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Scoperta la mappa del tempo nel cervello

Una ricerca internazionale svela l’esistenza di vere e proprie mappe del tempo, con cui il cervello decodifica questo elemento astratto, complesso e affascinante.

Passato, presente, futuro. Sembra facile dire cosa sia il tempo, ma basta tentare di descriverlo per rendersi conto che si tratta di uno dei concetti più sfuggenti e astratti con cui si confronta la mente umana, spaziando dalla fisica alla filosofia. Nuovi, intriganti spunti di studio arrivano oggi da uno studio internazionale coordinato dai ricercatori della Sissa e appena pubblicato sulle pagine di Plos Biology. Una ricerca d’avanguardia che ha scoperto nel cervello una vera e propria mappa del tempo, che distingue la durata degli eventi.

La rappresentazione topografica del tempo

“Nel cervello esistono diverse rappresentazioni topografiche: ciò significa che aree cerebrali che elaborano proprietà simili di uno stimolo occupano posizioni vicine nel cervello. Per esempio, esiste una mappa del corpo nella nostra corteccia somatosensoriale primaria. In questa mappa, le porzioni di corteccia che ricevono informazioni tattili dalla mano e dal polso sono vicine mentre sono spazialmente distanti rispetto a quelle che ricevono informazioni dalle dita dei piedi” racconta Domenica Bueti, coordinatrice della ricerca. “Con questa indagine ora possiamo dire che esiste una rappresentazione topografica anche per qualcosa di immateriale come il tempo”.

Che la corteccia premotoria mediale, e in particolare la cosiddetta area supplementare motoria, sia implicata nella percezione del tempo non è una novità. Ma in che modo funzionasse realmente negli esseri umani non era affatto noto: “Abbiamo chiarito che la percezione del tempo si basa su due elementi: il primo è l’organizzazione topografica della corteccia supplementare motoria, dove porzioni di corteccia che rispondono a durate simili si trovano spazialmente vicine”. Il secondo, continua la ricercatrice, è quello della selettività: “alcune porzioni dell’area rispondono referenzialmente a una certa durata. Così la porzione di area supplementare motoria che risponde a uno stimolo brevissimo, per esempio 200 millisecondi, si attiva – anche se in misura minore – a uno stimolo simile, per esempio 400 millisecondi ma non a uno stimolo molto diverso come 3 secondi. Inoltre, la qualità delle mappe dipende dalla percezione del tempo: più è accurata e precisa, migliore è la mappa registrata. Così, l’area supplementare motoria, ci fa percepire il tempo”.

Uno studio all’avanguardia

La ricerca è stata svolta grazie a uno strumento avanzatissimo: la risonanza magnetica funzionale (fMRI) ad alto campo (7 Tesla), messa a disposizione dell’Ecole Polytechnique Federale di Losanna. Durante lo studio, due gruppi di volontari sani dovevano indicare quale stimolo visivo – immagini che venivano presentate in successione sullo schermo di un computer per diverse durate, dai 200 millisecondi ai 3 secondi – era stato presentato per più tempo. Registrando la loro attività cerebrale attraverso l’fMRI, i ricercatori hanno potuto ricostruire le rispettive cronomappe.

La mappa del tempo è innata o acquisita?

Lo studio apre molte domande affascinanti: “Ora dobbiamo capire che cosa abbiamo mappato: è il tempo fisico della durata degli stimoli sullo schermo o è il tempo percepito dal volontario?”, spiega Domenica Bueti. E ancora: la mappa del tempo nasce con noi, è innata, oppure è determinata dall’esperienza e dall’educazione? Sono domande fondamentali che, parlando di un concetto come il tempo, rimandano ad altri territori del sapere, dalla fisica alla filosofia.

Riferimenti: Plos Biology

Tratto da: Galileonet: Alessandro Di Bitonto, 26 marzo 2019

Nota dei WM: è chiaramente un OT molto forte ma ve lo postiamo perché ci sembra molto affascinante ed intrigante, spero vi piaccia e non dispiaccia.