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C.F. 98152160176

Bassi valori di pressione diastolica aumentano la mortalitā e il rischio di eventi coronarici

È noto che la perfusione del miocardio si realizza prevalentemente durante la diastole, per cui valori pressori diastolici molto bassi possono ridurre la perfusione coronarica e causare ischemia del miocardio. Studi osservazionali hanno mostrato che la relazione tra pressione arteriosa diastolica (PAD), coronaropatia e morte è rappresentata da una curva a J, che riflette la ridotta perfusione coronarica che si verifica a bassi valori pressori diastolici. Questa associazione è particolarmente forte nei pazienti con coronaropatia nota, mentre sono disponibili pochi dati relativi ai pazienti con coronaropatia subclinica. In questo studio, è stata indagata l'associazione tra bassi valori di PAD, eventi coronarici, ictus e mortalità in 6811 soggetti partecipanti al Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis, uno studio di coorte che ha arruolato pazienti con età compresa tra 45 e 85 anni; l'analisi è stata effettuata sul campione complessivo e dopo stratificazione sulla base del calcium score coronarico, considerato un marker di aterosclerosi coronarica. All'analisi multivariata, in confronto ad una PAD 80-89 mmHg, i pazienti con PAD< 60 mmHg avevano un aumentato rischio di eventi coronarici (HR 1.69, 95% CI 1.02-2.79, p=0.04) e mortalità da tutte le cause (HR 1.48, 95% CI 1.10-2, p=0.01), ma non di ictus. Dopo la stratificazione sulla base del calcium score, l'associazione tra PAD < 60 mmHg ed eventi era presente solo nei pazienti con calcium score superiore a zero; infatti, valori diastolici < 60 mmHg non si associavano ad un maggior rischio di eventi in caso di calcium score pari a zero. Quindi, questo studio ha dimostrato che valori di PAD < 60 mmHg sono associati ad un aumentato rischio di eventi coronarici e mortalità da tutte le cause; il rischio sembra essere maggiore nei soggetti con aterosclerosi subclinica, definita da un calcium score superiore a zero.

Fonte: Rahman F et al. Am J Cardiol. Epub ahead of print 2017, Aug 8. doi: 10.1016/j.amjcard.2017.07.094.

Tratto da: Cardiolink, 03 ottobre 2017