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Tumore del pancreas, alte dosi di radioterapia allungano la vita

Uno studio coordinato da italiani indica che, contrariamente a quanto si pensava, le radiazioni possono essere efficaci: maggiore è il dosaggio, più lunga la sopravvivenza.

Diversamente da quanto si è pensato finora, un trattamento di radioterapia a dosi sufficientemente elevate potrebbe prolungare la sopravvivenza dei pazienti con un tumore del pancreas diagnosticato ai primi stadi. Lo sostiene uno studio presentato nei giorni scorsi a Vienna durante il congresso della Società Europea di Radioterapia (ESTRO) da ricercatori italiani del Policlinico Universitario Agostino Gemelli e Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

Dopo 5 anni è vivo solo il 7%

Aggressivo e quasi sempre letale, il tumore del pancreas resta un nemico difficile da combattere. In Italia solo il 7 per cento dei 13.500 nuovi casi scoperti ogni anno (e il trend è in aumento) viene diagnosticato allo stadio iniziale, mentre le probabilità di sconfiggere la malattia restano poche: «A cinque anni dalla diagnosi è vivo soltanto il del 7,2 per cento dei pazienti - dice Francesco Cellini, radioterapista e ricercatore del Gemelli, che ha presentato gli esiti dello studio al convegno in Austria -. Purtroppo, la sopravvivenza è ancora bassa e alla maggioranza dei pazienti, dal momento della diagnosi, restano per lo più mesi e non anni da vivere (come accade invece per molti altri tipi di cancro). Nelle fasi iniziali, infatti, questa malattia non dà sintomi chiari e quando compaiono il tumore ha ormai cominciato a diffondersi agli organi circostanti e le probabilità che le cure abbiano successo sono scarse».

Lo studio su 514 pazienti

Nella sperimentazione sono stati arruolati 514 pazienti europei e americani con un carcinoma pancreatico in stadio iniziale, non ancora diffusosi ad altri organi, che aveva potuto essere rimosso chirurgicamente. Dopo l’intervento, tutti i malati sono stati sottoposti a chemioterapia combinata con radioterapia e poi seguiti, in media, per 20 mesi. I partecipanti sono stati però suddivisi in 4 sottogruppi a seconda dell’intensità di radiazioni ricevute (la cui unità di misura sono i Gray). «Abbiamo così appurato - spiega Cellini -, che quanto maggiore è la dose di radiazioni ricevuta, tanto più lunga è la sopravvivenza: i malati trattati con 55 Gray o più hanno avuto una sopravvivenza media di 28 mesi. Alcune ricerche precedenti avevano suggerito che il tumore al pancreas fosse resistente alla radioterapia, ma questo studio lascia intuire che molto dipenda dall’intensità del trattamento».

Fumatori, rischio doppio o triplo

fumo (anche passivo) rappresenta il fattore di rischio principale: i tabagisti, infatti, presentano un rischio di ammalarsi da doppio a triplo rispetto ai non fumatori. Inoltre il pericolo sale anche in presenza di: obesità (alto consumo di grassi saturi), ridotta attività fisica, scarsa assunzione di frutta e verdura fresca, abuso di alcol. Ad avere maggiori probabilità di sviluppare la neoplasia sono anche le persone che soffrono di altre patologie, come pancreatite cronica o diabete mellito. Attualmente, la terapia standard per i pazienti con un carcinoma del pancreas in stadio iniziale prevede l’operazione chirurgica seguita da chemioterapia, talvolta con l’aggiunta di radioterapia. Mentre per il tumore in fase avanzata si somministrano farmaci che possono essere combinati a radioterapia palliativa (per lo più per allevare il dolore causato da metastasi alle ossa). «Il nostro prossimo passo sarà verificare se le radiazioni, somministrate prima della chirurgia e sempre combinate con chemioterapia, possano essere utili a prolungare ulteriormente la sopravvivenza dei pazienti» conclude Cellini.

Tratto da: Corriere della Sera Salute, Vera Martinella, 31 maggio 2017