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Cuore: la prevenzione passa dallo stile di vita

Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in tutto il mondo occidentalizzato. L’infarto del miocardio, e più propriamente la cardiopatia ischemica, colpisce nella maggior parte dei casi individui nel pieno dell’efficienza psico-fisica, riproduttiva e lavorativa. L’incidenza di malattia aterosclerotica e la mortalità per cause cardiovascolari è in riduzione in tutti i paesi occidentalizzati ma rimane tuttavia la principale causa di malattia e morte.

La principale causa del suo insorgere sono i molteplici fattori di rischio cardiovascolare mentre uno stile di vita sano previene o rallenta la sua comparsa.

Di prevenzione parliamo con la dottoressa Daniela Guiducci, cardiologa in Humanitas.

Le linee guida sulla prevenzione cardiovascolare

Le linee guida sulla prevenzione cardiovascolare sono state aggiornate nel 2021.

I punti salienti di queste ultime sottolineano l’importanza di essere molto decisi, quasi aggressivi, nei confronti dei molteplici fattori di rischio cardiovascolare e di esserlo per tutta la popolazione, quindi per tutte le fasce di età e per tutti i livelli di rischio perché è molto importante prevenire l’insorgenza della malattia aterosclerotica.

I fattori di rischio cardiovascolare per entrambi i sessi sono l’età, la familiarità e il sesso (fattori non modificabili); il fumo, l’ipertensione arteriosa, il diabete, la dislipidemia e il sovrappeso viceversa possono essere modificati dallo stile di vita.

Nelle ultime linee guida del 2021 si è estesa la prevenzione anche alla popolazione anziana, gli ultra settantenni, che hanno un’aspettativa di vita maggiore di 10 anni.

Per il conteggio del rischio cardiovascolare individuale si usano gli SCORE del rischio, delle carte che consentono di calcolare la probabilità che si possa verificare un evento cardiovascolare maggiore; un calcolatore vero e proprio che tiene conto del sesso, dell’età, dell’abitudine al fumo, dei valori di pressione e di colesterolo di ciascun paziente. In questo modo si può calcolare il rischio individuale di andare incontro a una malattia cardiaca e questo consente al medico e allo specialista di stabile una terapia mirata e individualizzata il cui scopo è ridurre il rischio stesso.

La prevenzione cardiovascolare si rivolge a soggetti non affetti da malattie cardiache e si basa principalmente sulla correzione dello stile di vita, comprendendo buone abitudini alimentari, un’adeguata attività fisica, senza dimenticare una buona igiene del sonno e la riduzione dei fattori stressanti. 

Nelle ultime linee guida è stata data attenzione alla praticabilità della prevenzione con misure non solo rivolte al singolo individuo ma che prevedano anche un coinvolgimento delle autorità sanitarie con Piani Sanitari che consentano a tutti gli individui di avvicinarsi maggiormente alla prevenzione cardiovascolare.

Cuore: le differenze tra uomini e donne

I fattori di rischio cardiovascolare devono essere differenziati nei due sessi sottolineando che nelle donne esiste uno spartiacque naturale costituito dalla menopausa con le modificazioni ormonali note che ne conseguono. A questo si aggiunge che le donne non hanno ridotto in questi anni la loro abitudine al fumo e che sopra i 45 anni il 52% soffre di ipertensione arteriosa e che il 40% ha elevati valori di colesterolo (U.S. National Center for Health Statistics). Il possibile ruolo di prevenzione primaria cardiovascolare di una terapia ormonale sostitutiva in donne sintomatiche in menopausa è ancora dibattuto.

Se l’insorgenza più tardiva della malattia e la comparsa di sintomi diversi possono apparire come aspetti positivi, in realtà non fanno altro che rendere più complesso un percorso preventivo e terapeutico di successo.

Inoltre, il cuore femminile tende a essere più suscettibile alle scariche di adrenalina causate da forti emozioni determinando, in fase acuta, la sindrome di Tako Tsubo, nome derivante da un cesto utilizzato in Giappone per la pesca, poiché il cuore, sollecitato da una forte scarica di neurotrasmettitori, assume la sua forma deformandosi e perdendo forza contrattile.

Ai fattori di rischio propriamente detti ne esiste un ulteriore, non meno importante, rappresentato dalla diversa percezione che la donna ha nei confronti della sua salute e, conseguentemente, del suo stato di malattia. La donna infatti ha una concezione della malattia cardiovascolare profondamente diversa dall’uomo, educata, da sempre, a ritenersi esente da questo tipo di patologia, di pertinenza pressoché esclusivamente maschile. Da qui anche una scarsa attenzione alla prevenzione primaria da parte della maggior parte delle donne stesse. Questo atteggiamento di trascuratezza si traduce, in molti casi, in ritardi di cura evitabili, accessi in ospedale non all’esordio dei sintomi, con trattamenti che prevedono farmaci per lo più studiati sull’organismo maschile che quindi penalizzano il percorso di cura femminile.

