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Colesterolo, trigliceridi e demenza: qual č il nesso?

Esiste un rapporto tra lipidi e declino cognitivo. Gli esperti ne sono sempre più convinti, ma i risultati delle ricerche continuano ad essere contrastanti.

Quello tra colesterolo, lipidi e declino cognitivo è un rapporto complesso. E gli studi in materia continuano a fornire risultati contrastanti. In alcuni, l'eccesso di lipidi nell'organismo sembra rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo dell'Alzheimer e di altre forme di demenza. In altri, l'effetto sembra addirittura opposto: l'ultimo è stato pubblicato su Neurology dai ricercatori dell'Università di Melbourne e indica che, negli anziani, un elevato livello di trigliceridi potrebbe essere associato a una minore incidenza di demenza e a un più lento declino cognitivo. Risultati che vanno presi con cautela, visti i noti effetti negativi di questi grassi sulla salute cardiovascolare, ma che dimostrano, se non altro, come, sul piano clinico, il rapporto tra grassi e salute del cervello nella terza età sia ancora tutto da decifrare.

Lo studio

La ricerca australiana ha utilizzato i dati di 18.294 persone con un'età media di 75 anni e senza diagnosi di Alzheimer o demenza. I partecipanti sono stati seguiti per una media di sei anni, e in questo arco temporale 823 persone hanno sviluppato una qualche forma di demenza. I ricercatori hanno valutato i livelli di colesterolo totale, trigliceridi, colesterolo a bassa densità (LDL) e colesterolo ad alta densità (HDL) durante ogni anno dello studio, dividendo quindi i partecipanti in quattro gruppi, in base ai livelli di trigliceridi a digiuno, e hanno valutato in ognuno l'incidenza di demenza e, più in generale, di sintomi di declino cognitivo.

Dopo aver eliminato dai dati gli effetti di variabili come il livello di istruzione o il ricorso a trattamenti contro il colesterolo, che avrebbero potuto influire sui risultati, i ricercatori hanno scoperto che ad ogni raddoppio dei livelli di trigliceridi era associato a un rischio inferiore del 18% di sviluppare demenza. Più in generale, i partecipanti con livelli di trigliceridi normali (150 mg/dl) o elevati hanno mostrato un rischio di sviluppare demenza e un tasso di declino cognitivo ben inferiori a quelli di chi aveva livelli di trigliceridi inferiori alla norma. I risultati, inoltre, sono stati validati utilizzando i dati di 68.200 anziani prelevati dalla Uk Biobank.

I grassi fanno bene al cervello?

Come interpretare i risultati? Una possibilità, che non si può scartare per come lo studio (osservazionale) è stato concepito, è che la presenza di livelli elevati di trigliceridi non sia di per sé protettiva, ma risulti per qualche motivo correlata a una migliore salute generale (nonostante rappresentino un noto fattore di rischio cardiovascolare) o a abitudini e comportamenti che hanno un effetto protettivo sul declino cognitivo. È d'altronde possibile che siano invece proprio i trigliceridi a proteggere il cervello dall'insorgenza di Alzheimer e altri tipi di demenza, e non sarebbe poi così assurdo visto che - come sottolinea qualche esperto - in larga parte, il cervello trae la sua energia proprio dal consumo di trigliceridi.

Come dicevamo, a guardare le ricerche degli ultimi anni si trovano facilmente risultati che vanno in tutt'altra direzione. Uno studio dello scorso ottobre, pubblicato in questo caso su Lancet Regional Health Western Pacific e realizzato sulla stessa coorte di pazienti utilizzata dallo studio dell'Università di Melbourne, ha individuato ad esempio un collegamento tra livelli elevati di colesterolo HDL (anche detto colesterolo buono, perché solitamente associato a un minore rischio cardiovascolare) e un aumento del rischio di sviluppare demenza: per i partecipanti con livelli superiori agli 80 mg/dl, le probabilità salivano infatti del 27%. E visto che di norma livelli elevati di trigliceridi si associano a concentrazioni minori di colesterolo HDL, è difficile conciliare i risultati delle due ricerche.

A che punto siamo?

Una possibilità, citata da Betsy Mills, vice direttrice del programma di Aging and Alzheimer's Prevention della Alzheimer's Drug Discovery Foundation, in un articolo di Medscape Urology, è che non siano i livelli dei singoli lipidi presenti nel sangue a rappresentare un rischio o un fattore protettivo nei confronti del declino cognitivo, ma piuttosto l'interazione tra loro. Se intono ai 40-50 anni, infatti, alti livelli di trigliceridi e colesterolo LDL sono quasi sempre indicativi di un maggiore rischio cardiovascolare, dopo i 65/70 anni di età le cose si fanno più complicate. "Negli anziani - spiega l'esperta - sembra che siano più le fluttuazioni in entrambe le direzioni ad essere indicative di un generale squilibrio del sistema". In questo senso, Mills ritiene che ad oggi sia impossibile trarre informazioni cliniche rilevanti sul rischio di insorgenza di demenza dai livelli di lipidi che emergono dalle analisi del sangue. Ma forse - suggerisce - i clinici potrebbero considerare il monitoraggio nel tempo dei livelli di trigliceridi, colesterolo HDL e LDL, e del rapporto tra questi valori come una possibile indicazione che qualcosa, nell'organismo e nel cervello, non stia andando come vorremmo.

Intervenire con cambiamenti negli stili di vita, o con i farmaci, in caso di livelli di colesterolo o trigliceridi sballati, è possibile ma, non avendo a disposizione risultati definitivi dalla ricerca, è qualcosa che ogni medico deve valutare per ora basandosi sulla storia di ogni singolo paziente. Per il futuro, però, si tratta di un campo estremamente interessante, perché per molti specialisti è proprio nel rapporto tra lipidi e cervello dell'anziano che potrebbe nascondersi la spiegazione dell'insorgenza dell'Alzheimer e di altre forme di demenza.

La cosiddetta ipotesi amiloide, che attribuisce all'accumulo di proteina beta-amiloide nel cervello l'insorgenza dei sintomi clinici della demenza, è ormai sempre meno solida, almeno per le forme a sviluppo tardivo che rappresentano il 90% delle diagnosi di Alzheimer. Lo dimostrano, tra le altre cose, gli scarsissimi risultati che stanno ottenendo i farmaci, pur approvati negli ultimi anni anni, che hanno come bersaglio questa proteina. La storia clinica dell'Alzheimer e delle demenze è quindi, probabilmente, ben più complessa. E un numero crescente di esperti ritiene oggi che potrebbe iniziare da uno squilibrio nella produzione di colesterolo e altri lipidi che promuovono l'infiammazione dei tessuti del cervello che ne danneggiano le funzioni. Avendo poi come conseguenza, almeno in alcuni casi, la produzione e l'accumulo di proteina beta-amiloide.

Tratto da: La Repubblica Salute, Simone Valesini, 14 febbraio 2024