa due terzi della dose quotidiana, quindi intorno ai cinque, sei grammi arriva da alimenti preparati, che lo contengono perché vi viene aggiunto e che spesso sono insospettabili».

Il sale nascosto negli alimenti

Nei biscotti, nei dolci, nei cereali per la prima colazione c’è una grande quantità di sale; ancora di più se ne trova in salse e condimenti, oppure nel pane e nei crackers, nei formaggi spalmabili e in quello fuso a fette, nelle verdure in scatola. Per non parlare di salumi, carni e pesce in scatola o pasti pronti: i prodotti impanati, da cuocere in forno o friggere, in appena un etto di peso contengono anche da tre a cinque volte il tetto massimo di sale quotidiano. «Sbagliato credere che rivolgersi agli artigiani sia sempre preferibile rispetto ai cibi industriali: nel caso del pane, per esempio, il prodotto confezionato contiene in media 1,3-1,5 grammi di sale per etto, nel panificio sotto casa che segue le ricette della tradizione si può salire oltre i due grammi» sottolinea Strazzullo. «Occhi aperti, quindi, per cercare di ridurre l’introito il più possibile perché troppo sale fa davvero male» conclude Strazzullo.

Il sodio e l’epidemia di ipertensione

«Stando ai risultati di Minisal sono pochissimi gli italiani che introducono meno dei 5 grammi di sale al giorno, oltre i quali è bene non andare. Ma l’eccesso di sodio (“ingrediente” costitutivo del sale, ndr) è uno dei principali responsabili dell’epidemia di ipertensione che osserviamo in Italia e nel mondo - interviene Gianfranco Parati, presidente della Società italiana dell’ipertensione arteriosa -. Se c’è troppo sale nella dieta infatti il sodio viene riassorbito a livello renale, richiamando liquidi e quindi aumentando il volume di sangue e di conseguenza la pressione. Peraltro, in chi è già iperteso, il sale è ancora più dannoso: un abuso comporta una maggiore resistenza ai farmaci, in un circolo vizioso che si può spezzare solo riducendone i consumi, la prima raccomandazione che non a caso si dà a chi scopre di avere la pressione alta. Ciascuno di noi tuttavia dovrebbe farlo, anche se va precisato che la sensibilità al sodio non è uguale in tutti: alcuni tollerano un po’ meglio gli eccessi, altri sviluppano con maggior facilità ipertensione pure a dosaggi di sale inferiori. Per scoprirlo si possono misurare la pressione nell’arco delle 24 ore e la frequenza cardiaca: chi non ha il calo pressorio notturno e ha i battiti veloci è più spesso “ipersensibile” al sodio e predisposto a sviluppare ipertensione e pure la resistenza alle terapie dovuta al troppo sale».

Dieci milioni di morti evitabili

La pressione alta è ormai un’emergenza, come ha sottolineato un’analisi recente pubblicata su JAMA (Journal of American Medical Association) e condotta in 154 Paesi: il numero di ipertesi è cresciuto a dismisura negli ultimi 25 anni e le morti evitabili per colpa della malattia sono state 10 milioni in tutto il mondo nel solo 2015, una volta e mezzo di più rispetto al 1990. «L’ipertensione è la conseguenza più nota di una dieta troppo saporita ed è causa diretta di infarti, ictus e insufficienza renale, ma non è l’unica - riprende Strazzullo -. L’eccesso di sodio a livello dei reni comporta, infatti, un aumento dell’escrezione di calcio e questo provoca una maggiore demineralizzazione ossea e una probabilità più alta di calcoli renali. In alcune popolazioni asiatiche - aggiunge l’esperto - il largo consumo di sale, soprattutto se in associazione ai nitrati presenti nelle carni conservate, è stato correlato anche a un incremento del pericolo di tumore allo stomaco».

Troppo sale? Lo dice un test

Gli italiani sanno di consumare troppo sale? Per “saggiare” le proprie conoscenze e valutare se stiamo esagerando ci si può sottoporre al test in 20 domande sul sito della SINU (www.sinu.it, nella sezione “questionario”), che aiuta a capire se siamo nei limiti, esageriamo con la saliera o se, piuttosto, il nostro problema sta nel sale nascosto in alcune specifiche categorie di alimenti.

Lo studio contestato

Qualche tempo fa ha fatto discutere uno studio pubblicato su The Lancet (che ha coinvolto oltre 130mila persone di 49 Paesi, ipertese e non), secondo il quale le diete a basso contenuto di sodio sarebbero utili soltanto a chi soffre di pressione alta. Chi non ha questo problema non dovrebbe porsi limiti, perché rischierebbe di ritrovarsi con un rischio cardiovascolare aumentato. Conclusioni pericolose secondo l’American Heart Association ma anche secondo la Società italiana di nutrizione e il Gruppo di lavoro per la riduzione del sale che hanno chiarito in un documento come lo studio non fosse “ben disegnato” (molti partecipanti erano già ad alto rischio cardiovascolare e i metodi per la valutazione del sodio erano inadeguati), senza contare l’assenza di plausibilità biologica che spieghi perché introdurre cinque grammi di sale al giorno sia peggio di dodici.

Sodio, non va abbassato troppo

Che cosa succede invece se il livello di sodio nel sangue è troppo basso? Può accadere dopo episodi protratti di vomito e diarrea intensi, in caso di insufficienza cardiaca o a causa di problemi ormonali. La carenza di sodio provoca sonnolenza, spossatezza, debolezza e confusione mentale, riconducibili in buona parte al calo della pressione. Se il livello del minerale nel sangue si abbassa parecchio si possono avere spasmi muscolari e convulsioni; inoltre, la scarsità di sodio ha conseguenze anche sul cervello perché le connessioni fra neuroni dipendono molto dall’avere una corretta quantità di questo minerale a disposizione e oltre alla confusione mentale, si possono avere allucinazioni. Una riduzione lieve del sodio nel sangue si può risolvere riducendo l’introito di liquidi o intervenendo sulle cause specifiche; se il deficit è serio, è un’urgenza da gestire in ospedale.

Tratto da: Corriere della Sera Salute, Elena Meli, 26 marzo 2017