Alimentazione: la dieta mediterranea

Dal punto di vista alimentare, la dieta mediterranea sembra promuovere più di ogni altra la salute del cuore, come sottolineato dallo studio PREDIMED pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2013. Tale studio randomizzato, durato quasi dieci anni, ha coinvolto ben 4774 pazienti tra i 50 e gli 80 anni, senza pregresse malattie cardiovascolari ma a elevato rischio per la presenza di almeno tre fattori di rischio tradizionali divisi in tre gruppi con differenti regimi alimentari:

  1. dieta mediterranea con olio extravergine d’oliva (1 litro di olio a settimana);
  2. dieta mediterranea con l’aggiunta di frutta secca a guscio (noci, mandorle e nocciole, 30 grammi al giorno);
  3. dieta standard di controllo.

Dai risultati è emerso che seguire una dieta mediterranea (con olio extravergine d’oliva o frutta secca ricchi in grassi insaturi, quindi buoni) apporta un beneficio notevole, riducendo in maniera significativa l’incidenza di eventi cardiovascolari.

Anche i latticini possono essere utili per la salute del cuore: uno studio pubblicato sulla rivista Lancet ha per esempio dimostrato che consumare più di due porzioni giornaliere di latte e latticini magri, rispetto a un consumo nullo, è associato a un rischio minore di mortalità per ogni causa, e di patologie cardiovascolari e ictus.

Da uno studio pubblicato su Circulation emerge il ruolo della prima colazione: gli uomini che non sono soliti consumarla, avrebbero un aumentato rischio di infarto e di malattie coronariche. Dallo studio emerge però che gli uomini che saltavano la colazione fumavano maggiormente, lavoravano a tempo pieno, spesso non erano sposati, si dedicavano meno all’attività fisica ed erano maggiori consumatori di alcol. Trascurare la colazione, pertanto, si accompagnava a fattori di rischio che possono aver giocato un ruolo come concausa degli eventi cardiaci, se non rappresentare addirittura la causa stessa che li ha determinati sottolineando così l’importanza del nostro stile di vita.

Una regolare attività fisica

Una regolare attività fisica è un aspetto importante della prevenzione primaria cardiovascolare.

In particolare, è lo svolgimento di attività di tipo aerobico – commisurata all’età e alle proprie condizioni di salute – a giocare un ruolo preventivo.

Ad esempio, nel caso di individui anziani, si consiglia di effettuare una camminata a passo veloce della durata di 45 minuti per tre volte alla settimana; i più giovani, invece, possono dedicarsi ad attività più intense, come il nuoto, la corsa o la ginnastica.

Ciò che conta è abituare il cuore a lavorare correttamente e con costanza, settimana dopo settimana. Meglio quindi dedicarsi a un’attività fisica quotidiana, anche una camminata veloce per un lasso di tempo relativamente breve aumentando gradualmente l’intensità del lavoro aerobico.

L’importante è non esagerare, soprattutto all’inizio quando non si è allenati e in generale può essere utile affidarsi a un personal trainer o anche al consiglio del medico per un programma di attività fisica su misura e in sicurezza.

I benefici dell’attività fisica a livello del cuore

La sedentarietà è un importante e noto fattore di rischio cardiovascolare: condurre una vita sedentaria, infatti, predispone allo sviluppo dell’aterosclerosi e quindi di eventuale malattia coronarica, mentre un regolare esercizio fisico apporta benefici paragonabili a quelli dati dalla somministrazione di un farmaco ed è consigliato a soggetti sani e non.

Una buona notizia: non vi sono limiti di età quando si tratta di attività fisica. Anche dopo aver trascorso metà della propria vita da sedentari, una volta arrivati alla mezza età, è possibile e benefico cominciare a svolgere dell’esercizio (ovviamente nel rispetto delle proprie condizioni e delle proprie possibilità, valutandolo con il proprio medico o cardiologo).

Praticare attività aerobica (per esempio camminata veloce, corsa) promuove la formazione di nitrossido di azoto, sia a livello del muscolo cardiaco che a livello sistemico, in tutto il sistema cardiocircolatorio (arterie, vene, capillari che è un importante vasodilatatore, cioè stimola la dilatazione dei vasi sanguigni, in particolare delle arterie, favorendo un abbassamento dei valori pressori e favorendo la circolazione prevalentemente arteriosa.

Una regolare attività fisica, inoltre, determina:

  1. diminuzione della frequenza cardiaca a riposo, che provoca un calo del consumo di ossigeno miocardico e della pressione arteriosa sistemica;
  2. Aumento della gittata cardiaca (la quantità di sangue espulsa dal cuore in un minuto);
  3. Aumento della forza di contrazione miocardica, quindi il cuore pompa in modo più efficace.

Infine, l’esercizio fisico, oltre ad aiutare a tenere sotto controllo i valori della pressione, contribuisce a ridurre il livello di grassi nel sangue, a mantenere sotto controllo l’equilibrio metabolico e il peso corporeo. Consigliato a tutti in particolare agli ipertesi, dislipidemici e alle persone in sovrappeso.

I controlli prima di iniziare a fare attività fisica nei soggetti sani

Prima di cominciare una nuova routine di allenamento/attività fisica, è consigliabile di sottoporsi a una visita medica. Questa rappresenta sempre un utile strumento di prevenzione primaria, perché permette di controllare i valori della pressione e, attraverso gli esami del sangue, i valori della glicemia del colesterolo e dei trigliceridi.  Se emergono aspetti da approfondire, potrà essere richiesta una visita cardiologica con elettrocardiogramma. In generale, a partire dai 40 anni di età, si consiglia di svolgere regolarmente un controllo dei propri valori pressori e di effettuare le analisi del sangue. Qualora sussista una condizione di familiarità nei confronti delle malattie cardiache, tali controlli regolari dovrebbero essere effettuati a partire dai 30 anni e potrebbero prevedere anche una prova da sforzo. Se pressione ed esami nel sangue sono nella norma, la prima visita cardiologica può essere dopo i 50 anni. Va, però, fatta anche prima in presenza di campanelli d’allarme tra cui dolore toracico sospetto, che insorge con l’attività fisica e scompare alla sospensione della stessa.

Attività fisica e cardiopatie

Un regolare esercizio fisico aerobico è consigliato ai soggetti sani ma anche a quanti hanno ottenuto una diagnosi di malattia cardiaca, infarto, intervento cardiochirurgico, angioplastica coronarica o scompenso cardiaco: rappresenta infatti una terapia non farmacologica che aiuta nella gestione della patologia con una riduzione delle conseguenze della malattia con efficacia ripresa delle attività quotidiane.

Lo scopo della riabilitazione cardiorespiratoria è ridurre le limitazioni funzionali connesse con la patologia con una riduzione del carico di disabilità connessa con l’evento acuto.

Durante il periodo riabilitativo si deve insegnare al paziente una modificazione dello stile di vita oltre all’ottimizzazione della terapia farmacologica. In questo modo la qualità della vita dopo l’evento acuto migliora in modo rilevante.

I pazienti che fanno attività fisica – ovviamente osservando le opportune e personalizzate indicazioni mediche in merito – beneficiano di un follow-up migliore; se la patologia è stabilizzata, inoltre, si riducono i rischi di instabilità e si salvaguardano i risultati ottenuti, prevenendo eventuali eventi avversi futuri. L’esercizio fisico costituisce un elemento centrale dei programmi di cardiologia riabilitativa.

La stratificazione del rischio si basa su dati clinici. Un test da sforzo e un ecocardiogramma sono raccomandati per un programma di esercizio fisico, per documentare l’eventuale ischemia residua ed essere a conoscenza della funzione ventricolare. La capacità funzionale dovrebbe essere valutata prima e dopo il completamento del programma di esercizio fisico utilizzando metodiche valide e affidabili. Per la maggior parte dei pazienti è raccomandato l’esercizio fisico di tipo aerobico, di intensità bassa o moderata, adattato al diverso livello di capacità fisica di ciascuno come la camminata, il nuoto, il giardinaggio. L’intensità dell’esercizio fisico dovrebbe essere monitorata e regolata dalla percezione dello sforzo del paziente cardiopatico usando la scala di Borg o attraverso il monitoraggio della frequenza cardiaca (i pazienti possono effettuare anche un’autoregolazione dell’intensità dello sforzo). I pazienti cardiopatici a rischio basso o moderato possono intraprendere anche un allenamento di resistenza che può precedere quello di tipo aerobico. Lo screening per l’ansia e la depressione dovrebbe avvenire all’ inizio della riabilitazione e a 6-12 mesi dall’evento acuto. I programmi di riabilitazione dovrebbero includere interventi sia di tipo psicologico che di tipo educazionale come parte di una Riabilitazione omnicomprensiva con interventi di tipo psicologico e comportamentale mirati ai bisogni dei singoli pazienti.

Lo stress influisce sulla salute del cuore?

Lo stress ha un forte impatto sulla nostra salute fisica e mentale, soprattutto se cronico. Infatti, il nostro livello di stress influenza la pressione arteriosa e, se continuativo, porta a un suo aumento, con conseguente incremento del rischio cardiovascolare.

Inoltre, inducendo tutta una serie di stimoli a livello ormonale, lo stress porta a modificazioni delle placche di colesterolo (o aterosclerotiche) nelle coronarie che possono così instabilizzarsi, andare incontro a rottura, col rischio di determinare un infarto o un altro evento ischemico.

Rivolgersi a uno specialista (un neurologo o uno psicologo, ad esempio), può aiutare a valutare il proprio livello di stress. Cercare di eliminare le fonti di stress è certamente il primo passo. Qualora non fosse sufficiente il medico potrà valutare modifiche specifiche delle abitudini di vita (a tavola e nell’attività fisica) ed eventualmente una terapia farmacologica specifica.

Sonno e rischio cardiovascolare

Un buon sonno è prezioso per la nostra salute psico-fisica: dormire poco o male rappresenta un importante stress per il nostro organismo.

Uno studio americano ha voluto valutare il rapporto tra qualità e quantità del sonno e salute del cuore e ha scoperto che un sonno di cattiva qualità così come quello di durata inferiore alle 6 ore a notte aumenta il rischio cardiovascolare.

Si deve porre attenzione anche all’eventuale presenza di apnee notturne ossia momenti, durante il sonno, in cui la respirazione non avviene in modo ritmico e regolare ma vede delle battute di arresto, delle pause, della durata di secondi. La presenza delle apnee non consente un sonno profondo e ristoratore e questo determina sonnolenza diurna, possibili colpi di sonno durante la giornata anche durante la guida, irritabilità e stanchezza eccessiva. L’obesità senz’altro predispone alle apnee notturne per cui il controllo del peso rimane la prima medicina. La presenza delle apnee non va trascurata perché deve essere considerata una vera patologia e, qualora presente, necessita di una attenta valutazione da parte del vostro medico che va informato.

Cuore: i segnali da non sottovalutare

Infine è fondamentale non sottovalutare alcuni sintomi, i campanelli d’allarme, che devono indurre a rivolgersi quanto prima al cardiologo per ulteriori accertamenti:

  • Dolore al petto: un dolore toracico di tipo oppressivo (oppressione toracica), gravativo, trafittivo o urente, che può localizzarsi al petto, alle spalle o al dorso, che può irradiarsi al collo e ai denti, che dura per qualche minuto e che in genere si associa allo sforzo e a sudorazione intensa;
  • Palpitazioni (battiti mancanti, irregolari o veloci). In generale, sporadiche palpitazioni non sono motivo di preoccupazione e possono essere un riflesso naturale del cuore. Tuttavia, se prolungate, non riconducibili ad eventi scatenanti o se associate ad importanti capogiri o addirittura a perdite di coscienza potrebbero essere indizio di una aritmia significativa.
  • Anomalie respiratorie, riferite come difficoltà respiratoria e affaticamento improvvisi, di nuova insorgenza, durante un’attività consueta che prima veniva ben tollerata.

Un importante aiuto alla diagnosi può essere fornito dal paziente stesso con la sua capacità di raccontare allo specialista i sintomi e le condizioni in cui si sono manifestati. Per accertare la loro natura, a seconda del disturbo, il medico potrà prescrivere, tra i vari esami, un ECG dinamico secondo Holter delle 24 ore, ovvero la registrazione dell’elettrocardiogramma nell’arco di una giornata intera, durante la quale si è chiamati a segnare su una sorta di diario le attività svolte (lavoro, riposo, forti emozioni, eccetera) ed eventuali sintomi, un test da sforzo che potrebbe rilevare comparsa di sofferenza cardiaca durante attività fisica e un ecocardiogramma, esame a ultrasuoni che consente di valutare le dimensioni cardiache, l’efficienza della funzione contrattile e l’aspetto delle strutture valvolari.

Il cardiologo potrà quindi valutare in maniera più precisa e approfondita il quadro clinico; se si sospetta la presenza di una malattia cardiaca lo specialista procederà alla richiesta di esami più approfonditi di II livello, quali la TAC coronarica o la coronarografia stessa che prevede un breve ricovero ospedaliero.

Tratto da: Humanitas, 08 marzo 2022